(srpskohrvatski / italiano)

Cento anni di Jugoslavia

1) Cent’anni di Jugoslavia (Giorgio Fruscione)
2) 100 Godina od osnivanja Jugoslavije (Komunisti Srbije)


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http://www.eastjournal.net/archives/94161

Cent’anni di Jugoslavia

di Giorgio Fruscione – East Journal, 30 novembre 2018

Da BELGRADO – Domani ricorre il centenario della proclamazione dell’unione di 
serbi, croati e sloveni in un unico regno, ovvero la Jugoslavia, come verrà 
ufficialmente rinominato il paese nel 1929.

La nascita del Regno di Serbi, Croati e Sloveni può considerarsi l’esito più 
politicamente rilevante della Prima guerra mondiale per la regione balcanica. 
Uno degli artefici della realizzazione dell’unione, re Aleksandar 
Karadjordjevic – che si guadagnerà l’epiteto di “unificatore” – sostenne 
personalmente che l’obiettivo principale dell’esercito serbo nella Grande 
Guerra fosse quello di arrivare a una liberazione degli slavi nel sud e alla 
costruzione della Jugoslavia.

D’altronde, la Jugoslavia viene spesso erroneamente fatta coincidere quasi 
esclusivamente con la successiva federazione di Tito, che invece non è che una 
delle realizzazioni di quell’ideale – lo jugoslavismo, appunto – nato circa un 
secolo prima la stessa Jugoslavia socialista.
Un errore che si accompagna a quello di ritenere la Jugoslavia come un ideale e 
uno strumento a servizio della politica “granserba”. Lo dimostrano l’attività 
letteraria e artistica di molti croati che fondarono il movimento culturale 
jugoslavo, che vide una moltitudine di collaborazioni sull’asse 
Belgrado-Zagabria. Ne è esempio Ljudevit Gaj, che nella seconda metà 
dell’Ottocento collaborò con Vuk Karadzic, padre della riforma della lingua 
serba, arrivando insieme a gettare le basi della futura lingua serbo-croata 
<https://www.eastjournal.net/archives/57160>. E ancora lo scultore Ivan 
Mestrovic, amico personale di re Aleksandar, a cui corse in aiuto con le sue 
sculture per plasmare un’identità jugoslava attraverso monumenti in ricordo di 
quell’epopea che fosse interpretabile in chiave unificatrice – come la tomba 
del milite ignoto costruita sul monte Avala nel primo dopoguerra, ornata da 
cariatidi che indossano abiti tradizionali di tutte le regioni del nuovo regno. 
Sia Gaj che Mestrovic furono, a loro modo e in due distinti periodi storici, 
sia croati che jugoslavi, ovvero promotori di un’identità trasversale.

Da quel primo dicembre 1918 passarono quasi venticinque anni quando si arrivò 
alla seconda Jugoslavia. Ieri è infatti ricorso anche il settantacinquesimo 
anniversario <https://www.eastjournal.net/archives/51738> dalla seconda seduta 
dell’AVNOJ, il consiglio antifascista jugoslavo, che nel 1943 a Jajce 
(Bosnia-Erzegovina) in piena Seconda guerra mondiale diede vita alla 
federazione jugoslava guidata dai partigiani di Tito.

Il sottile filo rosso che collega re Aleksandar al maresciallo Tito è a 
malapena percettibile. Un serbo e un croato; un monarca e un comunista; uno per 
lo stato centralizzato e l’altro per la federazione. Eppure Aleksandar e Tito 
furono due autentici interpreti della Jugoslavia. Entrambi imposero una 
dittatura personale nel nome del bene comune, ponendo insomma la propria 
autorità a ruolo di arbitri e garanti dell’ordine multinazionale, affinché non 
prevalesse un gruppo nazionale sugli altri. Non fu facile, soprattutto per 
Aleksandar.

Il cambio del nome in Regno di Jugoslavia del 1929 fu solo l’inizio della 
cosiddetta “Dittatura del 6 gennaio”, quando il re sciolse il parlamento, 
dichiarò illegali tutti i partiti politici e impose un rigoroso jugoslavismo. 
Fu l’estrema risposta all’attentato nel parlamento di Belgrado che pochi mesi 
prima portò alla morte di Stjepan Radic, leader del movimento contadino croato, 
in seguito alle ferite da arma da fuoco per mano del deputato nazionalista 
serbo Punisa Racic.
La dittatura finì con l’aumentare la rabbia nazionalista. Il 9 ottobre del 
1934, durante una visita a Marsiglia, re Aleksandar fu vittima di un attentato 
<https://www.youtube.com/watch?v=3av_m-TVuaU> mortale ochestrato da 
nazionalisti croati (poi conosciuti col nome di “ustascia”) e macedoni del 
VMRO, organizzazione politico-militare che ambiva alla grande Bulgaria. Le sue 
ultime parole, negli istanti successivi all’attentato, furono: “Prendetevi cura 
della mia Jugoslavia”.

