CRIMINALIZZAZIONE DELL'ANTIFASCISMO

1) GIORNO DEL RICORDO 2020: A TORINO PROVOCAZIONI DA PARTE DI FASCISTI E 
POLIZIA in occasione di una iniziativa di controinformazione 
– 10 settembre Presidio antifascista: Rettore adesso vogliamo risposte!
– 23 luglio: misure cautelari per la "irruzione degli antagonisti 
all'università" (sic)
– 23 febbraio: Per la verità. Appello dell’Assemblea dottorand*, precar* e 
docenti del Campus Luigi Einaudi di Torino sulle violenze della polizia ai 
danni delle studentesse e degli studenti antifasciste\i
– 13 febbraio: Torino. revisionismo fascista e violenza della polizia, il 
rettore rimane in silenzio (Noi Restiamo)

2) DOPO TRIESTE, ANCHE MONFALCONE E GORIZIA HANNO SOSTITUITO IL 12 GIUGNO AL 25 
APRILE
– Sintesi della istituzionalizzazione a Trieste del 12 Giugno come Giornata 
della Liberazione dall'Antifascismo
– La falsificazione della Storia mediante l'indizione (tutta politica) di 
ricorrenze incongrue (La Nuova Alabarda, 15.6.2020)
Sul Discorso del sindaco di Monfalcone Anna Cisint in occasione della 
ricorrenza farlocca del 12 giugno
– Da quest'anno Gorizia ricorderà la liberazione ... dall'occupazione titina 
(TeleFriuli, 9 giugno 2020)

3) ADOZIONE NELLE SCUOLE DI PUBBLICAZIONI FASCISTE
– Foiba rossa. È questa l'immagine della violenza alle donne che si vuole dare 
a scuola? (Nicoletta Mandolini)
– Proteste del PRC per l'adozione in tutte le scuole superiori piemontesi di un 
libro sulle foibe edito da una casa editrice contigua ad ambienti neofascisti
– L’impatto del Giorno del Ricordo nelle scuole (Marco Noris)


=== 1: I FATTI DI TORINO ===

19 misure cautelari sono state comminate in luglio a Torino contro altrettanti 
antifascisti per i fatti avvenuti in occasione di una iniziativa di 
controinformazione sul Giorno del Ricordo fatta oggetto di provocazioni da 
parte di fascisti e polizia

---

Torino, 10 settembre 2020
presso il Palazzo Del Rettorato - Università Degli Studi Di Torino, Via Verdi 8

Presidio antifascista:
Rettore adesso vogliamo risposte!

Per i fatti del 13 febbraio scorso, quando centinaia di studenti si opposero a 
un volantinaggio provocatorio e revisionista di un gruppo di fascisti 
all'interno dell'università, 20 persone sono ancora private a vario titolo 
della propria libertà individuale. Alcuni di loro non possono uscire di casa, 
altri non possono recarsi nella città dove vivono e studiano, altri ancora 
devono presentarsi tutti i giorni al commissariato di polizia. 
Nei loro confronti non è mancata una vicinanza e un affetto trasversali: tutti 
noi avremmo fatto lo stesso se ci fossimo trovati al loro posto. L'antifascismo 
è uno dei valori più importanti con cui siamo cresciuti ed è importante fare 
tutto il possibile perché una delle ideologie più aberranti della storia non 
riprenda spazio. 
Chi non si è mai espresso su quelle giornate è l'Università di Torino, 
permettendo non solo che un'organizzazione dichiaratamente fascista 
volantinasse in università, ma anche che un ingente schieramento di polizia la 
difendesse, e restando in silenzio davanti all'arresto di tre studenti 
antifascisti ha sconfessato in una sola giornata tutti i valori che dichiara di 
condividere.
Questo silenzio è troppo assordante per tutti gli studenti antifascisti che 
studiano all'interno di questa istituzione. Continuare a frequentare un luogo 
dove si propaganda nell'indifferenza odio razziale e falsità storiche non è 
accettabile.
A queste responsabilità dell'Università si aggiungono tutte quelle accumulate 
durante questi mesi di pandemia globale: nonostante le gravissime difficoltà 
economiche e sociali in cui si trovano moltissimi studenti e studentesse, 
nessuna reale misura per tutelare il diritto allo studio è stata messa in 
campo, né dal Rettore, né dall'ente regionale Edisu. 
A pochi giorni di distanza dalla data in cui il tribunale di Torino dovrebbe 
esprimersi sulla conferma delle privazioni verso gli studenti antifascisti 
coinvolti pretendiamo che il rettore prenda pubblicamente una posizione:

* sulla gravità assoluta di questa vicenda, poichè è già incredibile che ciò 
non sia avvenuto spontaneamente: stiamo parlando di privazione della libertà di 
studenti e studentesse antifascisti avvenuta in seguito a una contestazione 
perfettamente legittima, dove venivano difesi valori che l'università dichiara 
di condividere (salvo poi lasciare che un gruppo neofascista volantini protetto 
dalla polizia). Geuna, infatti, quel giono ha autorizzato l'evento "Fascismo, 
Colonialismo, Foibe" e allo stesso tempo ha autorizzato il volantinaggio del 
FUAN,nonché la presenza di digos e celere per "contenere" eventuali tensioni. 
Quello che sta risultando sempre più chiaro è che si sta seriamente 
compromettendo il diritto allo studio su diversi piani: tra le misure cautelari 
assegnate troviamo alcuni domiciliari e divieti di dimora, che chiaramente 
limitano le possibilità di movimento all'interno dell'università dei soggetti 
coinvolti; dall'altra parte abbiamo le dichiarazioni di Sciretti, presidente 
Edisu, che da mesi ormai continua a sbandierare la sua richiesta di revocare le 
borse di studio alle studentesse e agli studenti presenti in quelle giornate.

