Il saggio di Riccardo Lolli è anche disponibile, corredato di fotografie, in 
formato PDF <http://www.cnj.it/home/images/DOCS/RadneAkcije_Lolli2020.pdf>: 
http://www.cnj.it/home/images/DOCS/RadneAkcije_Lolli2020.pdf

Sulle "Brigate giovanili di lavoro" (Radne akcije) si veda anche qui 
<http://www.cnj.it/valori.htm#radneakcije>: 
http://www.cnj.it/valori.htm#radneakcije

Dello stesso Autore sul nostro sito si vedano anche: I "Battaglioni speciali" a 
L'Aquila 
<http://www.cnj.it/home/it/valori/partigiani/9235-i-battaglioni-speciali-posebni-bataljoni-in-abruzzo.html>
 e La presenza degli internati slavi nell'Appennino Aquilano 1942-44 
<http://www.cnj.it/PARTIGIANI/JUGOSLAVI_IN_ITALIA/NOVO/testi_lolliAquilano.pdf>
 
Riccardo Lolli

DUE MEDICI PARTIGIANI
NELLE BRIGATE GIOVANILI DI LAVORO

 
Tra il 1946 e il 1947 alcune migliaia di lavoratori, contadini, disoccupati 
lasciano l’Italia e passano illegalmente la frontiera jugoslava. Sono anni 
confusi, di inquietudine e speranza. Anni in cui lo stesso destino di Trieste 
pare oscillare fra Est e Ovest, dove alcuni, forse più di quanti si voglia far 
credere oggi, aspirano alla “settima federativa”, a quella porzione di 
territorio comprendente Trieste e provincia che si vorrebbe far passare sotto 
lo stato jugoslavo. Manca il lavoro, mancano le case, il cibo. Eppure non è 
solo la fame a spingere a questo controesodo, è anche qualcos’altro, qualcosa 
di più: è l’ideale di un mondo diverso, perché “di là era il comunismo, a 
cercare la fortuna”. [1] 
<applewebdata://6962BF57-5ED0-4118-A175-D70FFA10CA3A#_ftn1>
 Così Filip Stefanović sull’emigrazione italiana in corso verso l'appena 
costituita Repubblica federativa socialista jugoslava, in contemporanea con 
l’esodo italiano dall’Istria e dalla Dalmazia, episodio quest’ultimo ormai 
impropriamente legato alla vicenda delle foibe, circostanze entrambe sempre più 
abusate da quanti le considerano bacino privilegiato per un uso politico della 
storia.

 Conclusasi in maniera tormentata la vicenda bellica, obiettivo primario per 
uno sviluppo armonico del nuovo stato jugoslavo era l’innesco di un processo di 
riconciliazione che conducesse i diversi gruppi nazionali a mettere le atrocità 
precedenti alle loro spalle per concentrarsi su un futuro comune di fratellanza 
e di unità che consentisse una rapida rinascita del Paese devastato da un 
quinquennio di guerre.[2] 
<applewebdata://6962BF57-5ED0-4118-A175-D70FFA10CA3A#_ftn2>Riconciliazione che 
doveva necessariamente riguardare anche le comunità italiane, di qui la 
proposta della formazione di gruppi di lavoro volontario binazionali, o 
comunque composti da italiani e sloveni, ma soprattutto l’iniziativa di creare 
brigate giovanili di lavoro, che avrebbero visto la partecipazione anche di 
giovani provenienti da diverse nazioni, promuovendo così una politica di 
fratellanza fra i due Paesi.

 Più in generale, tuttavia, l’esperimento realizzava la riproposizione di una 
nuova ed aggiornata solidarietà internazionale che rimandava alla straordinaria 
esperienza realizzatasi nel corso della liberazione della Jugoslavia 
dall’occupazione nazifascista:

