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KROATIEN 2019 (2/2)

4) La Tempesta sui civili, 24 anni dopo (Nicole Corritore)
5) Un’estate segnata da aggressioni verso la minoranza serba (Tommaso Meo, 
Giovanni Vale)
6) The Next EU Council Presidency / Die nächste EU-Ratspräsidentschaft (GFP, 
21.11.2019)

[read also, in the previous post:
0) LINKOVI / LINKS
1) Split/Spalato 9.2.2019.: Aggressione contro quattro giocatori di pallanuoto 
della Stella Rossa Belgrado / Split opet pocrvenio – od stida!
2) SRP: Stav povodom izjave predsjednika uprave Uljanika / Hrvatski kapitalizam 
uništio je Uljanik!
3) Cronache, FOTO e VIDEO della manifestazione clericonazista e della 
contro-manifestazione di Bleiburg, 18. 05. 2019. 
at: 
http://www.cnj.it/home/it/informazione/jugoinfo/9238-9113-kroatien-2019-1-2.html
 ]


=== 4 ===

https://www.balcanicaucaso.org/aree/Croazia/La-Tempesta-sui-civili-195909 
<https://www.balcanicaucaso.org/aree/Croazia/La-Tempesta-sui-civili-195909>

La Tempesta sui civili

Ogni 5 agosto in Croazia si celebra il "colpo finale" della cosiddetta Guerra 
patriottica. A distanza di 24 anni purtroppo c'è ancora strumentalizzazione 
delle vittime, numeri delle vittime discordanti e poca giustizia

05/08/2019 -  Nicole Corritore

Oggi a Knin   
<https://www.morh.hr/svecano-obiljezavanje-24-obljetnice-vro-oluja-u-kninu/>la 
Croazia celebrerà l’Operazione militare Oluja (Tempesta) con la quale il 5 
agosto del 1995 l’esercito riprese il controllo della Krajina, fascia di 
territorio che abbraccia il confine orientale del paese con la Bosnia 
Erzegovina, allora abitato in maggioranza da serbi di Croazia. Un territorio 
dove nel 1990 era stata autoproclamata la cosiddetta Republika Srpska di 
Krajina e che dal 1991 divenne roccaforte dei serbi ribelli che, con l’aiuto 
dell’Armata popolare jugoslava e delle unità paramilitari provenienti dalla 
Serbia, crearono all’interno della Croazia uno stato dentro lo stato, 
perpetrando crimini e la cacciata dei croati residenti.

Iniziata alle 5 del mattino del 4 agosto 1995 con il bombardamento di Knin - 
dove le truppe entrarono il giorno successivo - in pochi giorni i militari 
croati ripresero il controllo dell’intero territorio. L'azione lampo è 
raccontata con enfasi nel documentario "VRO Oluja   
<https://hrvatski-vojnik.hr/vro-oluja-5-minuta-za-sjecanje/>" - premiato al 
Festival 'Eserciti e popoli' tenutosi a Bracciano: "Già il secondo giorno la 
maggior parte delle città era libera. In sole 84 ore, con l'impegno di 200mila 
soldati, più di 10 km² del territorio è stato liberato!". Nessuna menzione 
delle centinaia di vittime, ma anche dell’esodo di circa 200mila serbi di 
Croazia dei quali solo poche migliaia rientrarono a fine conflitto.

Da 24 anni Oluja viene celebrata in Croazia in pompa magna, perseguendo la 
retorica da vincitore e senza riferimento alle vittime civili serbe, come colpo 
conclusivo della vittoriosa “Domovinski rat” (Guerra patriottica”). In 
parallelo, in Serbia, dove si era rifugiato il maggior numero dei serbi di 
Croazia, si celebra una giornata di lutto. Così è accaduto ieri, con la 
manifestazione nazionale "Oluja è pogrom   
<http://www.rts.rs/page/stories/sr/story/125/drustvo/3612819/u-manastiru-krusedol-secanje-na-stradale-i-prognane-u-akciji-oluja.html>"
 sulla spianata del Monastero di Krušedol.

 <>Vittime strumentalizzate

Le vittime di quell'operazione sono, di nuovo, assenti nelle dichiarazioni 
rilasciate il 1° agosto 
<https://www.balcanicaucaso.org/%20https://www..jutarnji.hr/vijesti/hrvatska/kolinda-grabar-kitarovic-oluja-je-spasila-bih-i-voljela-bih-da-nasi-susjedi-nikada-ne-zaborave-tko-im-je-pruzio-ruku-u-najtezim-danima/9193343>
 scorso dalla presidente croata Kolinda Grabar-Kitarović. Anzi, la presidente 
ha definito l’operazione Oluja una pietra miliare che ha segnato l’arrivo della 
pace, ribadendo inoltre che le operazioni militari dell'esercito croato in 
Bosnia Erzegovina hanno interrotto l’aggressione serba ed evitato una nuova 
Srebrenica. “Di fatto, Oluja ha salvato la Bosnia e vorrei che i nostri vicini 
non si dimentichino mai di chi ha dato loro una mano nei giorni più duri”, ha 
concluso la presidente croata, provocando immediate e dure reazioni in Bosnia.

Ad alimentare il discorso nazionalista, sulla pelle delle vittime, non è stato 
da meno Milorad Dodik - rappresentante serbo alla presidenza tripartita della 
BiH. Presente alla giornata di Krušedol, accanto al presidente Vučić e alla 
premier serba Brnabić, ha dichiarato: "Il secolo passato è stato il secolo 
della tragedia serba (...) e la libertà del popolo serbo dipende dalla 
costruzione di un unico stato".

