dal manifesto

     
    
 
    
 

13 Febbraio 2002 
  
 
  
Da Porto Alegre le idee forti del movimento 
E' ormai naufragata la terza via della globalizzazione. Il neoliberismo non
tenta più di governare attraverso il consenso. Il nuovo sentiero per
costruire un nuovo mondo possibile parte da Porto Alegre per raggiungere la
Palestina, l'Europa, i paesi dell'est... 
VITTORIO AGNOLETTO 

Porto Alegre rimarrà a lungo nella nostra memoria come l'espressione
massima della capacità del movimento dei movimenti di esprimere un punto di
vista autonomo e alternativo su tutte le principali questioni relative al
futuro dell'umanità. Il massimo sforzo di elaborare e praticare la
costruzione di un mondo diverso che ci sottragga al tragico destino che la
globalizzazione neoliberista rischia di riservare per tutto il pianeta.
Qualcuno aveva pensato di trasformarlo impunemente in un logo buono per
tutte le stagioni, come in una fotografia ricordo, uno scatto e poi tutti a
casa contenti a mostrare ad amici e parenti il trofeo. Ma non è andata così.
Porto Alegre non era in vendita e ne hanno dovuto prendere atto anche i
molti parlamentari italiani, che, dopo aver votato a favore della guerra in
Italia, avevano attraversato l'oceano nella speranza di rifarsi l'immagine.
Coloro che, firmando la mozione conclusiva del forum dei parlamentari (che
si esprime in modo esplicito contro la guerra), hanno contraddetto il
proprio comportamento esercitato nel Parlamento italiano, ora dovranno
dimostrare se di reale ravvedimento si tratta o di una semplice e infelice
furbizia tattica: purtroppo c'è da temere che anche per loro la prova del
nove giungerà molto presto. L'ultima conferenza stampa tenuta da Bush in
Florida, a cavallo di un'enorme bomba, lascia prevedere un allargamento del
conflitto e fin da ora è necessario chiedere che sulla partecipazione
italiana non vi sia nessun automatismo: torni a pronunciarsi il Parlamento
ed ognuno si assuma la propria responsabilità. Senza dimenticare che molto
ancora c'è da fare per fermare questa guerra e le numerose violazioni
quotidiane dei diritti umani e della convenzioni internazionali, non ultima
quella sui prigionieri di guerra.

Il popolo brasiliano tra qualche mese sarà chiamato a scegliere il proprio
destino in una difficilissima campagna elettorale ove Lula dovrà
confrontarsi con l'immenso sostegno che l'amministrazione Usa fornirà al
candidato della destra. Una delle accuse principali che viene rivolta alla
sinistra brasiliana è che in caso di vittoria il Brasile sarà isolato nel
contesto internazionale: da qui il tentativo delle istituzioni brasiliane
governate dalla sinistra di mostrare l'inconsistenza di tale accusa,
accogliendo a Porto Alegre numerosi rappresentanti delle istituzioni locali
e nazionali europee. Ma anche in questo caso senza nessuno sconto, il
convegno degli Enti Locali si è concluso in modo molto preciso, ora ci
aspettiamo, dai tanti sindaci e assessori italiani che vi hanno
partecipato, un percorso preciso verso forme di bilancio partecipativo e di
partecipazione popolare nella costruzione di settori importanti dei bilanci
delle nostre amministrazioni. Certamente non si tratta di copiare
pedissequamente il modello brasiliano, ma non sono ammesse nemmeno furbizie
dell'ultima ora, quali ad es. pensare di risolvere tutto con il
decentramento a qualche circoscrizione di pezzi di sovranità amministrativa.

La dialettica tra democrazia delegata e democrazia diretta, l'intreccio tra
l'eser-


cizio del voto, periodicamente ogni 4-5 anni, e il diretto coinvolgimento
della popolazione sulle principali scelte strategiche che riguardano le
nostre città rappresentano una delle più interessanti frontiere del futuro
prossimo. Nell'era della globalizzazione, ove tutto sembra sovradeterminato
da istituzioni economiche prive di legittimità e sconosciute al grande
pubblico, ripartire dalla dimensione locale è fondamentale per la stessa
possibilità di costruire campagne globali. Spetterà al movimento dei
movimenti non solo verificare le proposte dei propri amministratori
copiosamente trasmigrati a Porto Alegre, ma essere essi stessi capaci di
fornire stimoli e proposte per individuare forme di partecipazione popolare
consapevole.

