(english / italiano)

L'amiko amerikano

0) I.A.C. (USA): Appello per la lotta alle sanzioni USA / Call for 
International Days of Action Against Sanctions & Economic War: March 13 – 15, 
2020
1) FLASHBACK: Pio La Torre, ucciso per avere guidato il movimento contro i 
missili a Comiso. Manovalanza mafiosa mandanti statunitensi
2) FLASHBACK: Studio scientifico: le guerre degli USA negli ultimi 20 anni 
hanno provocato 800.000 morti per un costo di 6,4 trilioni di dollari / The 
cost of the global war on terror: $6.4 trillion and 801,000 lives
3) Italia in prima linea, atterra a Sigonella il primo drone Nato (Manlio 
Dinucci – TESTO/VIDEO)


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APPELLO DELL’INTERNATIONAL ACTION CENTER PER LA LOTTA ALLE SANZIONI USA, 
inoltrato da Sara Flounders

Le sanzioni vengono imposte dagli Stati Uniti e dai suoi soci minori contro 
paesi che si oppongono al loro ordine del giorno. Si tratta di armi della 
Guerra Economica che producono carenze croniche di necessità di base, 
delocalizzazioni economiche, iperinflazione caotica, carestie indotte, 
malattie, povertà. In ogni paese sono i più poveri e i più deboli – bambini, 
minori, malati cronici, anziani – a subire il peggiore impatto delle sanzioni...

Le sanzioni imposte dagli USA violano il diritto internazionale e sono 
strumenti per i cambi di regime. Coinvolgono un terzo dell’umanità in 39 paesi. 
Sono un crimine contro l’umanità utilizzato, al pari degli interventi militari, 
per rovesciare governi e movimenti che hanno il sostegno popolare. Forniscono 
appoggio economico e militare a forze di destra subalterne agli USA.
Il dominio economico degli USA e le sue oltre 800 basi in tutto il mondo 
esigono che tutti gli altri paesi partecipino alle azioni di strangolamento 
economico. Devono porre fine a tutti i normali rapporti commerciali, se non 
vogliono trovarsi puntata contro l’artiglieria di Wall Street. Le banche e le 
istituzioni finanziarie responsabili della devastazione delle nostre comunità a 
casa, guidano il saccheggio degli altri paesi.

Molte organizzazioni hanno combattuto da tempo le sanzioni e le guerre 
economiche. ORA abbiamo l’opportunità di unire gli sforzi per far crescere la 
consapevolezza di questo cruciale problema.

La nostra campagna allargata comprenderà proteste e manifestazioni, pressioni, 
petizioni e tutte le forme di impegno comunicativo..

Come passo iniziale di questa campagna sollecitiamo mobilitazioni e attività di 
informazione-formazione da organizzarsi in vista della Giornate d’Azione 
Internazionale contro le Sanzioni e la Guerra Economica degli Stati Uniti, nei 
giorni 13-15 marzo 2020.

PER FAVORE VOGLIATE AGGIUNGERE LA VOSTRA ADESIONE E AIUTARE A DIFFONDERE 
L’APPELLO

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<https://solidaritycenter.ourpowerbase.net/sites/all/modules/civicrm/extern/url.php?u=1642&qid=2293607>
Call for International Days of Action Against Sanctions & Economic War: March 
13 – 15, 2020
Sanctions Kill!
Sanctions are War!
End Sanctions Now!

Please add your endorsement and help spread the word
Sign on - click here 
<https://solidaritycenter.ourpowerbase.net/sites/all/modules/civicrm/extern/url.php?u=1642&qid=2293607>

Sanctions are imposed by the United States and its junior partners against 
countries that resist their agendas.  They are a weapon of Economic War, 
resulting in chronic shortages of basic necessities, economic dislocation, 
chaotic hyperinflation, artificial famines, disease, and poverty.  In every 
country, the poorest and the weakest – infants, children, the chronically ill 
and the elderly – suffer the worst impact of sanctions.

US imposed sanctions, violate international law and are a tool of regime 
change. They impact a third of humanity in 39 countries.  They are a crime 
against humanity used, like military intervention, to topple popular 
governments and movements.   They provide economic and military support to 
pro-US right-wing forces.