A distanza di 24 anni molti si dimenticano invece ciò che ha ricordato Milorad 
Pupovac, deputato del Sabor e presidente del Partito democratico indipendente 
serbo (SDSS   
<https://en.wikipedia.org/wiki/Independent_Democratic_Serb_Party>), alla Tv N1  
 
<http://rs.n1info.com/Region/a504252/Pupovac-Odnosi-Srbije-i-Hrvatske-sve-losiji-narocito-zbog-stavova-o-Oluji.html>:
 “Non vi sono cambiamenti significativi, il problema maggiore è rimasto quello 
dell’assenza di procedimenti legali per i crimini di guerra e l’esodo forzato 
di quei giorni, la distruzione dei villaggi e il saccheggio delle proprietà, 
oltre che l’impedimento al ritorno. E il problema maggiore per i serbi di 
Croazia è il fatto che non vi sono visibili intenzioni di risolvere questi 
problemi”.

Infatti, solo una minima percentuale della minoranza serba è rientrata a vivere 
in Croazia. Nell’anno dell’ingresso del paese nell'UE, avevamo intervistato 
Pupovac 
<https://www.balcanicaucaso.org/aree/Croazia/Croazia-Europa-e-minoranza-serba-140885>:
 “Dai dati in nostro possesso risulta che sono tornate a vivere nelle loro case 
136.000 persone. Questo è vero sulla carta, ma nella realtà il numero è di 
70.000, quindi circa la metà, su un totale di oltre 300.000 tra profughi e 
sfollati, di cui la maggior parte dalla Krajina a causa dell'operazione 
Tempesta. Secondo il censimento del 2011, risulta che oggi in Croazia ci sono 
186.000 persone della minoranza serba e cioè il 4,6 per cento sul totale della 
popolazione. Mentre prima della guerra erano 600.000.”

Rispetto al territorio della Krajina, sono in maggioranza anziani e in numero 
molto basso. C’è chi rientrato ha vissuto situazioni di terrore e minaccia, 
soprattutto nei primi anni dalla fine del conflitto. Un gran numero ha 
incontrato difficoltà a riprendere possesso della proprietà, e chi ci è 
riuscito non ha ottenuto, o solo in parte, i fondi per ricostruirla. Dopodiché 
c’è anche chi l’ha venduta agli occupanti, in gran parte croati di Bosnia 
fuggiti dalla guerra scoppiata nel 1992 e accolti nei campi profughi in 
Croazia, qui spostati a seguito dell’esodo dei serbi dell’agosto ‘95. Infine, 
dopo anni e anni di attesa e di vita all’estero, parecchi non hanno voluto 
rientrare in un territorio con grossi problemi infrastrutturali ed economici.

 <>Guerra dei numeri

A distanza di 24 anni prosegue inoltre quella che possiamo definire la “guerra 
dei numeri”: infatti, rispetto alle vittime civili serbe durante (e dopo) 
l’Operazione Oluja si parla ancora di stime (non essendoci un numero ufficiale 
sia dei morti che degli scomparsi) che divergono di molto a seconda delle parti 
in causa.

Stime che permettono alle parti di proseguire da vent’anni ad aumentare o 
diminuire il numero delle vittime a seconda delle necessità del momento. Lo ha 
spiegato bene Aleksandar Sekulović, autore del capitolo "Srpso-hrvatske 
kotroverze – Šta je bila 'Oluja' " (Le controversie serbo-croate. Cosa è stato 
Oluja), della rivista del Comitato Helsinki per i diritti umani   
<https://www.helsinki.org.rs/serbian/doc/povelja%20sep-okt%2012.pdf>di Belgrado 
uscita a ottobre 2012, in cui ha analizzato metodi e motivi del "gioco" delle 
parti sui numeri. “In una situazione dove sarebbe necessario raccogliere 
finalmente dati incontrovertibili, visto che Human Rights Watch stima 116 tra 
le vittime civili (…) mentre il Comitato Helsinki croato ne stima molti di più, 
681, e allo stesso tempo fonti serbe ne dichiarano 1205, per fermare questo 
brutale gioco che sia la Serbia che la Croazia fanno sulla pelle delle vittime”.

A proposito di fonti serbe, l’unica organizzazione che finora ha pubblicato, 
nel 2014, una lista   
<http://www.veritas.org.rs/srpske-zrtve-rata-i-poraca-na-podrucju-hrvatske-i-bivse-rsk-1990-1998-godine/zrtve-akcije-oluja-na-srpskoj-strani-2014/>“Vittime
 civili e militari serbe durante Oluja” – con nomi e cognomi, nome del padre, 
data di nascita, data e luogo di uccisione/sparizione di 1719 persone -  è il 
Centro di documentazione e informazione Veritas di Belgrado.

Abbiamo elaborato solo i dati dei civili (1070) in base a sesso, data di morte 
ed età. Ne è emerso che: 475 sono donne, 595 uomini; nel periodo 4-8 agosto 
1995 le vittime risultano 835 (376 donne e 459 uomini), rappresentando 
rispettivamente il 79,16% e il 77,14% sul totale dei civili in lista, dove sono 
inserite persone morte anche in giorni successivi a Oluja. Sempre nel periodo 
4-8 agosto, il numero più alto di vittime lo si ha nella fascia di età dai 
sessant’anni in su (615).