Le immense moltitudini di volontari, che costruirono i grandi impianti 
industriali e l’infrastruttura della Jugoslavia del dopoguerra, con pochi mezzi 
meccanici, ma con entusiasmo e una volontà del tutto inimmaginabile oggigiorno, 
rappresentano un fenomeno che non ci può lasciare indifferenti per quanto lo si 
possa osservare con coinvolgimento o con scetticismo. [3] 
<applewebdata://6962BF57-5ED0-4118-A175-D70FFA10CA3A#_ftn3>
 Nel Paese prostrato dalla guerra il treno costituiva l'unico mezzo per i 
grandi trasferimenti della popolazione, furono così proprio le ferrovie, 
oggetto ricorrente degli attentati partigiani nella guerra di Liberazione, le 
infrastrutture privilegiate nella ricostruzione ed il collegamento ferroviario 
Brčko-Banovići in Bosnia rappresentò il primo grande intervento del lavoro 
volontario dei gruppi giovanili.  Si decise di fare quel tratto perché 
nell'immediato dopoguerra c'era bisogno di trasportare il carbone dalle miniere 
di Banovići verso le grandi città e i centri industriali, ponendo così le basi 
per uno sviluppo intensivo di quel piccolo centro, all’epoca scarno aggregato 
di poche case. Il tracciato, lungo 92 km, venne costruito da maggio a novembre 
del 1946 grazie al lavoro di 62.268 membri delle brigate.

 L’anno successivo fu la volta del tracciato del tronco ferroviario lungo 240 
km della Šamac–Sarajevo lungo il fiume Bosna, dando così un notevole impulso 
alla estrazione di carbone e ferro: le miniere della Bosnia Erzegovina non 
sarebbero più restate isolate dal resto del paese e «l’Unità» poteva titolare 
con condivisibile soddisfazione: La ferrovia dei 90.000 giovani è stata varata 
in soli quattro mesi -Trenta nazioni hanno collaborato alla grandiosa 
realizzazione.[4] <applewebdata://6962BF57-5ED0-4118-A175-D70FFA10CA3A#_ftn4>
Ma l’opera dei 90mila volontari non si era limitata alla costruzione della 
ferrovia. Man mano che avanzavano nella posa dei binari, i giovani 
ricostruivano villaggi, dissodavano terreni, bonificavano paludi, regolavano 
fiumi e canali e costruivano numerose strade rotabili migliorando tutta la 
viabilità della regione. «È, insomma, un grandioso complesso di lavori – 
proseguiva l’articolista de «l’Unità» - dovuto essenzialmente alla tenacia e 
all'entusiasmo delle giovani generazioni ed alla loro fiducia in un avvenire di 
pace e di benessere per tutto il paese.»[5] 
<applewebdata://6962BF57-5ED0-4118-A175-D70FFA10CA3A#_ftn5>
 Giovani stranieri, quantificati dal maresciallo Tito nel discorso di 
inaugurazione in 6.000 unità, avevano portato il loro contributo alla 
costruzione della Šamac-Sarajevo: greci, albanesi, bulgari, danesi, svedesi, 
rumeni, polacchi, cecoslovacchi, francesi, italiani e fra loro anche futuri 
dirigenti politici della sinistra come Luciana Castellina[6] 
<applewebdata://6962BF57-5ED0-4118-A175-D70FFA10CA3A#_ftn6> e due giovani 
medici marsicani tempratisi al fuoco della Resistenza, Dario Spallone e Igino 
D’aroma, nomi di battaglia rispettivamente Persiano ed Egidio. Studenti 
universitari nella capitale ed impegnati a ricostruire il nucleo comunista 
nella Resistenza marsicana, appena scompaginato dall’ondata di arresti che 
aveva coinvolto anche prestigiosi antifascisti romani[7] 
<applewebdata://6962BF57-5ED0-4118-A175-D70FFA10CA3A#_ftn7> con i quali la 
sezione avezzanese operava in contatto, erano stati entrambi attivi dirigenti 
della banda Marsica, raggruppamento che organizzava oltre 200 patrioti. La 
matura consapevolezza dei dirigenti politici e la favorevole vicinanza ai 
centri romani dell’antifascismo, con puntate in zona di emissari nazionali come 
Renato Guttuso e Agostino Novella[8] 
<applewebdata://6962BF57-5ED0-4118-A175-D70FFA10CA3A#_ftn8>, consentì ai 
partigiani marsicani l’organizzazione di una presenza capillare costellata di 
episodi di Resistenza accompagnata, per numerosi quadri combattenti, alla 
crescita politica che, per D’Aroma e Spallone, non si esaurì con i giorni della 
Liberazione ma era destinata a proseguire già con l’adesione alla campagna per 
la ricostruzione della Jugoslavia condividendo la nuova esperienza con i 
coetanei degli altri paesi.

Le difficoltà dei giovani lavoratori, assegnati all’esecuzione dei lavori 
manuali, senza avere a disposizione altri mezzi tecnici che non fossero 
picconi, pale e carriole, venivano superate dall’entusiasmo e la brigata 
italiana fu in grado di realizzare fino al 300 per cento di rendimento sulle 
norme stabilite.