* Sull'Aula C1 Autogestita: in quelle stesse giornate è stata mesa sotto 
sequestro l'Aula C1, spazio di socialità reale e sapere critico che all'interno 
del Campus Einaudi rappresenta un punto di riferimento e un luogo piacevole 
dove poter studiare e partecipare a dibattiti ed iniziative. Vogliamo che il 
rettore faccia una richiesta formale per l'eliminazione dei sigilli dalle porte 
dell'aula, così da restituire all'università tutta una realtà preziosa con la 
garanzia, dall'altra parte, che l'amministrazione di Unito non speri di rendere 
quello spazio una stanza sterile secondo qualche losco e inutile piano di 
ristrutturazione.

* sulla presenza dell'organizzazione FUAN all'interno dell'università: 
chiediamo che ogni organizzazione ispirata a valori chiaramente fascisti, 
razzisti e sessisti venga esclusa dall'albo delle organizzazioni riconosciute 
dall'università di Torino. Chiediamo, inoltre, che non siano concessi alle 
suddette organizzazioni spazi universitari in gestione ma che questi possano 
essere utilizzati dagli/dalle studenti liberamente.

* sulla scadente proposta di servizi che Unito propone da febbraio a questa 
parte: sembra assurdo che da quando l'emergenza Covid ha avuto inizio 
l'università sia stata menzionata raramente, anche dagli organi accademici 
stessi. Siamo costretti e costrette a convivere da mesi con questo silenzio, 
questa incertezza costante. La sessione di settembre è iniziata e si sa poco, 
quasi niente, di come ci si potrà rapportare allo spazio fisico-università in 
questo periodo, non sappiamo come rientreremo dentro alle nostre aule e via 
dicendo.Nonostante sia stato chiaro fin da subito che la didattica online sia 
fallita impedendo agli studenti e alle studentesse di prepararsi e di 
conseguire adeguatamente gli esami, le tasse di questo e del prossimo anno 
scolastico non sono state abolite, i posti in residenza Edisu si sono ridotti 
ulteriormente, né è stato assegnato a tutte e tutti gli studenti iscritti 
durante l'emergenza sanitaria un semestre aggiuntivo per frenare l'impennata 
dei fuori corso. 
Pretendiamo il ritorno in Università in sicurezza  e in presenza per tutti e 
tutte, compresi i nostri compagni di corso colpiti dalla repressione e delle 
misure concrete per il diritto allo studio che non facciano pagare a noi 
studenti questa crisi. 

Giovedì 10 settembre h. 15 saremo in Rettorato!

Organizzato da:
Aula C1 Autogestita - Campus Invaders
Collettivo Universitario Autonomo - Torino
Collettivo Studi Sociali
Collettivo Ujamaa
Si Studenti Indipendenti
Progetto Palestina
Noi Restiamo Torino

EVENTO FB: 
https://www.facebook.com/events/s/rettore-adesso-vogliamo-rispos/3255542247814163/

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https://tg24.sky.it/torino/2020/07/23/irruzione-antagonisti-universita-torino 
<https://tg24.sky.it/torino/2020/07/23/irruzione-antagonisti-universita-torino>

Torino, irruzione antagonisti all'università: misure cautelari

PIEMONTE
23 lug 2020

Sono 19 le misure cautelari eseguite questa mattina dalla Digos di Torino nei 
confronti di militanti del Cua, il Collettivo Autonomo Universitario vicino al 
centro sociale Askatasuna, responsabili dell'irruzione del 13 febbraio 2020, 
all'interno del Campus Einaudi.. Tra le misure cautelari emesse oggi ci sono 
tre arresti domiciliari, le restanti sono divieti di dimora e obblighi di 
firma. Perquisita e sequestrata l'aula C1 del Campus, che era occupato dal Cua. 
L'inchiesta è coordinata del pm Enzo Bucarelli. Le accuse, a vario titolo, sono 
rapina, resistenza a pubblico ufficiale, minaccia ad incaricato di pubblico 
servizio, violenza privata, danneggiamento.

Sono 19 le misure cautelari eseguite questa mattina dalla Digos di Torino nei 
confronti di militanti del Cua, il Collettivo Autonomo Universitario vicino al 
centro sociale Askatasuna, responsabili dell'irruzione del 13 febbraio 2020, 
all'interno del Campus Einaudi. Tra le misure cautelari emesse oggi ci sono tre 
arresti domiciliari, le restanti sono divieti di dimora e obblighi di firma. 
Perquisita e sequestrata l'aula C1 del Campus, che era occupato dal Cua. 
L'inchiesta è coordinata del pm Enzo Bucarelli. Le accuse, a vario titolo, sono 
rapina, resistenza a pubblico ufficiale, minaccia ad incaricato di pubblico 
servizio, violenza privata, danneggiamento. (LA VICENDA 
<https://tg24.sky.it/torino/2020/02/14/lancio-uova-universita-torino>)
I fatti del 13 febbraio

Era il 13 febbraio scorso 
<https://tg24.sky.it/torino/2020/02/13/foibe-scontri-torino> quando un convegno 
sulle foibe, contestato dal Fuan, scatenò le tensioni al Campus Einaudi 
dell'Università di Torino. Quello che doveva essere un momento di riflessione 
sull'uso politico della memoria, alla presenza di Moni Ovadia e Stojan Spetic, 
si trasformò in un pomeriggio di scontri tra antagonisti e forze dell'ordine. 
Il bilancio fu di tre poliziotti feriti, altrettanti antagonisti arrestati più 
una quindicina di denunciati, devastata l'aula intitolata a Paolo Borsellino e 
assegnata al Fuan, che stava tenendo un volantinaggio di protesta. Un'auto 
della polizia, accerchiata, venne danneggiata a calci e pugni.
Regione Piemonte: "Via borse di studio a violenti"