[TABELLA: Vittime civili serbe nel territorio della Krajina croata (4 Agosto 
1995 - 30 Settembre 1995; Fonte dei dati:  Veritas http://www.veritas.org..rs/ 
<http://www.veritas.org.rs/> )
https://public.flourish.studio/visualisation/567669/embed 
<https://public.flourish.studio/visualisation/567669/embed> ]

Trattasi tuttavia di una fonte "di parte" e che necessita di riscontro. Ecco 
perché la "Mappa delle vittime delle guerre 1991-2001 sul territorio della ex 
Jugoslavia   <http://zrtveratovasfrj.info/site/home/hr-HR>" presentata a 
Dubrovnik lo scorso 20 dicembre   
<https://www.documenta.hr/hr/mapa-%C5%BErtava-ratova-1991.-2001.-na-podru%C4%8Dju-nekada%C5%A1nje-sfrj.html>,
 è di estrema importanza. Un’iniziativa nata nell’ambito della coalizione REKOM 
<https://www.balcanicaucaso.org/aree/Balcani/Ex-Jugoslavia-i-politici-non-vogliono-la-verita-sulle-guerre-di-dissoluzione-195486>
 e che si basa sulla collaborazione tra enti che da anni raccolgono dati: 
"Documenta   <https://www.documenta.hr/hr/naslovnica.html>- Centro per il 
confronto con il passato" ("Documenta – Centar za suočavanje s prošlošću"), 
"Fond za humanitarno pravo"   <http://www.hlc-rdc.org/>(Centro per il diritto 
umanitario) di Belgrado e di Pristina, "Associazione per la giustizia, la 
responsabilità e la memoria di transizione   
<https://tranzicijska-pravda.org/>" ("Udruženja Tranzicijska pravda, 
odgovornost i sjećanje") di Sarajevo. Il lavoro è complesso e richiede 
l’incrocio di informazioni tra questi enti, ma anche con enti governativi e 
altre realtà della società civile.

 <>Crimini e processi

Un terzo punto, molto importante, è il mancato riconoscimento di giustizia alle 
vittime di quei giorni, e dunque il problema dei crimini di guerra rimasti di 
fatto impuniti.

A novembre 2012 il nostro corrispondente dalla Croazia, Drago Hedl, alla 
notizia dell’assoluzione in appello da parte del Tribunale dell’Aja dall’accusa 
di crimini di guerra dei due generali dell’esercito croato, Ante Gotovina e 
Mladen Markač – condannati nel 2011   
<http://www.icty.org/x/cases/gotovina/tjug/en/110415_summary.pdf>in primo grado 
rispettivamente a 24 e 18 anni di carcere  - scriveva 
<https://www.balcanicaucaso.org/aree/Croazia/Gotovina-e-Markac-in-liberta-Oluja-senza-colpevoli-126537>:
 “Ora sono ufficialmente diventati ciò che per la maggior parte dei cittadini 
croati erano già prima della sentenza d'appello: eroi e non criminali. La 
notizia della liberazione dei due generali, ha suscitato un grande entusiasmo 
in Croazia. Prima di tutto per la sentenza di assoluzione, poi per la sua 
motivazione: non c’è stata associazione di impresa criminale, non c’è stata 
deportazione degli abitanti di nazionalità serba, non c’è stato eccessivo 
bombardamento di Knin”.

Questa sentenza ha gettato un’ombra sul forte valore politico delle parole 
pronunciate nell’ottobre 2010   
<http://www.rts.rs/page/stories/sr/story/11/region/775456/josipovic-osudio-zlocin-nad-srbima..html>dall’allora
 presidente croato Ivo Josipović, alla posa del primo monumento in memoria 
delle vittime civili serbe durante Oluja, nel villaggio di Varivode: “La 
vendetta, il saccheggio e il crimine è inammissibile e non possiamo pulire il 
sangue versato, né lavare la vergogna per ciò che è stato fatto. La Croazia era 
vittima di un’aggressione e aveva il diritto di difendersi, ma questo crimine 
non doveva accadere. La responsabilità dei perpetratori non deve essere messa 
in discussione: vanno condannati”.

In Croazia continua ad esserci chi lavora per assicurare verità e giustizia, 
come Documenta   
<https://www.documenta.hr/hr/vra-oluja-stradanja-civila-i-branitelja-na-podru%C4%8Dju-biv%C5%A1e-op%C4%87ine-oto%C4%8Dac.html>di
 Zagabria: oltre a raccogliere dati e per creare un database sulle vittime 
civili dei conflitti degli anni '90, offre assistenza legale ai familiari nei 
procedimenti per crimini o per la restituzione dei beni, e realizza percorsi di 
confronto con il passato.

Tra i tanti, vale citare il caso di due dei nove anziani serbi uccisi a 
Varivode il 28 settembre 1995, genitori di Jovo Berić che in un’intervista   
<https://www.lupiga.com/vijesti/potresna-svjedocanstva-srpskih-povratnika-kako-je-i-gdje-hrvatska-vojska-ubijala-srpske-civile-nakon-oluje>dell’estate
 del 2012 aveva sottolineato: “Hanno fatto molto di più le parole di Josipović 
nel far prendere coscienza pubblica dei crimini perpetrati durante e dopo 
Oluja, della condanna in primo grado emessa dal Tribunale dell’Aja a carico dei 
due generali”.

Jovo, assieme alla sorella, ha cercato giustizia per anni. I genitori Radivoje 
e Marija Berić erano stati uccisi di notte nelle loro case da un gruppo di 
soldati, ad oggi non si sa se regolari o meno. I corpi erano stati seppelliti 
nella fossa comune del cimitero di Knin e solo nel 2001 sono stati esumati per 
l’identificazione. Per l’uccisione dei nove anziani, tutti serbi di Croazia, 
sono stati portati a processo sei militari, poi assolti. Le indagini sono state 
riaperte a carico di ignoti presso il Tribunale di Šibenik e in seguito, la 
Corte suprema croata ha sentenziato   
<http://www.novilist.hr/Vijesti/Hrvatska/Vrhovni-sud-Hrvatska-je-odgovorna-za-zlocin-u-Varivodama>che
 la Repubblica di Croazia è responsabile della morte dei nove serbi del 
villaggio di Varivode, dichiarando: “Due mesi dopo la fine dell’operazione 
Tempesta, è stato perpetrato un atto di terrorismo contro civili serbi di 
Varivode, con l’intento di seminare il terrore e diffondere sentimenti di 
insicurezza tra i cittadini”. Per questo è stato loro riconosciuto un 
indennizzo di 540mila Kune (74mila euro).