Gli errori di Aleksandar facilitarono in parte Tito, che impostò la Jugoslavia 
socialista su una maggiore uguaglianza tra i popoli – riassunta dal motto 
Unione e Fratellanza – e che spesso viene interpretata, anche in questo caso 
erroneamente, come l’applicazione della formula “una Serbia debole, per una 
Jugoslavia potente”. Fu vero il contrario, non solo per la Serbia, ma per tutte 
le repubbliche. E forse è per questo che vollero, così violentemente, 
emanciparsi da Belgrado a partire dal 1990, quando dieci anni dopo la morte del 
maresciallo finì il potere della Lega dei Comunisti Jugoslavi.

Per la Jugoslavia, quindi, non funzionò il centralismo e nemmeno il 
decentramento dei poteri, la monarchia e neanche il comunismo. Eppure, furono 
due entità che a modo proprio funsero da contenitore a un insieme di autentiche 
attività artistiche e culturali – per non parlare della crescita economica 
raggiunta con il socialismo dell’autogestione tra gli anni Cinquanta e Settanta 
– di cui tutt’oggi abbiamo traccia.

La Jugoslavia e lo jugoslavismo, oggi, sono una sorta di sopravvivenza contro 
la storia. E non si tratta solo di jugonostalgia, identificabile come un 
rammarico più o meno politico per il periodo di Tito 
<https://www.eastjournal.net/archives/42441>; o di “jugosfera”, apparato di 
legami culturali e commerciali che, come sostiene l’esperto Tim Judah, tiene 
ancora in vita i rapporti tra gli ex della Jugoslavia. Si tratta anche e 
soprattutto di un’identità che resiste. Nell’instancabile rock jugoslavo che 
ancora riempie gli stadi a Zagabria e Belgrado; nel successo di quel cemento 
“brutalista” contro la ghettizzazione urbana; o, più semplicemente, nei 
discorsi da bar di quegli appassionati di sport che, puntualmente ad ogni 
mondiale, iniziano sempre con la frase “che squadra che avrebbe oggi la 
Jugoslavia…”



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http://www.komunistisrbije.rs/100-godina-od-osnivanja-jugoslavije/

100 GODINA OD OSNIVANJA JUGOSLAVIJE

U organizaciji Udruženja Jugoslovena iz Lajkovca održana je proslava 100 godina 
od formiranja Kraljevine SHS, na kojoj je prisustvovala i naša delegacija.

REFERAT PARTIJE “KOMUNISTI SRBIJE”

Drugarice i drugovi u ime partije KOMUNISTI SRBIJE pozdravljam sve prisutne i 
zahvaljujemo se udruženju JUGOSLOVENA iz Lajkovca i predsedniku istog 
Vlastimiru Jevtiću koji je ujedno i član CENTRALNOG KOMITETA naše partije na 
organizaciji ove jubilarne manifestacije i gostoprimstvu.

Komunisti Srbije su revolucionarna marksističko-lenjinistička partija čvrste 
jugoslovenske orijentacije. Mi ne priznajemo razbijanje Jugoslavije  i borimo 
se za njenu reintegraciju u AVNOJEVSKIM granicama. Mi nismo jugo-nostalgičari 
mi smo jugo-futuristi. Svedoci smo danas da se falsifikuje istorija i da se 
rehabilituju ratni zločinci i saradnici fašističkog okupatora od razbijanja 
SFRJ. U Srbiji je preko 2000 ratnih zločinaca i kvinslinga rehabilitovano što 
predstavlja sramotu za našu državu. Pre 100 godina osnovana je zajednička 
država južnih slovena, ali obzirom da je bila monarhija i da je na vlasti bila 
reakcionarna buržoazija kojoj nije bilo u interesu da reši ni nacionalno ni 
socijalno pitanje nije ispunila velika očekivanja naroda i narodnosti. 
Kraljevina Jugoslavija je posle Albanije bila najsiromašnija država u Evropi 
što važi i za Srbiju danas koja se vratila 100 godina unazad. Tek je pobedom u 
NOB-u i socijalističkoj revoluciji predvođena slavnom KPJ i maršalom Josipom 
Brozom Titom na čelu ostvarila vekovni san jugoslovenskih naroda i narodnosti u 
okviru SFRJ da žive slobodno i ravnopravno u najhumanijioj državi na svetu. 
Socijalistička Jugoslavija je bila uvažavana i respektovana u čitavom svetu a 
njenog lidera druga Tita konsultovali su najzačajniji svetski lideri za 
rešavanje brojnih međunarodnih konflikata i kriza u Svetu. Današnje državice na 
prostoru eks Jugoslavije ne predstavljaju nikakav faktor na međunarodnoj 
političkoj sceni a njihovi lideri su obični politički šarlatani. Primer za to 
je najnovije poniženje koje je doživeo predsednik Srbije u Parizu na proslavi 
100 godina od pobede saveznika u Prvom svetskom ratu.

Samo u socijalističkoj Jugoslaviji,naši narodi i narodnosti mogu povratiti 
slobodu, ravnopravnost i socijalnu sigurnost.

SMRT FAŠIZMU – SLOBODA NARODU !


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