The US economic dominance and its +800 military bases worldwide demands all 
other countries participate in acts of economic strangulation.  They must end 
all normal trade relations, otherwise they risk having Wall Street’s guns 
pointed at them.  The banks and financial institutions that are responsible for 
the devastation of our communities at home drive the plunder of countries 
abroad.

Many organizations have been fighting Sanctions and Economic War for some time. 
 NOW is an opportunity to combine efforts to raise consciousness on this 
crucial issue.

This broad campaign will include protests and demonstrations, lobbying, 
petition drives and all forms of educational efforts.

As an initial step for this campaign we encourage mobilizations and educational 
efforts to be organized for the International Days of Action against US imposed 
Sanctions and Economic War on March 13-15.

Please add your endorsement and help spread the word
Sign on - click here 
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https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/11/26/pio-la-torre-il-comunista-ammazzato-dalla-mafia-che-sfido-la-guerra-fredda-e-invento-il-modo-per-confiscare-le-ricchezze-dei-boss/5579630/
 
<https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/11/26/pio-la-torre-il-comunista-ammazzato-dalla-mafia-che-sfido-la-guerra-fredda-e-invento-il-modo-per-confiscare-le-ricchezze-dei-boss/5579630/>

Pio La Torre, il comunista ammazzato dalla mafia che sfidò la guerra fredda (e 
inventò il modo per confiscare le ricchezze dei boss)

VENTUNESIMO SECOLO - Recensire un libro di storia ma parlare del presente. È la 
nuova rubrica del fattoquotidiano.it. Nella quinta puntata la biografia del 
dirigente del Pci siciliano assassinato da Cosa nostra