E sono ancora tanti coloro che ad oggi non hanno ottenuto giustizia nelle aule 
di un tribunale né un risarcimento in denaro oltre che il ritrovamento dei 
resti dei propri familiari. È Documenta, di Zagabria, a denunciare la 
situazione nel suo comunicato del 1° agosto   
<https://www.documenta.hr/hr/vra-oluja-24-godine-poslije.html>scorso: “A 24 
anni da Oluja la magistratura croata ha sollevato tre accuse per crimini di 
guerra perpetrati su serbi della Krajina, contro sette soldati dell’Esercito 
croato e delle forze di polizia. Solo in due processi si è arrivati alla 
condanna: per i crimini contro civili nel villaggio di Mandić e di Prokljan   
<https://www.documenta.hr/hr/zlo%C4%8Din-u-prokljanu-i-mandi%C4%87ima.html>(tra 
il 9 e l’11 agosto 1995)". Procedimenti legali che proseguono a rilento e che 
in pochi casi hanno portato a una condanna.

A 24 anni di distanza almeno un gruppo di giovani croati e serbi hanno voluto 
manifestare insieme: nei giorni di questo anniversario hanno ricordato da un 
lato l'eccidio di civili a Ovčara 
<https://www.balcanicaucaso.org/aree/Croazia/Vukovar-20-anni-dopo-107685>, 
perpetrato dalle truppe della JNA e di paramilitari serbi alla caduta della 
città di Vukovar, e dall'altra le vittime di Oluja. Gettando una timida luce in 
un buio panorama di negazione, rimozione o addirittura revisione della storia.



=== 5 ===

https://www.eastjournal.net/archives/99676 
<https://www.eastjournal.net/archives/99676>

CROAZIA: UN’ESTATE SEGNATA DA AGGRESSIONI VERSO LA MINORANZA SERBA

Tommaso Meo  23 Settembre 2019

A fine agosto in Croazia si sono verificati due episodi gravi di danneggiamenti 
e aggressioni, verbali e fisiche, verso persone appartenenti alla minoranza 
serba del paese. Si tratta solo degli ultimi esempi di attacchi su base etnica 
contro serbi in Croazia, il che mette in luce come il rispetto delle minoranze 
e i rapporti tra i croati e la minoranza serba sono ancora nodi irrisolti nel 
paese.

I fatti di agosto

Il 21 agosto nel villaggio 
<https://balkaninsight.com/2019/08/22/croatian-serbs-attacked-by-masked-assailants-in-two-bars/>
 di Uzdolje, nei pressi di Knin, una dozzina di persone a volto coperto ha 
fatto irruzione in un bar, gestito da serbi, che trasmetteva il preliminare di 
Champions League tra la Stella Rossa di Belgrado e gli svizzeri dello Young 
Boys. Gli uomini hanno insultato con frasi discriminatorie e razziste i 
presenti e li hanno aggrediti con mazze e bastoni. Il bilancio è stato di 
cinque feriti lievi. Venti minuti dopo, nella vicina Đevrske, la polizia ha 
ricevuto notizia di un altro bar preso d’assalto e danneggiato, questa volta 
senza feriti.

Secondo quanto riporta la stampa croata, gli autori sarebbero tutti tifosi 
della squadra di calcio dell’Hajduk di Spalato, città che dista un centinaio di 
chilometri dal luogo delle aggressioni. Sono stati identificati e ora rischiano 
dai sei mesi ai cinque anni di prigione.

I precedenti 

I fatti della fine di agosto non sono però dei casi isolati. Proprio a Spalato, 
il 9 febbraio, tre giocatori della Stella Rossa di Belgrado di pallanuoto sono 
stati attaccati da un gruppo di uomini, mentre il 9 giugno è toccato a quattro 
lavoratori stagionali dell’isola di Brač, bersaglio di alcuni ultras 
dell’Hajduk. Due delle vittime erano serbi di Croazia.

Il 10 giugno, poi, è morto Radoje Petkovič, il politico serbo picchiato a 
sangue settimane prima da un veterano di guerra croato a Viškovo, nei pressi di 
Rijeka. A inizio estate, ancora a Spalato, un uomo serbo è stato aggredito per 
un tatuaggio, giudicato provocatorio: il nome della città di Knin, in caratteri 
cirillici.

Tensioni storiche e odio ultrà

I serbi in Croazia sono il 4% del totale della popolazione, secondo il 
censimento del 2011, ma non hanno mai smesso di sentirsi mal sopportati, a più 
di vent’anni dalla fine delle ostilità, anche a causa della narrazione 
profondamente nazionalista che ha caratterizzato la nascita dello stato croato. 
La costituzione del 1990 relega infatti i serbi a minoranza, e quindi non più 
uno dei popoli costituenti della Repubblica al pari dei croati, come sanciva la 
precedente costituzione socialista. Le tensioni politiche tra Zagabria e 
Belgrado negli anni si sono riverberate nei rapporti tra le due comunità, 
infiammati in molti casi dalle frange più nazionaliste.

Molto spesso lo sport, e il calcio <https://www.eastjournal.net/archives/29590> 
in particolare, è stato il terreno in cui è sfociato l’odio etnico. A fine 
agosto, ad esempio, qualche giorno prima della partita di ritorno tra Stella 
Rossa e Young Boys, davanti allo stadio Marakana di Belgrado, è comparso anche 
un carro armato T-55della JNA, l’armata federale jugoslava, messo lì dalla 
società per “sostenere i giocatori”. In un momento in cui la tensione tra i due 
stati era palpabile l’episodio è stato considerato da Zagabria come una 
provocazione, dato che carri armati di quel tipo erano stati usati durante 
l’assedio della città croata di Vukovar 
<https://www.eastjournal.net/archives/22280> nel 1991.