Entusiasmo ben presente nelle memorie dei partecipanti all’iniziativa: «Ricordo 
che cantavamo una canzone che diceva “Noi costruiamo la ferrovia e la ferrovia 
costruisce noi”.»[9] <applewebdata://6962BF57-5ED0-4118-A175-D70FFA10CA3A#_ftn9>
 L’attuazione dei piani di lavoro volontario era indubbiamente sostanziata 
dalla voglia di fratellanza e unità dei popoli che vivevano nella Repubblica 
socialista federale di Jugoslavia, com’era negli obiettivi del governo, ma 
anche da un sentimento più vasto di solidarietà che vedeva nelle imprese del 
lavoro giovanile una prima pratica dell’ideale della società socialista. 
Indubbiamente, per chi, come i due giovani medici marsicani, si era speso nelle 
lotte antifasciste e nella Resistenza, quelle iniziative giovanili costituivano 
un modo per dare corpo alle idee per le quali avevano combattuto e che 
avrebbero continuato ad innervare anche il loro cammino di vita successivo.[10] 
<applewebdata://6962BF57-5ED0-4118-A175-D70FFA10CA3A#_ftn10>
 
NOTE:

[1] <applewebdata://6962BF57-5ED0-4118-A175-D70FFA10CA3A#_ftnref1> Filip 
Stefanović, Il sogno di una cosa, quelli che emigravano da Tito, East 
Journal,10 Gennaio 2011.

[2] <applewebdata://6962BF57-5ED0-4118-A175-D70FFA10CA3A#_ftnref2> «Sulle basi 
di una tra le più arretrate economie d’Europa, in un Paese devastato dalla 
guerra, bisognava costruire a ritmo rapido una nuova, forte economia, come base 
materiale della nuova società, il cui compito principale era quello di 
assicurare ai lavoratori migliori condizioni di vita.» M.SpilJak, Il sistema di 
remunerazione in Jugoslavia, Sezione Jugoslava dell’esposizione internazionale 
del lavoro a Torino, Beograd, 1961,p.7. Era quello l’obiettivo che già nella 
primavera del 1945 il Maresciallo Tito, presidente del Consiglio dei ministri, 
aveva fissato in un discorso programmatico alla radio sui principi di unità cui 
ispirare il nuovo governo. Il discorso di Tito, «Il nostro avvenire», 14 marzo 
1945.

[3] <applewebdata://6962BF57-5ED0-4118-A175-D70FFA10CA3A#_ftnref3> Matja 
Stibilj, La fratellanza italo-slava e le brigate giovanili giuliane di lavoro 
volontario provenienti dalla zona A impegnate in Jugoslavia, «Qualestoria» n. 
1, giugno 2016. Vi si legge anche una descrizione del funzionamento dei campi.

[4] <applewebdata://6962BF57-5ED0-4118-A175-D70FFA10CA3A#_ftnref4> «Quindici 
milioni di giornate lavorative volontarie è il consuntivo della massa di lavoro 
offerta dai giovani lavoratori, che hanno costruito dal 1 aprile di quest'anno 
a oggi 240 chilometri di strada ferrata, 9 tunnel, 16 ponti, 37 stazioni ed 
hanno fatto spostamenti di terra per 4 milioni e mezzo di meri cubi.» 
«L’Unità», 20 novembre 1947.

[5] <applewebdata://6962BF57-5ED0-4118-A175-D70FFA10CA3A#_ftnref5> Ivi

[6] <applewebdata://6962BF57-5ED0-4118-A175-D70FFA10CA3A#_ftnref6> Si era 
iscritta proprio nel 1947 al PCI, partito da cui venne poi radiata nel 1969, 
quando con Magri, Natoli, Parlato, Pintor e Rossanda fondò Il Manifesto. 
Racconta l’esperienza formativa vissuta nelle brigate giovanili nel suo La 
scoperta del mondo, Nottetempo, Roma-Milano, 2011.