"Ringrazio le forze dell'ordine che questa mattina hanno assicurato alla 
giustizia gli antagonisti che nel febbraio scorso devastarono l'università di 
Torino. Come Regione Piemonte abbiamo compiuto tutti i passi necessari affinché 
siano tolte le borse di studio ai violenti. Ora, però, auspichiamo dal 
Rettorato una posizione chiara e sanzioni disciplinari certe per arrivare alla 
revoca della borsa agli eventuali beneficiari coinvolti". Così, in una nota, 
l'assessore agli Affari Legali della Regione Piemonte, Maurizio Marrone, 
sull'operazione di polizia che questa mattina sta interessando il centro 
sociale Askatasuna. "Basta tutele e premi nei confronti di chi devasta le 
nostre università. Non è accettabile anche solo l'idea di poter assegnare una 
borsa di studio a chi viene sottoposto a misure cautelari per aver assaltato un 
pacifico volantinaggio del Fuan, ferito forze dell'ordine, danneggiato una 
volante della polizia e devastato l'aula intitolata a Paolo Borsellino. Tutte 
condotte gravissime dal punto di vista disciplinare e incompatibili con un 
beneficio economico, finanziato dalla Regione, per sostenere il diritto allo 
studio e riservato a studenti meritevoli, invece che ai figli di papà che 
trattano l'Ateneo come un parco giochi dell'antagonismo".
Elena Chiorino: "Via i sussidi pubblici ai violenti"

"L'operazione condotta stamane dalle Forze dell'Ordine nei confronti di alcuni 
antagonisti che, nello scorso febbraio, si erano resi protagonisti dei gravi 
disordini presso la Palazzina Einaudi dell'Università degli Studi di Torino, 
conferma la pericolosità sociale di questi elementi che non devono, a maggior 
ragione, beneficiare di alcun sussidio da parte della Regione o di qualsiasi 
altro Ente, essendo loro i primi a dimostrare, con la violenza delle loro 
azioni, il disprezzo per la cosa pubblica". Lo afferma, in una nota, 
l'assessore al Diritto allo Studio Universitario della Regione Piemonte, Elena 
Chiorino. 


Data ultima modifica 23 luglio 2020 ore 12:30


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https://www.lacittafutura.it/appelli/per-la-verita

Per la verità 

Appello dell’Assemblea dottorand*, precar* e docenti del Campus Luigi Einaudi 
di Torino sulle violenze della polizia ai danni delle studentesse e degli 
studenti antifasciste\i

23/02/2020

Il Campus Luigi Einaudi di Torino, che raccoglie i dipartimenti di scienze 
sociali, giuridiche e economiche è stato il 13 e il 14 febbraio teatro di gravi 
provocazioni e violenze da parte delle forze dell’ordine che, come ormai 
d’abitudine, si sono presentate in assetto antisommossa per proteggere un 
volantinaggio di uno sparuto gruppetto di aderenti all’organizzazione 
studentesca neofascista FUAN. I neofascisti volantinavano contro un evento 
organizzato dall’ANPI per quel giorno intitolato “Fascismo, colonialismo e 
foibe” nei locali dell’università. Notata la presenza dei fascisti, gli 
studenti si sono spontaneamente mobilitati. La risposta? Cariche violente e 
inseguimenti e tre arresti. Dottorandi, precari e docenti si sono riuniti 
quindi in un’assemblea antifascista e hanno prodotto il seguente comunicato.

Da molti anni alcune rumorose forze politiche e culturali, caratterizzate da un 
nazionalismo grottesco, usano le vicende storiche che attraversarono il 
cosiddetto confine orientale dell’Italia nei primi anni quaranta del Novecento 
per rivalutare il ventennio fascista e le figure che lo incarnarono: Mussolini, 
in primo luogo. Intorno al “giorno del ricordo”, si gioca una partita 
ideologica che punta a rimuovere il collaborazionismo del regime fascista con 
il nazismo e nascondere i crimini contro l’umanità compiuti dall’esercito 
italiano. È invece in tale contesto che la questione delle Foibe andrebbe 
inserita.

Tuttavia, in una città come Torino, insignita molti anni fa di una medaglia al 
valore per ricordarne l’impegno antifascista nella Resistenza, sono ormai 
frequenti le aggressioni di stampo neofascista e antisemita, con scritte 
ingiuriose e minacciose sotto le abitazioni dei discendenti di alcuni dei 
protagonisti di quella stagione antica e degli antifascisti di oggi. 
Aggiungiamo l’aggressione allo storico Eric Gobetti, autore di ricerche solide 
e riconosciute nel mondo scientifico su temi ai quali la Regione Piemonte si 
accosta invece annunciando il proposito di diffondere nelle scuole pubbliche un 
fumetto piuttosto volgare e di stampo fascistoide, intitolato Foiba rossa.

In questo contesto, giovedì 13 febbraio, mentre al Campus Einaudi 
dell’Università si svolgeva un convegno con l’intenzione di affrontare con 
piglio critico la complessità di un tema quale Fascismo, colonialismo e foibe, 
il gruppo Fuan distribuiva un volantino, colmo della solita retorica 
nazionalista, attaccando l’Anpi, tra i promotori dell’iniziativa. 

Il gruppetto, protetto come accade da molti anni da poliziotti in tenuta 
antisommossa, si è in verità dileguato dopo pochi minuti: nessuno “scontro” con 
i numerosi studenti che li contestavano. E i momenti di contatto tra 
antifascisti e polizia avrebbero potuto essere derubricati a poca cosa, a 
essere onesti: invece interviene la decisione delle forze dell’ordine di 
operare un fermo. 