A questa provocazione, i “Bad Blue Boys”, principale gruppo del tifo 
organizzato della Dinamo Zagabria, ha risposto posizionando davanti allo stadio 
Maksimir un vecchio trattore 
<http://rs.n1info.com/Region/a521040/Navijaci-Dinama-postavili-stari-traktor-ispred-Maksimira.html>,
 schernendo quindi quelle migliaia di famiglie serbe che fuggirono dalla 
Croazia in seguito all’operazione “Oluja” 
<https://www.eastjournal.net/archives/64433> del 1995 a bordo dei veicoli 
agricoli.

Richiesta di uguaglianza

Il tema del rapporto tra lo stato croato e la minoranza è stato riportato 
all’attenzione dell’opinione pubblica durante la campagna elettorale 
<https://www.eastjournal.net/archives/98342?fbclid=IwAR3Keoi8CWkAOqSrKn7YR-jdJqNw-miYyJylmozhxbhcUZQ2Vn2a_Jcv22Q>
 per le elezioni europee di fine maggio grazie al Partito democratico 
indipendente serbo (SDSS), la forza politica che in Croazia rappresenta la 
minoranza serba, guidato da Milorad Pupovac. Sui manifesti elettorali del 
partito campeggiavano slogan come “Sapete com’è essere serbi in Croazia?”, 
oppure “Jednaki” (“Uguali”), scritti però in cirillico e accostati a bandiere 
croate. Molti hanno subito atti vandalici, sono stati strappati o coperti con 
scritte e simboli inneggianti agli ustascia, il movimento fascista croato 
durante la Seconda guerra mondiale.

L’SDSS ha poi preso il 2,66% dei voti, un buon risultato ma non abbastanza per 
superare lo sbarramento del 5%, soglia alzata dal precedente 3% proprio 
dall’HDZ. Grazie però alla campagna di comunicazione originale e coraggiosa la 
richiesta di uguaglianza da parte della minoranza serba ha avuto una grande 
risonanza.

Le reazioni della politica

Il premier croato Andrej Plenković, dell’Unione Democratica Croata (HDZ), ha 
subito condannato i fatti di Knin, mentre meno limpida è stata la presidente 
della repubblica Kolinda Grabar-Kitarović, che si è riservata di commentare gli 
episodi nel dettaglio solo dopo il resoconto della polizia. Grabar-Kitarović ha 
però sostenuto che non per forza un episodio che veda coinvolti serbi e croati 
debba essere definito come “motivato etnicamente”.

Il leader del Partito socialdemocratico (SDP) Davor Bernardić, all’opposizione, 
ha rimarcato il susseguirsi di attacchi a sfondo etnico durante l’attuale 
governo. Un esecutivo che, secondo Bernardić, “Tollera l’uso del saluto 
ustascia Per la patria, pronti <https://www.eastjournal.net/archives/82221>!”.

Pupovac stesso, che sostiene il governo, ha duramente criticato i tentativi di 
riabilitare l’ideologia ustascia, nonostante abbia ammesso che con l’arrivo di 
Plenković “alcuni trend negativi” siano stati bloccati temporaneamente. Ora 
però, secondo Pupovac, la Croazia si sta trasformando “in un fattore di 
instabilità nella regione”. Dichiarazioni che hanno mandato su tutte le furie 
il premier, che ha rivendicato i passi fatti per ridurre la polarizzazione 
delle società croata, invitando Pupovac a non contribuire ad alimentare le 
tensioni.

In un momento in cui la Croazia si appresta a entrare nello spazio Schengen e 
ad assumere la presidenza semestrale di turno al Consiglio dell’Unione, i casi 
di discriminazione e violenza verso la minoranza serba non sono un problema di 
poco conto, che lo stato dovrà dimostrare di affrontare con ben altra fermezza.


---

https://www.balcanicaucaso.org/aree/Croazia/Croazia-tensioni-e-violenze-nei-confronti-della-minoranza-serba-196306/
 
<https://www.balcanicaucaso.org/aree/Croazia/Croazia-tensioni-e-violenze-nei-confronti-della-minoranza-serba-196306/>

Croazia: tensioni e violenze nei confronti della minoranza serba

Una serie di attacchi contro membri della minoranza serba di Croazia destano 
preoccupazione. Sia l'opposizione che il partito della minoranza serba che 
appoggia il governo Plenković temono la situazione degeneri


29/08/2019 -  Giovanni Vale  
<https://www.balcanicaucaso.org/Autori/(author)/Giovanni%20Vale>Zagabria 
A che punto è la convivenza tra croati e serbi in Croazia? I fatti degli ultimi 
giorni, che hanno registrato una serie di attacchi a membri della minoranza 
serba in diverse località del paese, fanno pensare che l’ultimo stato membro 
dell’Unione europea non sia ancora riuscito ad instaurare un modus vivendi 
stabile e sereno tra le due comunità e questo, a quasi trent’anni dalla fine 
delle ostilità con la Serbia. Al contrario, il leader del Partito serbo 
democratico indipendente (SDSS), Milorad Pupovac, parla di un paese, la 
Croazia, che si sta trasformando "in un fattore di instabilità per la regione" 
e nel quale la tolleranza inter-etnica «non è buona». La reazione sdegnata del 
Primo ministro Andrej Plenković alle parole di Pupovac non cambia la realtà 
delle cose: a pochi mesi dall’assunzione del semestre di presidenza europeo, la 
Croazia mostra di avere un problema con la minoranza serba.