di Massimo Asta | 26 NOVEMBRE 2019

Quando Pio La Torre torna nuovamente in Sicilia nell’autunno del 1981 per 
prendere in mano la direzione del Partito comunista regionale, dopo la 
parentesi romana durata 12 anni come membro della Direzione e della Segreteria 
nazionali del partito, ha affidato “il preciso compito di dare la precedenza su 
tutto alla lotta contro l’installazione dei missili” a Comiso. Il 7 agosto di 
quell’anno il Consiglio de ministri ha approvato la decisione della Nato di 
collocare 112 missili nucleari di media gittata, Cruise, nell’aeroporto 
siciliano. Con la fine della distensione nelle relazioni Est-Ovest, il mondo è 
tornato alla fine degli anni Settanta in piena guerra fredda. La Sicilia è così 
destinata a ospitare fino al crollo dell’Unione sovietica la più importante 
base militare dell’Europa del Sud.
Il 4 aprile 1982, si tiene a Comiso la storica manifestazione pacifista a cui 
partecipano un centinaio di migliaia di persone, che chiede la sospensione dei 
lavori per l’installazione delle testate nucleari, con l’obiettivo di 
facilitare le trattative per il disarmo in corso a Ginevra. Pio La Torre, in 
testa al corteo, e i comunisti siciliani, ne sono gli artefici. Anche se il 
messaggio pacifista riesce a raggiungere attivisti e sensibilità esterne al 
Pci, coinvolgendo le forze della sinistra, le Acli, i movimenti ambientalisti e 
non-violenti. La manifestazione aveva fornito lo slancio necessario per la 
raccoltà di un milione di firme.
Quattro giorni dopo cominciavano i lavori a Comiso per l’installazione dei 
missili. Il 30 aprile, alle 9:20, in via Turba, a qualche centinaio di metri 
dalla casa dove era nato nella borgata palermitana di Altarello, La Torre è 
aggredito da un commando mafioso mentre si sta recando alla sede del Pci 
regionale. La Torre muore all’istante sotto la raffica dei proiettili. Il 
compagno, amico e guardia del corpo Rosario di Salvo ha il tempo di estrarre la 
pistola e sparare cinque colpi prima di perdere la vita.
Ai funerali una folla gremisce Piazza Politeama. La scenografia è quella 
classica adottata nella simbologia di partito per i riti funebri, che a sua 
volta eredita la tradizione dei funerali di stato. I feretri avvolti dalla 
bandiera del Pci, le bandiere in alto che sventolano durante il corso della 
cerimonia, la fila di ghirlande ornate di fiori rossi, il grande proscenio 
allestito al cospetto delle bare con la scritta bianca su sfondo rosso in onore 
dei compagni defunti, l’inno dell’Internazionale che chiude la celebrazione, 
mentre la folla si congeda.
Ma non è un funerale come un altro per i comunisti, e per gli italiani. Al 
passaggio dei feretri, la folla, partecipe, ma composta, sembra preferire 
l’applauso ai pugni chiusi, che pur si scorgono dalla riprese Rai dell’epoca 
punteggiare la folla nell’ultimo tratto del percorso che conduce alla piazza. 
Enrico Berlinguer vi pronuncia un discorso sobrio, come è nello stile del 
segretario del Pci Istituzionale, nel senso partitico. Senza sbavature. A 
tratti, appare ingessato. La voce è sul punto di spezzarsi, per un frangente, 
solo dopo essersi rivolto ai familiari, per dire che i due compagni “saranno 
ricordati da una moltitudine di siciliani e di italiani come due intrepidi 
combattenti che hanno lottato per la causa giusta”.
Il messaggio di Berlinguer si rivolge principalmente al partito e ai suoi 
militanti e simpatizzanti. Non è un caso probabilmente se il discorso acquista 
tono quando abborda la questione della pace e della battaglia contro 
l’installazione dei missili a Comiso. Come a voler rivendicare la giustezza e 
l’opportunità di quella linea, nonostante l’enorme costo pagato.
Ammazzato dalla mafia, contro la violenza mafiosa La Torre aveva forgiato sin 
dagli esordi la sua militanza politica e sindacale. Figlio di un povero 
contadinosemibracciante, aveva aderito al Pci nel 1945. Per la Sicilia, sono 
gli anni epici del movimento contadino, delle occupazioni delle terre, del Pci 
diretto da Girolamo Li Causi, ma anche della mattanza mafiosa che miete decine 
di militanti e dirigenti socialisti e comunisti. Una guerra civile strisciante. 
Nel 1948, era toccato a La Torre prendere il posto a Corleone di Placido 
Rizzoto, trucidato dalla mafia, alla testa della locale Camera del lavoro.
Trent’anni dopo, il terrorismo mafioso è tornato in azione, ma è di segno 
diverso. Colpisce più in alto, in modo selettivo, e ha finalità eversive. 
Attacca lo Stato e i suoi rappresentanti. Il primo che aveva maturato la 
consapevolezza della pericolosità dell’incarico di ritornare in Sicilia era 
stato proprio Pio La Torre. Due settimane prima di essere assassinato, aveva 
trascorso la Pasqua a Roma con la famiglia dall’amico Emanuele Macaluso. Dopo 
aver pranzato, passeggiando sul lungo Tevere, La Torre aveva delineato a 
Macaluso i nuovi assetti politico-mafiosi che si stavano imponendo nell’isola, 
dopo l’uccisione dei democristiani Michele Reina e Piersanti Mattarella. E gli 
confidò: “Ora tocca a noi”.
I processi hanno individuato gli esecutori dell’omicidio e circoscritto il 
movente alla lotta condotta da Pio La Torre contro l’organizzazione mafiosa. La 
relazione di minoranza della Commissione nazionale antimafia della VI 
legislatura, e la legge che sarà approvata postuma che introduce nel codice 
penale la previsione del reato di associazione di tipo mafioso (art. 416 bis) e 
la confisca dei beni alla mafia, portano il suo nome. Secondo un pentito, i 
mandanti sarebbero da individuare tutti all’interno dei vertici mafiosi: 
Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Antonino 
Geraci. Ma secondo alcuni non si può escludere la pista atlantica, ovvero che 
la politica di opposizione del Pci all’installazione dei 112 missili Cruise a 
Comiso avesse determinato, contribuito o accelerato la condanna a morte del 
dirigente comunista. Ne erano tra gli altri convinti Luigi Colajanni, suo vice 
alla direzione del Pci siciliano durante la breve stagione politica che lo 
condusse alla morte, e Giovanni Falcone.
Un libro stampato dall’Istituto poligrafico europeo, frutto di un convegno 
organizzato dalla Fondazione Gramsci e dall’Istituto Gramsci siciliano, curato 
da Tommaso Baris e Gregorio Sorgonà, ritorna adesso sulla biografia di Pio La 
Torre. Gli autori hanno inteso escludere esplicitamente una prospettiva 
celebrativa e teleologica che riducesse il dirigente comunista siciliano al 
solo impegno antimafia. Non hanno tuttavia evitato – e a ragione – un approccio 
empatetico con l’uomo politico che ha consapevolmente voluto testimoniare, con 
il massimo sacrificio, la verità della sua causa.
*Massimo Asta è storico dell’University of Cambridge
Twitter: @AstaMassimo <https://twitter.com/AstaMassimo>