[7] <applewebdata://6962BF57-5ED0-4118-A175-D70FFA10CA3A#_ftnref7> Fra gli 
altri Lucio Lombardo Radice e Aldo Natoli. Di famiglia antifascista, aderente 
al movimento liberalsocialista e poi militante nell'organizzazione comunista 
clandestina, durante il regime Lucio Lombardo Radice svolse attività politica a 
Roma, dove la sua casa divenne luogo di incontro di studenti e intellettuali 
avversi alla dittatura. Arrestato nel 1939 e deferito al Tribunale speciale, 
nel 1940 fu condannato a 4 anni di reclusione. Riacquistata la libertà nel '43 
partecipò alla Resistenza romana. Nel dopoguerra divenne membro del Comitato 
centrale del PCI. Docente di matematica all'Istituto "Guido Castelnuovo" 
dell'Università di Roma e studioso di pedagogia, nel 1955 fu nominato 
condirettore della rivista Riforma della Scuola. Anche Natoli fu arrestato con 
il gruppetto di militanti comunisti di Avezzano, deferito al Tribunale speciale 
e condannato a cinque anni di carcere. Alla caduta del fascismo, fu tra gli 
organizzatori della Resistenza romana. Dopo la Liberazione venne eletto 
deputato nelle file del PCI per cinque Legislature. Radiato dal PCI dopo 
l’invasione sovietica della Cecoslovacchia, aderirà al Manifesto.

[8] <applewebdata://6962BF57-5ED0-4118-A175-D70FFA10CA3A#_ftnref8> Sugli 
incontri con i due studenti di medicina avuti da Renato Guttuso, emissario 
politico inviato ad Avezzano nel centro marsicano da Giovanni Amendola, si veda 
Quando Renato Guttuso era “ispettore” partigiano, Rinascita,25 agosto 2000. I 
contatti con Agostino Novella, poi parlamentare PCI e segretario nazionale 
della Cgil, sono descritti in: A. Montonati, Dario Spallone un comunista 
anomalo, San Paolo, Mi, 2001,p.23.

[9] <applewebdata://6962BF57-5ED0-4118-A175-D70FFA10CA3A#_ftnref9> Dopo la 
guerra ho finito il liceo e, la sera stessa della maturità sono partito 
volontario nella brigata istriana Niko Katunar a costruire la ferrovia della 
Giovinezza Samaz-Sarajev. Quella è stata per me un’esperienza bellissima con 
giovani provenienti da tutto il mondo, c’era anche una brigata italiana.

Giulio Cuzzi - IL CANTASTORIE ON LINE          www.rivistailcantastorie.it › 
giulio-cuzzi 
<http://%0dGiulio%20Cuzzi%20-%20IL%20CANTASTORIE%20ON%20LINE%20%20%20%20%20%20%20%20%20%20www.rivistailcantastorie.it%20›%20giulio-cuzzi>
[10] <applewebdata://6962BF57-5ED0-4118-A175-D70FFA10CA3A#_ftnref10> Igino 
D’Aroma (Aielli 1921-Roccadi Mezzo 2018) si trasferirà poi a Napoli dove, con 
l’istituzione delle Usl realizza una collaborazione tra clinica medica e USL 
orientata a studi di fattibilità preventiva. Rinuncia per scelta, malgrado 
importanti sollecitazioni, alla vita politica istituzionale mantenendo rapporti 
politici ed amicali con figure di rilievo del PCI quali Mario Alicata, Clemente 
Mastella, Mario Valenzi, Giancarlo Pajetta, Miriam Mafai, Giorgio Napolitano di 
cui è medico di famiglia.. Fu medico della federazione PCI di Napoli e 
vicepresidente dell’Anpi del capoluogo partenopeo. Nel dettaglio si veda R. 
Lolli, Conversazione con un capo partigiano: Igino D’Aroma, Istituto Abruzzese 
per la Storia della Resistenza e dell’Italia Contemporanea- e Comune di Rocca 
di Mezzo, EditPress,s.d.  e R.Galtieri-R.Lolli, Igino D’Aroma, il partigiano 
Egidio, ANPI Belgique, Avezzano, 2018.

Dario Spallone (Lecce de’ Marsi 1923-Roma 26 luglio 2014) nel 1946 è membro 
della Commissione di lavoro per il Ministero della Costituente, e l’anno 
successivo lo vede impegnato nell’Alto Commissariato per l’Igiene e la sanità 
pubblica. Sarà poi medico ufficiale per un ventennio dell’ambasciata sovietica 
e della legazione di Romania. Con il fratello Mario, medico personale di 
Togliatti, realizzò a Roma e gestì la Nuova Clinica Latina dove morì il suo 
amico Pietro Secchia. Fu presidente della locale sezione Anpi “Fosse Ardeatine” 
e membro del Comitato provinciale dell’Anpi di Roma. Nel dettaglio si veda: A. 
Montonati, Dario Spallone cit., San Paolo, Mi, 2001.


Reply via email to