http://contropiano.org/news/internazionale-news/2019/06/04/75-della-vittoria-sul-nazismo-la-storia-rubata-0116089
 
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75° della vittoria sul nazismo: la storia rubata

di Fabrizio Poggi, 4 Giugno 2019

Sembra aver suscitato solamente un leggero stupore nei media russi il mancato 
invito a Vladimir Putin alle celebrazioni per il 75° anniversario dello sbarco 
in Normandia, il 5 e 6 giugno. A Parigi, la cosa sarebbe stata motivata con 
l’organizzazione della cerimonia, prevista a livello di Primi ministri. Pare 
che nemmeno il neoeletto Presidente ucraino, Vladimir Zelenskij sia stato 
invitato, ma ci sono pochi dubbi sulla presenza di Donald Trump, già ora sul 
vecchio continente.

Il politologo Mikhail Aleksandrov scrive su Svobodnaja Pressa che lo stesso 
Cremlino non ardeva dal desiderio di partecipare all’iniziativa: nel 2015, per 
il 70° della vittoria, a Mosca arrivò solo Angela Merkel, che peraltro non 
assistette alla parata sulla Piazza Rossa.

Una cosa sembra abbastanza prevedibile: quest’anno assisteremo al definitivo 
trionfo delle “democrazie occidentali” sul nazismo e sul suo “pari” di colore 
rosso, sconfitti uno nel 1945 e l’altro nel 1991 (o prima). Oltre al 75° 
anniversario dell’inizio dell’operazione “Overlord”, da sempre celebrata quale 
evento fondamentale della Seconda guerra mondiale, che avrebbe deciso, da solo, 
le sorti di tutto il conflitto, tra pochi mesi si ricorderà l’80° dello scoppio 
della guerra.

Nel primo caso, si è da sempre trasformato un evento effettivamente rilevante 
(per la verità, più politicamente che militarmente) in una vera e propria 
epopea, praticamente lasciando in sott’ordine la vittoria sovietica a 
Stalingrado e quella, forse ancora più determinante, del luglio 1943, allorché, 
rintuzzando l’offensiva tedesca nel saliente di Kursk e decidendo, in pratica, 
le sorti della Wehrmacht,

Mosca aveva con ciò stesso convinto Londra e Washington ad affrettare lo sbarco 
in Sicilia, per timore di lasciar campo libero all’Armata Rossa verso la 
Germania. E, soprattutto, si è di fatto taciuto il peso che l’operazione 
“Bagration” in Bielorussia, Polonia orientale e Paesi baltici – condotta quasi 
in contemporanea a quella “Overlord” a occidente, annientò l’intero gruppo di 
armate “Centro” tedesco – ebbe per alleggerire la pressione tedesca sugli 
Alleati.

Se nel 1944 l’URSS si fosse limitata a liberare il proprio territorio, 
concludendo poi una pace separata coi nazisti, a ovest la Wehrmacht avrebbe 
facilmente ributtato a mare gli Alleati.

Nel secondo caso, già da alcuni decenni si tenta di far ricadere le 
responsabilità per lo scatenamento nazista della guerra sul cosiddetto 
“protocollo aggiuntivo segreto”, allegato al patto di non aggressione 
tedesco-sovietico del 23 agosto 1939 che, si dice a ovest, avrebbe “dato il via 
libera” a Hitler per attaccare la Polonia. 

Non c’è bisogno di esser indovini, per immaginarsi come nei prossimi mesi la 
Germania nazista verrà trasformata in “vittima” delle “mire sovietiche”: lo 
aveva già anticipato quattro anni fa il golpista ucraino Arsenij Jatsenjuk 
<http://contropiano.org/news/internazionale-news/2015/01/10/l-ucraino-jatsenjuk-riscrive-la-storia-nel-1941-l-urss-invase-la-germania-028500>
 e non sembra che, all’epoca, qualche capitale occidentale lo abbia sbugiardato.

Il Ministero degli esteri russo ha ora pubblicato la versione in lingua russa 
sia del protocollo, che della relativa illustrazione, sinora disponibili solo 
nella versione tedesca: a suo tempo, ci ritorneremo; per ora è sufficiente 
ricordare come si continui a tacere su patti di non aggressione simili, 
sottoscritti dalle potenze occidentali con la Germania, sull’accordo tra 
Varsavia e Berlino per la spartizione di Lituania e Cecoslovacchia, ecc.

Le premesse per tale indirizzo ci sono già tutte. In vista del 75° anniversario 
della vittoria sul nazismo, che si celebrerà l’anno prossimo, negli Stati Uniti 
è già stata emessa una speciale moneta commemorativa 
<https://cdn.news-front.info/uploads/2019/05/1-99-768x667.jpg>, su una faccia 
della quale sono raffigurati due personaggi, somiglianti a Harry Truman e 
Dwight Eisenhower, mentre sull’altra faccia sono incise le bandiere di USA, 
Gran Bretagna e Francia, ma non quella dell’Unione Sovietica.