=== 2 ===

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-studio_istituto_watson_le_guerre_degli_usa_negli_ultimi_20_anni_hanno_provocato_800000_morti_per_un_costo_di_64_trilioni_di_dollari/82_31904/
 
<https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-studio_istituto_watson_le_guerre_degli_usa_negli_ultimi_20_anni_hanno_provocato_800000_morti_per_un_costo_di_64_trilioni_di_dollari/82_31904/>

Studio Istituto Watson: Le guerre degli USA negli ultimi 20 anni hanno 
provocato 800.000 morti per un costo di 6,4 trilioni di dollari

Le guerre statunitensi negli ultimi due decenni, con il pretesto della lotta al 
terrorismo, hanno provocato più di 801.000 morti, quasi la metà civili

Il Watson Institute of International and Public Affairs della Brown University 
(USA) ha recentemente condotto uno studio in cui vengono svelate le conseguenze 
di tutte le guerre che sono state combattute dopo gli attacchi dell'11 
settembre 2001, in particolare in Medio Oriente e in Asia.
“La missione delle guerre dopo l'11 settembre, come inizialmente definito, era 
quella di difendere gli Stati Uniti dalle future minacce terroristiche di Al 
Qaeda e delle organizzazioni affiliate. Dal 2001, le guerre si sono estese dai 
combattimenti in Afghanistan alle guerre e ad altre operazioni in altri luoghi, 
in oltre 80 paesi", si legge nello studio.
Secondo i dati forniti dal rapporto, i conflitti intrapresi da Washington hanno 
causato la morte di oltre 801.000 morti - direttamente coinvolti in operazioni 
militari - tra cui oltre 335.000 civili, e hanno causato lo sfollamento di 
circa 21 milioni di persone a causa della violenza.
Il documento stima inoltre il costo di tali guerre per un totale di 6,4trilioni 
di dollari, di cui almeno 1 è stato utilizzato per coprire i costi delle cure 
successive e tutti i tipi di trattamenti medici per le forze armate 
statunitensi.
Secondo gli autori del rapporto, il bilancio delle vittime nelle guerre sarebbe 
molto più alto se si aggiungessero le persone che non ricevono adeguata 
assistenza medica a causa della distruzione delle infrastrutture civili causate 
dalla guerra, come è evidente nel caso del popolo yemenita , che per quattro 
anni ha subito una campagna di aggressione da parte dell'Arabia Saudita, 
sostenuta dagli Stati Uniti.

Notizia del: 26/11/2019

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https://www.brown.edu/news/2019-11-13/costsofwar 
<https://www.brown.edu/news/2019-11-13/costsofwar>

The cost of the global war on terror: $6.4 trillion and 801,000 lives

November 13, 2019
MEDIA CONTACT:  Jill Kimball jill_kimb...@brown.edu 
<mailto:jill_kimb...@brown.edu>

Two reports released by the Costs of War project, based at Brown, provide a 
comprehensive estimate of the financial and human cost of America’s post-9/11 
wars.

PROVIDENCE, R.I. [Brown University] — Nearly two decades after New York’s Twin 
Towers fell on 9/11, the estimated cost of America’s counterterrorism efforts 
stands at $6.4 trillion.

That’s according to a Nov. 13 report 
<https://watson.brown.edu/costsofwar/files/cow/imce/papers/2019/US%20Budgetary%20Costs%20of%20Wars%20November%202019.pdf>
 released by the Costs of War project <https://watson.brown.edu/costsofwar/> 
based at the Watson Institute for International and Public Affairs at Brown 
University.