Non ci rivolgiamo alla Questura, la cui gestione delle piazze torinesi negli 
ultimi mesi è stata quanto meno discutibile, all’insegna di una aggressività 
troppo spesso ingiustificata; non ci rivolgiamo ai giornali, i cui resoconti, 
salvo poche eccezioni, sono tutti convergenti per non dire artificiosi, troppo 
uguali nei toni di un racconto dei fatti, cui probabilmente nessun giornalista 
ha potuto davvero assistere; in questo frangente denunciamo i ripetuti attacchi 
personali alla Professoressa Raffaella Ferrero Camoletto, le cui parole sono 
state distorte dai giornali e interpretate ottusamente dal sindacato di 
polizia. Non ci rivolgiamo nemmeno alla Magistratura, in particolare ai 
frettolosi uffici che convalidano arresti e dispensano poi condanne e lezioni 
di morale con una leggerezza inquietante.

Ci rivolgiamo alla comunità universitaria, ai cittadini del quartiere in cui ha 
sede il Campus, a ogni spirito libero e critico: la contestazione al Fuan non è 
stata organizzata ma spontanea; la resistenza alle pressioni delle forze 
dell’ordine non è stata frutto di azioni “premeditate”: nessuno dei 
partecipanti al presidio è apparso travisato o armato di alcunché; gli studenti 
si sono contrapposti ad un fermo che appariva in quel momento totalmente 
ingiustificato e per cui ci si aspettava un rilascio immediato. Al suo posto si 
sono susseguite almeno quattro cariche scomposte e violente da parte delle 
forze dell’ordine. 

Ma qui, oltre le cariche, contano gli atteggiamenti, tanto più gravi se agiti 
dalle forze dell’ordine: i poliziotti agitano non solo i manganelli, battuti 
ripetutamente contro i loro scudi, quasi a rammemorare pose guerresche, ma 
lanciano insulti umilianti all’indirizzo dei manifestanti: insulti, è quasi 
inutile dirlo, sessisti e razzisti, tanto che una funzionaria superiore in 
grado si sente in dovere di tacitarli imperiosamente, mentre i responsabili 
delle istituzioni universitarie presenti assistono passivi. E poi gli altri tre 
fermi, tanto per rasserenare il clima..

Il giorno successivo ad attizzare gli animi ci pensano i vertici 
dell’Università: non solo vengono posizionate due guardie armate (!) davanti 
all’aula che era stata del Fuan, ma si chiede ai docenti e agli studenti 
presenti nella palazzina Einaudi di sgomberare i locali… dando nel contempo 
ampie garanzie che la polizia non sarebbe intervenuta contro gli studenti 
antifascisti riuniti in assemblea. Un atteggiamento irresponsabile, che ha 
creato insicurezza, non il contrario, e ha impedito il regolare svolgimento 
degli esami in corso. 

Ultimo ma non meno importante, giunge puntuale come l’allergia in primavera, la 
provocazione del leghista di turno, che si agita nello stesso brodo di coltura 
dei revisionisti fascistoidi: ora a parlare è il Presidente dell’Ente regionale 
per il diritto allo studio universitario Sciretti che, per non sapere parlare 
né scrivere, propone di sospendere le borse per gli “antagonisti” arrestati e 
denunciati. Si tratta della stessa figura che esattamente un anno fa, in 
occasione delle manifestazioni contro lo sgombero dell’Asilo di via 
Alessandria, affermò: “Ci vorrebbe un po’ di scuola Diaz”. Visto che intorno al 
“giorno del ricordo” la memoria pare vacillare più del solito, rammentiamo che 
per quel raid indegno di un paese democratico numerosi esponenti della Polizia 
di Stato furono condannati e interdetti dai pubblici uffici…

Che ognuno si faccia le sue opinioni, cercando di acclarare i fatti. Alla 
Professoressa Ferrero Camoletto esprimiamo la nostra più piena solidarietà, 
così come agli studenti e alle studentesse coinvolte\i in questa vicenda. Noi 
nel rispetto dei nostri ruoli e dei principi fondamentali di qualsiasi 
convivenza civile, siamo e restiamo antifasciste\i.

Assemblea dottorand*, precar* e docenti del Campus Luigi Einaudi


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https://contropiano.org/news/politica-news/2020/02/14/torino-revisionismo-fascista-e-violenza-della-polizia-il-rettore-rimane-in-silenzio-0124076

Torino. revisionismo fascista e violenza della polizia, il rettore rimane in 
silenzio

di Noi Restiamo

Da anni le organizzazioni fasciste e i partiti di destra come la Lega e 
Fratelli d’Italia promuovono la giornata del ricordo, istituita dal 2004 con 
l’accordo con i partiti di centro sinistra. Il “giorno del ricordo 
<http://noirestiamo.org/2016/02/10/dalla-parte-degli-oppressi-contro-il-giorno-del-ricordo/>“,
 che promuove una visione fascista della storia è l’occasione per fare avanzare 
la visione reazionaria della Storia che oggi si è fatta “verità di stato”, come 
ci dimostrano le dichiarazioni di Mattarella 
<http://www.ansa.it/sito/notizie/flash/2020/02/09/-foibe-mattarellasciagura-nazionaleno-a-negazionismo-_8d04e9c5-52df-45c6-b90a-716f061141dc.html>
 di questi giorni. 

Il capo dello Stato, seguito ovviamente dal Partito Democratico, ha equiparato 
nazismo a comunismo falsificando ancora una volta il corso storico e 
mascherando i carnefici dell’occupazione italiana in ex Jugoslavia.

Le conseguenze di queste decisioni non hanno tardato a raggiungere il mondo 
dell’istruziome: la regione Piemonte vuole distribuire in tutte le scuole il 
fumetto “Foiba Rossa” sulla storia dell’Istriana fascista Norma Cossetto 
iscritta ai gruppi universitari fascisti e uccisa nel 1943.

