https://www.linkiesta.it/it/article/2019/05/28/elezioni-europee-sovranismi-salvini-le-pen-macron-orban/42309/
 
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Non prendiamoci in giro, l’Europa è sempre stata sovranista (e non è vero che 
ha garantito 70 anni di pace)

La Jugoslavia, la Libia, i contrasti disastrosi sui migranti. L’Europa, di 
fatto, non ha mai garantito la pace a nessuno. E non ha mai agito per interesse 
comune. Non stupiamoci se ora arrivano i populismi

di Alberto Negri
28 maggio 2019

Forse non ce ne eravamo accorti ma l’Europa era già sovranista prima che 
arrivassero sulla scena Salvini, Orbàn o Le Pen: non ha mai avuto una politica 
estera e di difesa comuni. La Francia ha dato il via alla guerra di Libia nel 
2011 consultandosi con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, non con la Germania 
o l’Italia. Questa decisione, la più grave di tutte, perché si è trattato di 
andare in guerra, ha reso chiaro che a prevalere erano gli interessi nazionali. 
L’avventura libica è stato il maggiore disastro per l’Italia dalla seconda 
guerra mondiale ma anche per l’Unione europea. Tutti hanno capito che un Paese 
fondatore poteva essere colpito nella sua sfera vitale, nonostante ci fosse 
l’Unione e che anzi proprio l’Europa poteva affondare un suo stato membro. La 
politica estera europea è un po’ come l’araba fenice. Ha dei contorni assai 
vaghi e si esprime soprattutto con mezzi economici, come le sanzioni o 
attraverso la cooperazione internazionale.
Ma soprattutto si scontra con una mantra falso quanto mai: “l’Europa ha 
garantito la pace e la sicurezza nel continente per 70 anni”. Al massimo ha 
garantito la pace tra i Paesi membri dell’Unione ma fino a un certo punto. 
Sarebbe meglio dire che l’Unione ha limitato, e pure male, le conseguenze delle 
sanguinose e devastanti guerre in Europa e nel Mediterraneo. I flussi migratori 
e le tragedie del mare derivati dal caos libico in Italia hanno regalato a 
sovranisti e populisti l’arma migliore che potessero trovare: le élite 
tradizionali non erano state in grado di difendere il Paese. E’ la vecchia leva 
della paura che spinge a votare a destra.
Vediamo allora qual è la realtà e di rifrescarci la memoria. Negli anni Novanta 
non solo l’Europa non impedisce la guerra in Jugoslavia ma favorisce la 
disgregazione della Federazione fondata dal Maresciallo Tito. La Germania, 
insieme al Vaticano, appoggia la secessione della Croazia e inizia un conflitto 
che in un decennio farà oltre 250 mila morti e più di un milione di profughi.
L’Italia per esempio sulla secessione Jugoslavia aveva idee assai diverse da 
quelle di una Germania che dopo il crollo del Muro nel 1989 si era appena 
riunificata. La disgregazione della Jugoslavia è stata la fine dello stato più 
multi-etnico e multi-religioso dell’Europa, un evento drammatico che poi è 
stato foriero di altre guerre, di altre secessioni e di altri guai.
Durante le stesse guerre della Jugoslavia l’Europa non è stata capace di 
fermare il conflitto in Bosnia la cui fine è stata dovuta all’intervento degli 
americani, non degli europei. Più o meno lo stesso discorso vale per la guerra 
in Kosovo che è stata portata dalla Nato ma che evidenziava l’obiettivo 
americano di spingersi verso Est e tenere sotto pressione la Russia che aveva 
dato addio da un pezzo all’Urss e si trovava allora in piena decadenza. Se poi 
la Russia di Putin ha replicato in Ucraina, Crimea e Siria, lo si deve anche a 
quegli eventi.
L’Europa non ha garantito nulla e non ha fermato alcun massacro, anzi ha 
contribuito a crearne altri. Non solo. Va in ordine sparso e davanti o scelte 
epocali come la pace e la guerra ragiona secondo gli interessi degli stati 
nazionali.
Prendiamo la guerra all’Iraq del 2003, il conflitto che ha scatenato l’attuale 
destabilizzazione del Medio Oriente, voluto da americani e britannici sulle 
false prove che Saddam Hussein possedeva armi di distruzione di massa. L’Italia 
per esempio si è unita alla guerra, dove ha subito il massacro di Nassiriya, 