 <>Attacchi a Knin

L’ultima ondata di tensioni con la comunità serba è iniziata circa una 
settimana fa, lo scorso 21 agosto, quando in due villaggi nei pressi di Knin 
sono stati registrati due violenti attacchi. A Đevrske, due persone di età 
compresa tra i 25 e i 28 anni hanno insultato (usando dispregiativi etnici) i 
gestori di un bar in cui si stava guardando la partita di Champions League tra 
la Stella Rossa di Belgrado e gli svizzeri della Young Boys.

In contemporanea, nella vicina Uzdolje, una dozzina di persone sono entrate a 
volto coperto in un altro bar e, armati di mazze e un machete, hanno preso 
d’assalto il locale. Cinque persone sono rimaste lievemente ferite, tra cui un 
bambino di nove anni. Se i due assalitori di Đevrske sono stati immediatamente 
riconosciuti ed arrestati, per il caso di Uzdolje c’è voluto più tempo. Ma 
mercoledì 28 agosto, otto persone sono finite in manette con l’accusa di 
violenza armata (tutti ultrà dell’Hajduk di Spalato). Secondo quanto riportato 
dalla stampa croata, rischiano dai sei mesi ai cinque anni di prigione.

La violenza dei fatti di Knin ha inevitabilmente scatenato un dibattito 
politico sul caso. Davor Bernardić, il leader del Partito socialdemocratico 
(SDP), all’opposizione, ha dichiarato che "purtroppo, questi sono solo alcuni 
degli attacchi contro i serbi di Croazia registrati sotto questo governo". "La 
cosa non mi stupisce - ha proseguito Bernardić - perché siamo di fronte ad un 
esecutivo che tollera l’uso del saluto ustascia Per la patria, pronti!".

Intervenendo all’indomani degli attacchi, il premier Andrej Plenković ha 
espresso una ferma condanna, augurandosi un’inchiesta rapida. Plenković ha 
anche sottolineato come il proprio esecutivo sia sostenuto dalle minoranze 
nazionali, a dimostrazione - dice - dell’attenzione che porta a queste 
tematiche. Meno chiara, la capo di Stato Kolinda Grabar-Kitarović (candidata 
alle presidenziali di fine anno) ha detto: "Condanno ogni violenza, ma 
commenterò l’incidente di Knin dopo che avrò ricevuto una relazione dettagliata 
della polizia".

 <>Violenza a Fiume?

Il dibattito attorno ai fatti di Knin non si era ancora spento che ecco un 
nuovo caso venire a turbare le relazioni tra serbi e croati. A Viškovo, nei 
pressi di Fiume, la lite tra un 70enne serbo e un 42enne croato per delle 
questioni di parcheggio si sarebbe trasformata, sabato 24 agosto, in una 
violenza fisica su base etnica. Il condizionale, però, è d’obbligo in questo 
caso perché, stando a quanto riporta la stampa croata, Matko Škalamere, un 
impiegato del soccorso alpino croato, assicura di non aver mai toccato 
l’anziano vicino di casa, tantomeno di averlo insultato perché serbo. E questo 
mercoledì, il tribunale di Fiume, sentiti tutti i testimoni, ha deciso di 
rimettere in libertà Škalamere, inizialmente sottoposto a un fermo di trenta 
giorni. Il caso potrebbe dunque ritenersi chiuso, se non fosse che l’Armada, il 
gruppo che riunisce gli ultrà di Fiume, ha organizzato mercoledì sera una 
manifestazione di sostegno a Škalamere, allungando così ulteriormente una 
vicenda forse durata già troppo.

Queste vicende mostrano dunque bene quale sia lo stato dei rapporti tra serbi e 
croati in Croazia e quanto poco basti a fare di un battibecco tra vicini una 
questione nazionale, destinata a finire in prima pagina dei maggiori 
quotidiani. Dopo che nel febbraio scorso tre giocatori della squadra di 
pallanuoto belgradese Stella Rossa erano stati attaccati a Spalato (con uno di 
loro che si era gettato in acqua per fuggire agli assalitori) e dopo che ad 
inizio estate un altro serbo era stato aggredito nella città dalmata perché 
aveva su di sé "un tatuaggio provocatorio" (la menzione di Knin in cirillico e 
una citazione dell’imperatore serbo Lazar), quest’estate pare non sia passata 
settimana senza che si parlasse di minacce o attacchi ai serbi, o semplicemente 
senza che fosse questione, sulla stampa, dello stato della minoranza serba, che 
si vede malvista, se non apertamente presa di mira.

 <>Nuove tensioni

È probabilmente a questo stato delle cose che pensava Milorad Pupovac durante 
la sua intervista al portale bosniaco Radiosarajevo.ba sabato scorso. Il 
presidente del Partito serbo democratico indipendente (SDSS), che pur sostiene 
con il suo voto il governo conservatore di Zagabria, ha dichiarato che 
nonostante alcuni trend negativi siano stati fermati "temporaneamente" con 
l’arrivo di Andrej Plenković al governo, "negli ultimi due o tre mesi, notiamo 
un crescente numero di atti di violenza nei confronti di persone, delle loro 
proprietà o del loro background etnico".

È per questo, spiega Pupovac, che "la Croazia sta diventando un fattore di 
instabilità nella regione", dati i continui tentativi di riabilitare 
l’ideologia ustascia. Queste affermazioni hanno fatto saltare sulla sedia il 
Primo ministro, che ha indetto una riunione urgente dell’HDZ e ha dichiarato 
che considera "inappropriate e inammissibili le frasi del nostro alleato, che 
suggeriscono che la Croazia sia un fattore di instabilità e la comparano allo 
Stato indipendente di Croazia (NDH)".