Il fumetto è edito da Ferrogallico, casa editrice che, giusto per fare qualche 
titolo, ha pubblicato i diari di Mussolini a fumetti e diverse graphic novel a 
difesa di “martiri fascisti” che sono sono stati colpito durante le lotte 
operaie degli anni settanta. Nei fatti la Regione promuove, tramite una casa 
editrice vicina all’estrema destra una rilettura reazionaria della storia a 
fumetti.

Ma le conseguenze non riguardano solo le scuole superiori.

Ieri l’Università di Torino ancora una volta, si è resa complice del 
revisionismo storico dei fascisti, si è resa complice della repressione che si 
abbatte su tutti coloro che si oppongono a questa modo di interpretare la 
Storia con l’antifascismo militante.

Il Fuan, collettivo fascista vicino a CasaPound, ha fatto un volantinaggio in 
università sulla giornata del ricordo delle foibe. Proprio nella stessa 
giornata in cui Moni Ovadia era in università a parlare di fascismo e del 
colonialismo italiano in Jugoslavia.

Ovviamente insieme ai fascisti del Fuan c’era la polizia in assetto 
antisommossa che ha ripetutamente caricato gli studenti che volevano cacciare i 
fascisti. 

Le cariche sono state violentissime e sono stati fermati tre antifascisti. Un 
corteo spontaneo è poi andato in rettorato per spingire il rettore a prendere 
una posizione netta e chiaramente antifascista oltre che a dare spiegazione 
della violenza della polizia dentro l’università. Il rettore non s’è visto. Il 
silenzio di fronte a questi eventi pesa più di un macigno!

L’assenza del rettore e la polizia che difende i fascisti che portano avanti 
questa lettura della Storia ci mostrano quali possono essere le pratiche del 
revisionismo anche nelle nostre università.

Oggi h. 11.30 assemblea antifascista al Campus Einaudi per riflettere e agire 
contro le organizzazioni fasciste e contro le istituzioni che le giustificano e 
proteggono in continuazione.

14 Febbraio 2020


=== 2: NELLA VENEZIA GIULIA HANNO SOSTITUITO IL 12 GIUGNO AL 25 APRILE ===

--- TRIESTE:

Già nel 2015 era stata posta nel Parco della Rimembranza di Trieste, per 
iniziativa dell'allora sindaco Cosolini (PD ex PCI), una targa che ricorda il 
12 giugno come "vera liberazione" di Trieste:

https://www.lamiatrieste.com/2016/09/12/parco-della-rimembranza-lapidi-e-monumenti/
  

Quest'anno il sindaco attuale Dipiazza (di estrema destra, si veda:
https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/02/11/trieste-gaffe-del-sindaco-dipiazza-fa-il-saluto-romano-in-diretta-e-poi-si-giustifica-e-solo-un-saluto/3384716/
) ha istituito la ricorrenza civile per il 12 giugno, con tanto di alzabandiera 
e annessi e connessi:

https://www.comune.trieste.it/-/giunta-municipale-approvata-la-delibera-che-istituisce-la-solenne-ricorrenza-del-12-giugno-quale-giornata-della-liberazione-della-citta-di-trieste-dall-occupazione-jugoslava-
  

Penosa e squallida la presa di posizione di Cosolini a riguardo:
http://www.telequattro.it/news/20200523145229.html
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=1ACgz-B4Gb4

(si ringrazia Claudia Cernigoi per le fonti)

--- MONFALCONE:

https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=4649139335111443&id=3176679785690746&__tn__=K-R1.g

La Nuova Alabarda ELCDD
15 giugno 2020

LA FALSIFICAZIONE DELLA STORIA MEDIANTE L'INDIZIONE (TUTTA POLITICA) DI 
RICORRENZE INCONGRUE

Discorso del sindaco di Monfalcone Anna Cisint in occasione della ricorrenza 
farlocca del 12 giugno.
“Dal 1° maggio 1945 sino al 12 giugno, la nostra città conobbe il terrore 
sistematico e decine e decine di persone furono uccise o scomparvero; cittadini 
italiani sacrificati a una logica di violenza e di pulizia etnica".
FALSO: a Monfalcone furono arrestate 77 persone nel periodo di amministrazione 
(non occupazione) jugoslava; in uno studio da noi recentemente pubblicato 
risulta quanto segue.
"Per quanto concerne le qualifiche reali degli scomparsi abbiamo 46 
appartenenti alle Forze Armate, comprendenti 13 in forza all’esercito di Salò 
(di cui 1 nel Battaglione Volontari Mussolini e 1 ausiliaria della Brigata nera 
femminile, che risulta anche avere operato nella segreteria del Fascio), 29 in 
forza all’MDT (15 nel 1° MDT Trieste, 7 nel 2° MDT Istria, 2 nel 3° MDT 
Gorizia, 2 nell’MDT Portuale, 1 MDT Ferroviaria, 1 senza specifica ed 1 
ausiliaria femminile non meglio inquadrata), 1 milite della Decima Mas, 1 
ausiliaria femminile Flack (contraerea) ed 1 membro della Capitaneria di 
porto.Ci sono poi il nominativo di 1 ex prigioniero IMI di cui non sono note le 
modalità del nuovo arresto ed 1 ex Carabiniere divenuto poi “ufficiale 
giudiziario”. . 
Gli appartenenti alla Pubblica Sicurezza sono 13, 2 dei quali in forza 
all’Ispettorato Speciale (la Banda Collotti).
È indicato anche 1 appartenente alla Guardia di Finanza, peraltro in forza alla 
caserma di Campo Marzio di Trieste e fatto prigioniero a Trieste; ed 1 membro 
della Polizia Economica.
Tra i “civili” abbiamo 3 funzionari del Fascio (di cui 2 podestà); 1 messo 
comunale; 7 impiegati CRDA (“operai militarizzati”) dei quali 3 anche 
inquadrati nella Todt, 1 segnalato come sindacalista, 1 come “controllore” ed 1 
dell’Opera nazionale dopolavoro (una delle organizzazioni associative del 
Fascio); ed ancora 1 inquadrato nella Todt e 2 nella Marina Mercantile". 
Evidenziamo inoltre che sulla targa si legge che sarebbero state "milizie 
partigiane titine" a giungere a Monfalcone, quando nei fatti fu l'Esercito di 
Liberazione Popolare Jugoslavo a liberare (sì, "liberare", signora Cisint, 
prima cittadina di Monfalcone) la città. esercito a tutti gli effetti 
"alleato", con tutti i diritti e doveri degli altri eserciti alleati, da quello 
britannico a quello sovietico a quello statunitense,
Politicanti da bar che non hanno come fine quello di fare chiarezza e rendere 
giustizia, ma solo attizzare odio ed intolleranza non possono fare altro che 
stravolgere i fatti storici diffondendo falsità per mera propaganda. Questo è 
il risultato dopo anni ed anni di campagna denigratoria della Resistenza in 
generale e di quella internazionalista in particolare, campagna condotta 
purtroppo non solo dalla destra nostalgica di olio di ricino ma anche da 
esponenti che si ritengono "democratici" e quindi in dovere di prendere le 
distanze sì dal fascismo ma anche dal comunismo.