mentre la Francia di Jacques Chirac ha tenuto a casa le truppe ed era contraria 
al conflitto.
E veniamo alla Libia e alle cosiddette “primavere arabe” del 2011. La guerra in 
Libia contro Gheddafi è stata scatenata dalla Francia, dalla Gran Bretagna e 
dagli Stati Uniti. La Francia ha cominciato i raid su Gheddafi senza neppure 
farci una telefonata, pur sapendo che il Colonnello era il maggiore alleato 
dell’Italia nel Mediterraneo.
Parigi ha causato all’Italia la peggiore sconfitta dalla seconda guerra 
mondiale. Sei mesi prima dei bombardamenti, il 30 agosto 2010, Gheddafi era 
stato ricevuto a Roma e aveva firmato accordi su temi economici e della 
sicurezza per un valore di dozzine di miliardi di euro. Intese, è bene 
ricordarlo, approvate dal 98% dei nostri parlamentari. Non solo. L’Italia venne 
costretta un mese dopo a partecipare ai raid. La decisione fu presa dal 
presidente della repubblica Napolitano sulla scorta di una considerazione 
pratica e di una politica. I terminali dell’Eni di Mellitah erano stati 
collocati nella lista dei bersagli della Nato, il presidente della Repubblica 
voleva tenere l’Italia nell’alveo dell’Alleanza Atlantica e degli Stati Uniti.
Ma il peggio doveva ancora venire. Gli Stati europei, senza una politica comune 
ma dettata dagli interessi nazionali, hanno determinato la frantumazione della 
Libia e destabilizzato con la questione dei migranti il quadro politico 
italiano. Le missioni europee come quella denominata Sophia per frenare il 
traffico dei migranti non hanno avuto alcun successo e non sono mai state 
pienamente attuate con risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Né tanto 
meno abbiamo ottenuto, se non in parte, la redistribuzione dei migranti mentre 
sei Paesi sospendevano gli accordi di Schengen.
C’è dell’altro. L’attuale governo e quelli precedenti si sono fatti prendere in 
giro con la promessa americana di una “cabina di regia” sulla Libia che nessun 
Paese europeo e della regione ha mai voluto affidare all’Italia. Così siamo 
stati presi di sorpresa anche dall’avanzata del generale Haftar. Come ben si 
vede in Libia non c’è nessuna politica europea e l’Italia ne paga il prezzo con 
il suo isolamento. A Tripoli abbiamo sostenuto un governo Sarraj appoggiato 
dalla Turchia e dal Qatar, due stati non europei. E’ chiaro che siamo 
sbilanciati e ora tentiamo di smarcarci senza troppo successo.
Tralascio i casi dell’Ucraina e della Siria, se non per sottolineare che per i 
profughi siriani la Germania, dopo averne accolto un milione, ha voluto un 
accordo del valore di sei miliardi di euro con la Turchia per spingere Erdogan 
a tenersene in casa circa tre milioni. Come si vede la politica estera europea 
e la sua presunta solidarietà sono a geometria piuttosto variabile, dettata 
dagli interessi dei due Paesi-guida, Francia e Germania. Nel caso di Brexit 
però sarà la Francia ad avere i mezzi più incisivi perché resterà l’unico Paese 
dell’Unione dotata di un arsenale nucleare e con un seggio permanente al 
Consiglio di sicurezza Onu. Non solo. La Francia, a differenza della Germania, 
ha diverse missioni militari nel Sahel dove è alleata con gli Usa.
Tutto questo sarà determinante per il futuro e in caso di conflitto tra Usa e 
Iran. Nonostante gli stati europei aderiscano all’accordo sul nucleare con 
Teheran del 2015, finiranno per decidere la partecipazione a una guerra in base 
ai loro interessi nazionali.
Questi interessi sono determinati dall’industria bellica, dai flussi di armi e 
dagli accordi economici con gli Usa, Israele e le monarchie del Golfo, tutti 
nemici dell’Iran e anche maggiori clienti dell’export di armamenti, oltre che 
fornitori di petrolio ed energia.
La stessa Italia potrebbe essere chiamata dagli Usa a concedere le basi nel Sud 
in caso di conflitto con Teheran. E dove sarà allora la politica estera europea 
comune? Resterà un pezzo di carta straccia di false intenzioni.




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