"Tutto quello che abbiamo fatto negli ultimi tre anni aveva come obiettivo la 
riduzione della polarizzazione della società croata", ha proseguito Plenković 
che ha chiesto a Pupovac di non contribuire a dividere ulteriormente la società 
croata.

Mercoledì, il leader dell’SDSS ha chiuso il battibecco annunciando di non voler 
fare ulteriori commenti, ma intanto altri fatti sono purtroppo venuti a turbare 
le relazioni serbo-croate. A Belgrado, la celebre squadra di calcio Stella 
Rossa ha deciso di piazzare un carro armato davanti al proprio stadio, al fine 
di sostenere i giocatori, impegnati nella gara di ritorno contro gli svizzeri 
della Young Boys.

Il mezzo in questione è un T–55 sovietico, di quelli che aveva in dotazione 
l’armata federale jugoslava (Jna) e che furono usati anche durante le guerre 
degli anni Novanta. Inutile dire che per la stampa croata, il T–55 suona come 
una provocazione, legata all’assedio di Vukovar. Jutarnji List, ad esempio, ha 
ricordato come, appena due anni fa, i tifosi della squadra di basket Stella 
Rossa avevano già sventolato uno striscione con la scritta «Vukovar» mentre 
dagli spalti campeggiava proprio il disegno di un carro armato.

Un gesto puramente «sportivo» rispondono dalla Stella Rossa di Belgrado, con 
tanto di intervento del ministro dell’Interno serbo Nebojša Stefanović che ha 
assicurato che non ci sono gli estremi per la rimozione del mezzo che "non ha 
più niente di esplosivo".

Intanto, però, per la minoranza serba che vive in Croazia, l’iniziativa della 
squadra di calcio belgradese non aiuta di certo. In un susseguirsi di attacchi 
e provocazioni etniche, spesso firmate da tifosi di calcio, la politica croata 
avanza a scossoni, cercando di tenere la barra al centro mentre cresce 
nuovamente il peso dell’estrema destra. Allo storico croato Hrvoje Klasić, un 
gruppo che si è firmato «gli ustascia» ha appena scritto in una lettera: 
"Verremo al tuo funerale in camicia nera e grideremo Per la Patria, pronti!". 
La situazione è ormai più che seria nell’ultimo stato membro dell’Unione..



=== 6 ===

Auf Deutsch: DIE NÄCHSTE EU-RATSPRÄSIDENTSCHAFT (GFP, 21.11.2019)
Schwere Vorwürfe wegen rassistischer Attacken, offizieller Ehrungen für 
NS-Kollaborateure und exzessiver Polizeigewalt gegen Flüchtlinge begleiten die 
Vorbereitungen Kroatiens auf die Übernahme der EU-Ratspräsidentschaft zum 1. 
Januar 2020. Am gestrigen Mittwoch hielt sich Bundeskanzlerin Angela Merkel in 
Zagreb auf, um die im Rahmen der kroatischen Ratspräsidentschaft anstehenden 
Aufgaben mit Ministerpräsident Andrej Plenković zu besprechen. Die kroatische 
Regierung will sich unter anderem darum bemühen, die Abwehr von Flüchtlingen 
effizienter zu gestalten. Kroatiens Grenzpolizei schiebt schon seit Jahren 
Flüchtlinge in hoher Zahl und unter Einsatz brutaler Gewalt völkerrechtswidrig 
nach Bosnien-Herzegowina ab. Zudem hat der Europarat dem Land eine Zunahme des 
Rassismus und der Verherrlichung des faschistischen Ustaša-Regimes bescheinigt. 
Eine populäre Gedenkveranstaltung zur Erinnerung an kroatische 
NS-Kollaborateure findet unter dem "Ehrenschutz" des Zagreber Parlaments 
statt...
https://www.german-foreign-policy.com/news/detail/8112/ 
<https://www.german-foreign-policy.com/news/detail/8112/>

https://www.german-foreign-policy.com/en/news/detail/8114/ 
<https://www.german-foreign-policy.com/en/news/detail/8114/>

The Next EU Council Presidency

21.11.2019

ZAGREB/BERLIN(Own report) - Serious accusations are being made concerning 
racist attacks, official commemorations honoring Nazi collaborators and 
excessive police brutality against refugees are accompanying Croatia's 
preparations for taking over the Presidency of the EU Council on January 1, 
2020. Chancellor Angela Merkel visited Zagreb, yesterday, for consultations 
with Prime Minister Andrej Plenković about the duties he must assume in the 
context of Croatia's council presidency. The Croat government will also seek to 
ward off refugees more efficiently. For years, Croatia's border police have 
been using brute force to deport large numbers of refugees to Bosnia 
Herzegovina, in violation of international law. In addition, the Council of 
Europe has certified that the country is experiencing an increase in racism and 
glorification of the fascist Ustaša regime. One of the popular commemoration 
ceremonies honoring Croat Nazi collaborators is celebrated under the 
"patronage" of Croatia's parliament in Zagreb.

Merkel in Zagreb

Yesterday, German Chancellor Angela Merkel discussed Croatia's EU Council 
presidency with Prime Minister Andrej Plenković, which his country assumes on 
January 1, 2020. Berlin will "wholeheartedly and fully support the agenda of 
Croatia's presidency," the chancellor proclaimed. We are pursuing "the same 
priorities" and will continue "to maintain very close contact."[1] Besides 
regulating Britain's exit from the EU, the priorities will also include the 
adoption of an EU budget, and the launching of admission negotiations with 
Albania and North Macedonia - against France's opposition. Paris had recently 
blocked the initiation of negotiations.