According to the report, since late 2001, the United States has appropriated 
and is obligated to spend $6.4 trillion on counterterrorism efforts through the 
end of 2020. An estimated $5.4 trillion of that total has funded, and will 
continue to fund, counterterrorism wars and smaller operations in more than 80 
countries; an additional minimum of $1 trillion will provide care for veterans 
of those wars through the next several decades.

“The numbers continue to accelerate, not only because many wars continue to be 
waged, but also because wars don’t end when soldiers come home,” said Catherine 
Lutz <https://watson.brown.edu/costsofwar/people/directors/catherine-lutz>, 
co-director of Costs of War and a Brown professor of international and public 
affairs and anthropology. “These reports provide a reminder that even if fewer 
soldiers are dying and the U.S. is spending a little less on the immediate 
costs of war today, the financial impact is still as bad as, or worse than, it 
was 10 years ago. We will still be paying the bill for these wars on terror 
into the 22nd century.”

In a separate report 
<https://watson.brown.edu/costsofwar/files/cow/imce/papers/2019/Direct%20War%20Deaths%20COW%20Estimate%20November%2013%202019%20FINAL.pdf>
 released on the same day, Lutz and Neta Crawford, another Costs of War 
co-director and a professor of political science at Boston University, estimate 
that between 770,000 and 801,000 people have died in post-9/11 wars. The total 
estimate includes civilian deaths — some 312,000 or more — as well as deaths of 
opposition fighters (more than 250,000), members of the U.S. military (7,014) 
and journalists and humanitarian workers (1,343).

The Costs of War project, a joint effort between Brown’s Watson Institute and 
Boston University’s Frederick S. Pardee Center for the Study of the 
Longer-Range Future, was launched in 2011 with the goal of comprehensively 
documenting the costs of the United States’ counterterrorism wars in the wake 
of the Sept. 11, 2001, terrorist attacks. Unlike accounts of war costs released 
by the Pentagon, Costs of War financial reports take into account not only 
Department of Defense (DOD) spending but also spending by the departments of 
state, veterans affairs and homeland security, as well as the cost of interest 
paid on borrowed funds. The Costs of War death toll is calculated based on 
casualty reports released by the DOD and Department of Labor, figures provided 
by the United Nations, and obituaries and other news stories.

“If you count all parts of the federal budget that are military related — 
including the nuclear weapons budget, the budget for fuel for military vehicles 
and aircraft, funds for veteran care — it makes up two thirds of the federal 
budget, and it’s inching toward three quarters,” Lutz said. “I don’t think most 
people realize that, but it’s important to know. Policymakers are concerned 
that the Pentagon’s increased spending is crowding out other national purposes 
that aren’t war.”

This month’s new reports are among the first to be published in the Costs of 
War project’s “20 Years of War 
<https://watson.brown.edu/news/explore/2019/CoWresearchseries>” series, which 
recognizes the anniversary of the beginning of the global war on terror with 
new research and updates to existing papers. The research series launched 
thanks to a $450,000 grant from the Carnegie Corporation of New York, along 
with support from the Watson Institute and the Pardee Center.

All three of the Costs of War co-directors — Lutz, Crawford and Watson 
Institute Senior Research Associate Stephanie Savell— kicked off the “20 Years 
of War” series with a visit to Washington, D.C., on Wednesday, Nov. 13, where 
they presented their latest findings to the U.S. Senate Committee on Armed 
Services and an international pool of journalists.

“We have already seen that when we go to Washington and circulate our 
briefings, they get used in the policymaking process,” Lutz said. “People cite 
our data in speeches on the Senate floor, in proposals for legislation. The 
numbers have made their way into calls to put an end to the joint resolution to 
authorize the use of military force. They have real impact.”