[Claudia Cernigoi]

--- GORIZIA:

https://www.telefriuli.it/cronaca/gorizia-liberazione-occupazione-tito-12-giugno-1045/2/207962/art/

Da quest'anno Gorizia ricorderà la liberazione dall'occupazione titina

Lo stabilisce una delibera comunale che estende da oggi l'elenco della 
commemorazioni. Il 12 giugno il sindaco Ziberna e il prefetto Marchesiello 
deporranno alle 9 un omaggio floreale al lapidario del parco della Rimembranza

9 giugno 2020 – Gorizia ricorda la giornata in cui, nel 1945, terminò 
l'occupazione delle città da parte delle truppe titine. Il 12 giugno entra 
dunque nel novero delle date che il Comune di Gorizia intende valorizzare 
perché fra le più significative nella storia contemporanea della città. Lo 
stabilisce una delibera approvata oggi dalla giunta comunale, che estende così 
l'elenco delle commemorazioni che attingono dalla storia locale, tra cui quelle 
del 27 marzo 1946 (per le manifestazioni volte ad affermare l'identità italiana 
di Gorizia) e del 3 maggio 1945 (in ricordo delle deportazioni e delle 
uccisioni perpetrate nell'ambito dei 40 giorni di occupazione jugoslava), 
nonché del 19 luglio 1915 (Battaglia del Podgora), dell'8 agosto 1916 (presa di 
Gorizia) e, tornando al secondo conflitto, del 16 settembre 1947 (definitiva 
assegnazione di Gorizia all'Italia).
“Oltre alle ricorrenze che Gorizia condivide con il resto del Paese – ha 
spiegato il sindaco Rodolfo Ziberna – come quelle del 4 novembre e del 25 
aprile, vi sono per la nostra città alcune date particolarmente significative 
della storia contemporanea che riteniamo sia doveroso ricordare. All'elenco di 
queste ricorrenze abbiamo aggiunto la data del 12 giugno 1945, giornata che 
corrisponde alla vera liberazione di Gorizia. Mentre il resto d'Italia, 
infatti, si era già liberata dal giogo delle dittature totalitarie, Gorizia 
sarebbe stata di lì a poco occupata dalle truppe dei partigiani del maresciallo 
Tito, il quale com'è noto intendeva occupare la Venezia Giulia, Gorizia e 
Trieste in particolare, per arrivare al tavolo dei vincitori con questo 
importante bottino di guerra. Come sappiamo, Gorizia per più di quaranta 
giorni, a guerra finita, ha subito la deportazione di oltre 650 goriziane e 
goriziani che avevano l'unica “colpa” di poter rappresentare un ostacolo alla 
realizzazione delle velleità annessionistiche del maresciallo Tito”.
La celebrazione della giornata, in programma venerdì 12 giugno, prevede alle 
ore 9 un momento solenne al parco della Rimembranza di corso Italia. Il sindaco 
di Gorizia, Rodolfo Ziberna, e il prefetto Massimo Marchesiello in 
rappresentanza di tutte le autorità, deporranno un omaggio floreale ai piedi 
del lapidario che ricorda le deportazioni avvenute a guerra finita nel 1945. 
Inoltre, verranno affissi nel spazi dedicati delle vie Filzi, Duca d'Aosta e 
Cadorna tre manifesti che ricordano la data del 12 giugno.


=== 3: ADOZIONE NELLE SCUOLE DI PUBBLICAZIONI FASCISTE ===

https://www.sketchthatstory.com/post/foiba-rossa-è-questa-l-immagine-della-violenza-alle-donne-che-si-vuole-dare-a-scuola

Foiba rossa. È questa l'immagine della violenza alle donne che si vuole dare a 
scuola?
di Nicoletta Mandolini, 21.2.2020

La recente decisione della Regione Piemonte di unirsi alle iniziative degli 
amministratori del Veneto nella promozione del graphic novel Foiba rossa nelle 
scuole ha già sollevato, e a ragione, numerose polemiche 
<https://torino.repubblica.it/cronaca/2020/02/12/news/in_tutte_le_scuole_del_piemonte_il_fumetto_sulle_foibe_ma_e_polemica_cosi_si_sdogana_il_fascismo_-248429893/>.
 Il testo a fumetti, edito da Ferrogallico nel 2018 e firmato da Beniamino 
Delvecchio ed Emanuele Merlino, abbozza infatti una rappresentazione dei 
controversi eventi dell'occupazione jugoslava dell'Istria, avvenuta a ridosso 
della seconda guerra mondiale. L'espediente utilizzato per tracciare un 
sedicente quadro storico che ben si sposi al discorso - spesso ideologicamente 
connotato - sulla giornata del Ricordo e sulle foibe è il riferimento alle 
vicende che hanno visto come protagonista la giovane Norma Cossetto, 
studentessa istriana e figlia del dirigente fascista Giuseppe Cossetto, il cui 
cadavere fu rinvenuto in una foiba nel 1943.