Praise for the Ustaša

Last year, the European Commission against Racism and Intolerance (ECRI) has 
issued a damning report on Croatia, the country assuming the presidency of the 
EU Council on January 1, 2020. According to the commission's report published 
May 15, 2018, "racist and intolerant hate speech" is escalating in Croatian 
public discourse. The anti-racism commission names "Serbs, LGBT persons and 
Roma" as the "main targets."[3] Television channels were also found to contain 
racist comments, for example, Zagreb’s Z1 TV channel, warned that children, who 
walk near the Serbian Orthodox Cathedral in Zagreb could become "victims of 
Četnikslaughter." In fact, the Serbian Orthodox Church in Croatia suffered 20 
incidents of vandalism in 2016 alone. Already in 2014, Croat national 
chauvinists assaulted a cafe in Vukovar, a border town with a large Serbian 
minority population and the café owners sustained serious injuries. The ECRI 
also reported that there is a growing rise of Croat nationalism, "particularly 
among the youth," which primarily takes the form of "praising the fascist 
Ustaša regime." Croatia's national soccer team aroused international attention 
during the 2018 World Cup Championships, when they bellowed out songs with 
Ustaša lyrics.[4]

With the Parliament's "Patronage"

References to the Ustaša are anything but incidental. During the preparations 
for Croatia's secession from Yugoslavia - and especially during the war of 
secession in the first half of the 1990s - for many separatists, the former 
Ustaša fascism had played an important role, as a major ideological point of 
reference. This was especially promoted by Franjo Tuđman, Croatia's president 
at the time, who was enjoying active support from the Federal Republic of 
Germany for Croatia's attempts to secede from Yugoslavia. 
(german-foreign-policy.com <http://german-foreign-policy.com/> reported.[5]) 
Veneration of the Ustaša has since lived on in segments of Croatia's 
population. For example in Bleiburg (Austria) close to the Slovenian border, a 
large commemoration ceremony is annually held in honor of the Croatian Nazi 
collaborators, numbering in the five-digits, who had been executed by Yugoslav 
partisans for their crimes during their collaboration with the Nazis. The 
Bleiburg Ustaša commemoration has been under the patronage of the Croatian 
Conference of Bishops since 2003, and now, under the "patronage" of the 
Croatian parliament as well. Last year, for example, a denier of the mass 
murders carried out at the Ustaša's Jasenovac Concentration Camp, and a speaker 
at a meeting of the NPD (the neo-Nazi National Democratic Party of Germany) 
were among the participants. The ceremony is regularly visited by high-ranking 
politicians, including ruling Croatia's HDZ party ministers. Last year, Prime 
Minister Plenković excused his absence, explaining that on that particular day, 
he would be welcoming a very prominent politician at his party's election 
campaign rally - Chancellor Merkel.

Banned Concerts
Merkel's May 18 appearance in Croatia's EU election campaign created a stir.. 
The 29-year-old HDZ top candidate, Karlo Ressler, praised the Bleiburg Ustaša 
commemoration in the German chancellor's presence at the rally. The HDZ - 
which, in the framework of the European People's Party (EPP), closely 
cooperates with the CDU - also intoned Croatia's popular song "Lijepa li si". 
Prime Minster Plenković enthusiastically and Chancellor Merkel politely clapped 
to the rhythm. "Lijepa li si" was composed by Marko Perković (artist's name 
"Thompson"), a highly popular singer in Croatia, who repeatedly sings praises 
to the Ustaša. Therefore, his concerts at times were banned in other countries 
- including Germany. "Lijepa li si" is a national chauvinist anthem that also 
claims Herceg-Bosna as part of Croatia. The region is part of neighboring 
Bosnia-Herzegovina. After Merkel clapped in rhythm, letters of protest arrived 
in Germany's Sarajevo embassy. As an excuse, Berlin explained that Merkel, who 
does not have command of the Croatian language, had simply no idea of the 
song’s national chauvinist contents.

"A Bit of Violence"

Croatia, known for its racist and national chauvinist outbursts, is planning to 
make the warding off of refugees one of its priorities during its EU Council 
Presidency. Since quite some time, the country has been under heavy criticism, 
because, since 2016, its forces of repression have been carrying out illegal 
summary collective expulsions to Bosnia-Herzegovina, often with brute force. 
Human Rights Watch has documented that numerous refugees, including children, 
have been beaten and kicked by Croatian border guards. Some had been forced to 
run the gauntlet between lines of Croatian police officers. The deportations, 
which are in violation of international law, are often carried out "in remote 
border areas," and refugees were "at times, forced to cross freezing streams," 
Human Rights Watch reports.[6] An incident is currently under investigation, in 
which a refugee suffered a serious gunshot wound from the weapon of a Croatian 
police officer.[7] Asked about police violence at the border, Croatia’s 
President Kolinda Grabar-Kitarović declared in an interview last July, "of 
course there is a bit of violence, when you expel someone." However, "the 
minister of the interior, the chief of police and the local police" had assured 
her "that they did not use too much violence."[8]

 
[1] Pressekonferenz von Bundeskanzlerin Merkel und dem kroatischen 
Ministerpräsidenten Andrej Plenković in Zagreb. 20.11.2019.

[2] See also Collateral Damages in the Power Struggle 
<https://www.german-foreign-policy.com/en/news/detail/8079/>.

[3] ECRI Report on Croatia (fifth monitoring cycle). Strasbourg. Adopted on 21 
March 2018. Published on 15 May 2018.

[4], [5] See also Palatable Slogans 
<https://www.german-foreign-policy.com/en/news/detail/7670/>.

[6] EU: Push-Backs an kroatischer Grenze beenden. hrw.org <http://hrw.org/> 
08.11.2019.

[7] Polizeischuss verletzt Migrant. zdf.de <http://zdf.de/> 17.11.2019.

[8] Andrea Beer: "Natürlich gibt es Gewalt, wenn man Menschen abschiebt". 
ard-wien.de <http://ard-wien.de/> 12.07.2019.



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