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Versione VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=Y_Ie3eWUWsU 
<https://www.youtube.com/watch?v=Y_Ie3eWUWsU>

https://ilmanifesto.it/italia-in-prima-linea-atterra-a-sigonella-il-primo-drone-nato/
 
<https://ilmanifesto.it/italia-in-prima-linea-atterra-a-sigonella-il-primo-drone-nato/>

Italia in prima linea, atterra a Sigonella il primo drone Nato

L’arte della guerra . I crescenti investimenti italiani nei droni militari 
comportano conseguenze che vanno al di là di quelle economiche

di Manlio Dinucci
su Il Manifesto del 26.11.2019

È atterrato nella base Usa/Nato di Sigonella in Sicilia, dopo 22 ore di volo 
dalla base aerea di Palmdale in California, il primo drone del sistema Ags 
(Alliance Ground Surveillance) della Nato, versione potenziata del drone Usa 
Global Hawk (Falco Globale). Da Sigonella, principale base operativa, questo e 
altri quattro aerei dello stesso tipo a pilotaggio remoto, supportati da 
diverse stazioni terrestri mobili, permetteranno di «sorvegliare», ossia 
spiare, vaste aree terrestri e marittime dal Mediterraneo all’Africa, dal 
Medioriente al Mar Nero.

I droni Nato teleguidati da Sigonella, in grado di volare per 16.000 km a 
18.000 m di altezza, trasmetteranno alla base i dati raccolti. Questi, dopo 
essere stati analizzati dagli operatori di oltre 20 postazioni, verranno 
immessi nella rete criptata che fa capo al Comandante Supremo Alleato in 
Europa, sempre un generale Usa nominato dal presidente degli Stati uniti.

Il sistema Ags, che diverrà operativo nella prima metà del 2020, sarà integrato 
con l’Hub di Direzione Strategica per il Sud: il centro di intelligence che, 
nel quartier generale Nato di Lago Patria sotto comando Usa, ha il compito di 
raccogliere e analizzare informazioni funzionali alle operazioni militari 
soprattutto in Africa e Medioriente.

Principale base di lancio di tali operazioni, effettuate per la maggior parte 
segretamente con droni da attacco e forze speciali, è quella di Sigonella, dove 
sono dislocati droni Usa Reaper armati di missili e bombe a guida laser e 
satellitare. I droni da attacco e le forze speciali, mentre sono in azione, 
sono collegati, attraverso la stazione Muos di Niscemi (Caltanissetta), al 
sistema di comunicazioni satellitari militari ad altissima frequenza che 
permette al Pentagono di controllare, attraverso la sua rete di comando e 
comunicazioni, droni e cacciabombardieri, sottomarini e navi da guerra, veicoli 
militari e reparti terrestri, mentre sono in movimento in qualsiasi parte del 
mondo si trovino.

Nello stesso quadro operano i 15 Predator e Reaper e gli altri droni 
dell’Aeronautica italiana, teleguidati dalla base di Amendola in Puglia. Anche 
i Reaper italiani possono essere armati di missili e bombe a guida laser per 
missioni di attacco.

Il sistema Ags, che potenzia il ruolo dell’Italia nella «guerra dei droni», 
viene realizzato con «significativi contributi» di 15 Alleati: Stati uniti, 
Italia, Germania, Norvegia, Danimarca, Lussemburgo, Polonia, Romania, Bulgaria, 
Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Slovacchia, Slovenia. Principale 
contrattista del sistema è la statunitense Northrop Grumman. L’italiana 
Leonardo fornisce due stazioni terrestri trasportabili.

Il «contributo» italiano al sistema Ags consiste, oltre che nella messa a 
disposizione della principale base operativa, nella compartecipazione alle 
spese inizialmente con oltre 210 milioni di euro. Altri 240 milioni di euro 
sono stati spesi per l’acquisto dei droni Predator e Reaper. Compresi gli altri 
già acquistati e quelli di cui si prevede l’acquisto, la spesa italiana per i 
droni militari sale a circa un miliardo e mezzo di euro, cui si aggiungono i 
costi operativi. Pagati con denaro pubblico, nel quadro di una spesa militare 
che sta per passare dalla media attuale di circa 70 milioni di euro al giorno a 
una di circa 87 milioni di euro al giorno.

I crescenti investimenti italiani nei droni militari comportano conseguenze che 
vanno al di là di quelle economiche. L’uso dei droni da guerra per operazioni 
segrete sotto comando Usa/Nato svuota ancor più il parlamento di qualsiasi 
reale potere decisionale sulla politica militare e di riflesso sulla politica 
estera. Il recente abbattimento di un Reaper italiano (costato 20 milioni di 
euro), in volo sulla Libia, conferma che l’Italia è impegnata in operazioni 
belliche segrete in violazione dell’Art.11 della nostra Costituzione.


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