Molto è già stato scritto sulle inesattezze storiche 
<http://www.novecento.org/uso-pubblico-della-storia/considerazioni-su-un-fumetto-sulle-foibe-6132/>
 che caratterizzano il testo e sulla chiara matrice neofascista dell'operazione 
editoriale 
<https://www.wumingfoundation.com/giap/2019/02/fantasy-norma-cossetto-3-foibe-rosse/#foibarossa>
 che ha dato vita a Foiba rossa. L'obiettivo di questo contributo è quello di 
capire, per mezzo di una breve analisi delle dinamiche rappresentative proposte 
nel fumetto, quale immagine della violenza contro le donne studentesse e 
studenti si troveranno di fronte una volta che il libro arriverà sui loro 
banchi di scuola. Tale operazione si dimostra necessaria a fronte del largo 
spazio che il lavoro di Delvecchio e Merlino concede alla descrizione della 
presunta violenza sessuale subita da Norma Cossetto prima di essere infoibata 
ad opera di alcuni membri delle milizie titine . Fin dall'introduzione redatta 
da Ronzo Codarin, inoltre, il testo dimostra un esplicito interesse a trattare 
la storia della donna come "la storia di un femminicidio", proponendo quindi un 
chiaro rimando al tristemente popolare termine femminista introdotto per 
isolare concettualmente il fenomeno della violenza letale di genere. 

Conviene innanzitutto chiarire la dubbia appropriatezza del termine 
femminicidio - usato per descrivere l'assassinio di una donna per motivi di 
genere e non l'assassinio di una donna tout court - in riferimento al caso 
Cossetto. Precedenti ricerche 
<https://www.wumingfoundation.com/giap/2019/01/fantasy-norma-cossetto-2-cosa-sappiamo/>
 hanno infatti appurato come gli eventi che hanno portato all'uccisione della 
donna - ivi compresa la violenza sessuale - non siano mai stati confermati e 
non possano più esserlo, data la distanza temporale e l'intricata rete di 
dicerie su cui si è costruita la corrente vulgata. L'impossibilità di garantire 
la veridicità storica del movente di genere e di dimostrare la violenza 
sessuale rende quindi problematico l'impiego del termine femminicidio e getta 
luce sulla natura del procedimento narrativo che caratterizza l'opera, il quale 
consiste nel presentare come fatti verificati eventi che, in alcuni casi, 
risultano essere solamente supposti. Considerato l'ampio spazio che altrove 
<https://www.wumingfoundation.com/giap/2019/02/fantasy-norma-cossetto-3-foibe-rosse/#stupro>
 è stato dedicato a questa tecnica compositiva e alle criticità che la stessa 
comporta da un punto di vista etico, ci si limiterà ad aggiungere che è proprio 
la narrazione per immagini del fumetto a supportare la presunta oggettività del 
racconto. Nonostante le numerose potenzialità che il medium garantisce in 
termini di rappresentazione complessa (possibilità sicuramente non sondate in 
Foiba rossa), la storia a fumetti può, di fatto, fare a meno di una voce 
narrante e, conseguentemente, si relaziona agli eventi partendo da 
un'immaginaria posizione di obiettività o di distacco (Hatfield 2005; Barbieri 
2017). Va poi aggiunto il fatto che la narrazione apparentemente oggettiva di 
fatti non verificabili risulta particolarmente problematica nel caso di 
rappresentazioni incentrate sulla figura di una donna e interessate alla 
questione di genere. Non sono le mistificazioni sulla vicenda di vita di Norma 
Cossetto e la sua strumentalizzazione parte di quella tendenza, diffusa nella 
cultura patriarcale italiana e non solo, a silenziare e a oggettificare il 
femminile? A questo proposito, un'analisi dettagliata del testo incentrata sul 
trattamento riservato al personaggio della donna non può che confermare la 
matrice sessista dell'operazione editoriale Foiba rossa.

In una delle note introduttive che aprono il romanzo grafico, quella firmata da 
uno degli autori, Emanuele Merlino, la protagonista Norma Cossetto viene 
presentata come donna in grado di impersonare le doti fondamentali 
dell'innocenza e dell'esemplarità, così da poter essere eretta a modello 
vittimario. Da una parte si ribadisce l'estraneità di Norma alle vicende 
politiche che avrebbero concorso alla sua morte e si insiste sul suo candore 
(caratteristica tipicamente muliebre, direbbero alcuni), in un procedimento 
retorico teso a confermare l'associazione tra le idee di vittima e di 
femminilità. Poco oltre, la donna è presentata invece come studentessa e 
insegnante interessata a perseguire la propria autonomia. L'intento di 
controbilanciare l'immagine di Norma come soggetto debole appare chiaro, a 
testimonianza del tentativo di ricoprire con una patina di politically correct 
che faccia l'occhiolino al discorso ormai mainstream sull'indipendenza 
femminile l'operazione di iconizzazione della donna. 

L'attacco del fumetto tradisce lo stesso approccio politically correct, il 
quale si trasla addirittura nella scelta di adottare uno schema rappresentativo 
in voga tra le narrazioni femministe contro il femminicidio: quello 
dell'affidamento di dignità letteraria alla donna uccisa. Gli autori propongono 
infatti la scena fittizia della discussione della tesi di laurea di Norma 
Cossetto presso l'Università di Padova, scena a cui la donna prende parte 
nonostante la morte avvenuta precedentemente. Tale tecnica mira a riassegnare 
voce e agentività al soggetto vittimizzato e a contrastare sul piano del 
racconto l'oggettificazione a cui il femminile viene sottoposto nella realtà. 
Eppure, nonostante l'assenza di criticità che caratterizza la cornice con cui 
Foiba rossa è imbellettato, il resto del fumetto non manca di fare 
pericolosamente appello al regime simbolico patriarcale che fomenta la violenza 
stessa. 