A differenza di quanto avevano predetto ed auspicato i maggiori
commentatori politici anche di casa nostra, dopo l'11 settembre e dopo
l'inizio della guerra, il movimento non solo non è arretrato, ma anzi
funziona da polo attrattivo per un numero sempre maggiore di forze sociali
e culturali. E' invece scomparsa nei fatti qualunque velleità di una
gestione soft della globalizzazione neoliberista. La terza via, che aveva
Blair come principale alfiere e in Italia D'Alema come l'interprete più
autorevole, è naufragata sotto i colpi della guerra, della recessione e del
dramma argentino; Blair oggi è il sergente di campo, sul territorio afgano,
del comandante supremo, il presidente Bush. D'altra parte è evidente a
tutti che un forum Sociale organizzato dall'Internazionale Socialista non
avrebbe certo ottenuto alcun risalto; e non è questione di logo, bensì di
assenza di proposte, avendo da tempo sposato le compatibilità di questa
globalizzazione. Da questo punto di vista la presenza a Porto Alegre di
rappresentanti di governi di paesi europei, nonostante la strumentalità di
tali comparse, mostra in modo chiaro e simbolico che oggi le alternative
sono solo due, o si sta con le istituzioni economiche neoliberiste o si sta
con i popoli di Porto Alegre, non vi è una terza possibilità. Nessuna
capacità di interlocuzione, né di risposta è venuta dal Forum Economico
trasmigrato a New York; gli unici messaggi pubblici sono rappresentati
dalla minaccia dell'uso della forza e dalla ragione del più forte. Appare
sempre più evidente come dalle giornate genovesi in poi il neoliberismo non
riesca più a governare attraverso il consenso, come era invece riuscito
nell'ultimo decennio nell'emisfero nord occidentale del pianeta; la
repressione e la guerra costituiranno sempre più il linguaggio con il quale
si esprimerà questa globalizzazione.

Se Seattle era stata l'occasione della precipitazione politica-mediatica
della protesta, se Porto Alegre I aveva rappresentato la capacità di
proposta del movimento e se a Genova si erano incontrate la proposta e la
protesta, Porto Alegre II rappresenta un ulteriore salto: l'esistenza di un
movimento diffuso in tutti i continenti ed ormai in grado di intervenire
con le proprie proposte nelle aree "calde"del pianeta; non è infatti un
caso che entro l'anno in corso sarà organizzata una sessione straordinaria
del Forum Sociale Mondiale in Palestina e che già è stato lanciato
l'appuntamento dell'aprile 2003 a Buenos Aires in occasione della
discussione del piano Alca (l'accordo di libero commercio tra i continenti
americani). La decisione di organizzare Forum continentali va esattamente
in questa direzione, non si tratta solo di ampliare la partecipazione
democratica, ma anche di riversare la forza e la competenza del movimento a
livello regionale; ed infatti il Forum Sociale Europeo guarderà oltre i
confini già angusti dell'Unione Europea, verso est, verso i Balcani e verso
le tante sponde del Mediterraneo

Il documento conclusivo dei movimenti sociali approvato nella capitale del
Rio Grande del Sul non disegna l'architettura di un mondo progettato a
priori ideologicamente, ma contiene invece precisi riferimenti ideali,
etici e programmatici. L'intreccio tra agire collettivo e riflessione etica
rappresenta uno dei punti di forza di questo movimento plurale che, a Porto
Alegre, è stato mirabilmente capace di costruire un'alleanza tra ampi
settori culturali e scientifici e i movimenti sociali con tutta la propria
radicalità.
I riferimenti programmatici costituiscono l'orizzonte delle azioni del
prossimo anno: dalla battaglia per l'accesso all'acqua potabile e ai
farmaci, alla contestazione delle strategie della Fao nella lotta alla fame
nel mondo; dalla richiesta dell'adesione al protocollo di Kyoto all'impegno
contro il commercio degli armamenti e per la riconversione delle fabbriche
d'armi; dal rifiuto della brevettabilità di parti di esseri viventi alla
difesa dei beni essenziali e naturali contro il tentativo di brevettare
piante e semi; dall'opposizione alla revisione degli accordi Gats (gli
accordi sul commercio dei servizi) contro l'inserimento della scuola e
della sanità quali beni disponibili sul mercato a disposizione delle
multinazionali, alla campagna contro la finanziarizzazione dell'economia, a
favore della Tobin Tax e all'impegno contro i paradisi fiscali e il
riciclaggio del denaro sporco; dalla proposizione di nuovi indicatori di
misura della qualità di vita, alla consapevolezza dell'assoluta
inaffidabilità del Pil utile solo per misurare la ricchezza acquisita dalle
classi dirigenti locali; dalla campagna per la cancellazione del debito
all'insediamento di un tribunale internazionale, che avrà il compito di
indagare la correttezze e la legittimità dei percorsi storici che stanno
alla base della formazione del debito stesso .....

La lista degli obiettivi, ossia delle caratteristiche del mondo che
vogliamo, potrebbe continuare a lungo, non sono semplici enunciazioni ma
programmi concreti che ci permettono di affermare, con cauto ottimismo che
non solo un altro mondo è possibile, ma che è già in costruzione e che è
l'unico mondo possibile.





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