L’URSS non esiste più: dunque, perché ricordarla? Il nazismo è stato sconfitto 
dagli “Alleati”; senza discussioni. Sicuramente, l’anno prossimo tutti verremo 
chiamati a onorare le tre potenze “vittoriose”, mentre gli autentici vincitori 
del Drittes Reich saranno, nel migliore dei casi, passati sotto silenzio; nel 
peggiore, verranno assimilati al “male assoluto”, peggiori dei nazisti 
sconfitti.

Cosa significano i 26 milioni di cittadini sovietici caduti, civili e militari, 
a fronte del milione e mezzo di morti di Francia, Stati Uniti e Gran Bretagna 
prese insieme? Cosa importa che dal 1941 al 1944, quando l’Armata Rossa riuscì 
infine a portare il fronte al di là dei confini sovietici, le oltre 230 
divisioni – da Germania e paesi satelliti, Italia compresa – schierate sul 
fronte orientale, avessero condotto una guerra di sterminio, volta ad 
annientare la popolazione civile, mentre a ovest 60 divisioni tedesche tenevano 
impegnati gli Alleati quel tanto che bastava per rimandare fino al 1944 
l’apertura del secondo fronte?

Cosa importa che i cittadini sovietici di nazionalità ebrea venissero 
sterminati a milioni; che la popolazione bielorussa si fosse ridotta di un 
terzo alla fine della guerra; che nella Leningrado assediata per 872 giorni, 
siano morti dai 650.000 al milione e mezzo di civili; che dei soldati sovietici 
delle classi d’età dal 1921 al 1924, solo 3 su 100 siano sopravvissuti alla 
guerra; che le Marzabotto, le Sant’Anna, le Oradour, si siano contate a decine 
nel territorio sovietico occupato dai nazisti, in cui i villaggi venivano dati 
alle fiamme insieme agli abitanti: quasi 200 nella sola Bielorussia.

Cosa importa che ad appena qualche settimana dalla fine della guerra, quando 
ormai l’Armata Rossa era prossima a Berlino, il futuro capo della CIA, Allen 
Dulles, si incontrasse in Svizzera col generale Karl Wolff, inviato di Heinrich 
Himmler, per negoziare la pace separata tra Germania nazista e potenze 
“Alleate”…

L’unione Sovietica non c’è più e si può tranquillamente riscrivere la storia.

In Russia circola un aneddoto, tra il vero e l’ironico: sembra che alla firma 
della capitolazione tedesca, l’8 maggio 1945, al quartier generale di Georgij 
Žukov a Berlino, il comandante in capo del OKW, Wilhelm Keitel, abbia osservato 
sarcasticamente “e anche loro ci hanno sconfitto?”, intendendo i rappresentanti 
alleati lì presenti.

Ora, osserva News Front, la storia “non si riscrive: si ruba. E in buona parte 
noi stessi ne siamo stati responsabili”, trent’anni fa; così, “abbiamo pagato e 
fatto pentimento. Non c’era nulla di cui pentirsi, ma ci convinsero che fosse 
necessario. Abbiamo pagato un prezzo enorme; abbiamo pagato, rinunciando alla 
nostra memoria”.

Questo avveniva, mentre “venivamo sottoposti al lavaggio del cervello” e ci 
convincevano che tutta la nostra “storia fosse stata un crimine e un errore 
storico”. Tentavano di convincerci che fosse “nostra la colpa se era iniziata 
la seconda guerra mondiale, per via del patto Molotov-Ribbentrop; che Stalin 
fosse peggio di Hitler; che tutta la storia del nostro paese fosse fatta di 
gulag e battaglioni di punizione. Migliaia di “storici” e propagandisti si sono 
dati da fare; hanno riscritto i manuali scolastici”.

Ed è così che nei paesi ex-socialisti d’Europa orientale si distruggono a 
centinaia i monumenti ai soldati sovietici caduti per liberare quelle terre 
dall’occupazione nazista: seicentomila morti solo in Polonia, per dirne una, 
quasi tre volte tanti quanti gli stessi soldati polacchi. E’ così che domenica 
scorsa, a Kharkov, i neonazisti ucraini hanno distrutto il monumento al 
“Maresciallo della vittoria”, Georgij Žukov.

Ed è difficile dar torto a News Front sul fatto che “in buona parte noi stessi 
ne siamo stati responsabili”, quando nella stessa Russia si è cominciato a 
inaugurare monumenti, busti, steli ai più spietati generali bianchi 
<http://contropiano.org/news/internazionale-news/2018/12/11/russia-da-nicola-ii-agli-oligarchi-moderni-passando-per-solzhenitsyn-0110468>
 della guerra civile e a canonizzare gli zar responsabili di impiccagioni e 
fucilazioni: l’ultimo in ordine di tempo, l’aeroporto di una delle 12 “città 
eroe” dell’URSS, Murmansk, è ora intitolato a Nicola II “il sanguinario”. Che 
altro?


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