Dopo una lunga parentesi nella quale viene introdotta la questione istriana 
(dalla dominazione asburgica, passando per il terremoto della Marsica fino agli 
eventi dell'annessione fascista di Fiume) la storia di Norma Cossetto entra nel 
vivo con una narrazione che segue il filo cronologico degli eventi a partire 
dalla sua nascita e dalla decisione dei genitori, entrambi istriani di lingua 
italiana, di battezzarla assegnandole il nome dell'opera belliniana. 
L'assegnazione del nome avviene parallelamente all'associazione, suggerita dal 
padre, tra Norma e una giovane pianta che la bambina avrà il compito di curare 
e far crescere. Facile simbolo dell'attaccamento alla terra e alla "patria" 
istriano-italiana, la pianta riemergerà nella narrazione di Foiba rossa a 
costellare il percorso esistenziale di Norma: comparirà rigogliosa in occasione 
dei ritorni a casa negli anni trascorsi dalla ragazza come studentessa fuori 
sede, si spezzerà improvvisamente in occasione del suo stupro. 

Il binomio donna - terra che l'accostamento tra Norma e la pianta supporta 
risulta altamente problematico se si pensa a come, nella produzione culturale e 
scientifica occidentale, l'associazione tra natura e femminilità sia stata 
funzionale alla simbolizzazione della donna come 'altro' rispetto al concetto 
di civiltà, tradizionalmente incarnato dal maschile, e a come la stessa 
associazione abbia contribuito a relegare il femminile nella sfera 
dell'istintuale, dell'irrazionale, dell'occulto (Woman and Nature di Susan 
Griffin è solo uno dei capisaldi del femminismo su questo tema).. La 
problematicità del nesso persiste anche nel caso si associno alla terra 
caratteristiche positive, le quali generalmente coincidono con la capacità di 
curare e di nutrire, entrambe qualità che riconducono al lavoro di cura e 
riproduttivo affidato alla donna dalla società patriarcale. Non stupirà quindi 
la scelta degli autori di Foiba rossa di disegnare Norma bambina con le 
fattezze di una donna adulta che, mentre gioca con la sorella, contempla 
felicemente il matrimonio in abito bianco come suo destino.

La scena della presunta violenza sessuale subita da Norma, con cui il testo 
raggiunge l'apice della tensione narrativa e si avvia verso la conclusione, 
merita poi una riflessione a parte, la quale tuttavia non può che intersecarsi 
con le considerazioni fatte finora sulla rappresentazione di genere proposta 
nell'opera. Dopo essere stata rapita da membri delle milizie titine in una 
rappresaglia mirata a rintracciare il padre, la protagonista viene disegnata 
inchiodata ad un tavolo e semi-spogliata, in vista dell'imminente stupro. Una 
pagina nera con la scritta "Oggi ci prendiamo tutto quello che vogliamo perché, 
da oggi, tutto quello che è vostro diventa nostro" e una bandiera tricolore 
riversa a terra segue la vignetta appena descritta e ne anticipa una terza in 
cui Norma è raffigurata priva di sensi, con seni e gambe scoperti e 
insanguinati. Sottolineare come l'iconografia utilizzata in quest'ultimo panel 
sia esattamente conforme a quella che attiviste/i e studiose/i impegnate a 
sensibilizzare sulla corretta rappresentazione della violenza alle donne 
scongiurano (perché, banalmente, (ri)oggettifica la vittima riproducendo le 
dinamiche dello sguardo maschile che qualifica la donna come oggetto sessuale) 
dovrebbe essere operazione ridondante. Ciò che preme mettere in luce è, 
piuttosto, l'ennesima riproposizione dell'associazione tra donna (vittimizzata) 
e terra (invasa).. La frase sopra riportata, chiaramente affibbiata ai 
miliziani comunisti, instaura infatti un parallelo implicito tra lo stupro - 
assassinio di Norma Cossetto e l'occupazione jugoslava dell'Istria. Ecco quindi 
che l'atto di "prendere" la terra d'Istria coincide, con il "prendere" (non a 
caso, verbo spesso usato per descrivere eufemisticamente l'atto dello stupro) 
la donna.. Ecco quindi che la contrapposizione retorica tra il "nostro" (degli 
jugoslavi) e il "vostro" (degli italiani) non fa altro che avallare il 
riconoscimento della donna-terra come bottino, come oggetto di contesa. Ecco 
quindi che la donna, solo apparentemente protagonista, indipendente e simbolo 
della lotta alla prepotenza di genere, viene di fatto spogliato di ogni dignità 
e autonomia. 

È davvero questa l'immagine della violenza alle donne che si vuole dare a 
scuola nell'Italia del 2020?

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Locatelli (Prc-Se): la Regione Piemonte distribuisce libri di estrema destra. 
No al revanscismo neofascista (13 feb 2020)
http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=41053

Presidio Prc davanti al Consiglio regionale del Piemonte. Locatelli: No a nuovi 
MinCulPop (18 feb 2020)
Questa mattina Rifondazione Comunista, davanti a Palazzo Lascaris, sede del 
Consiglio Regionale del Piemonte, ha inscenato una protesta contro la decisione 
di Elena Chiorino, assessora piemontese all’istruzione di Fratelli d’Italia, di 
distribuire in tutte le scuole superiori un #libro sulle foibe edito da una 
casa editrice contigua ad ambienti #neofascisti....
http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=41112
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=uVjF5MYuXxc

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http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=40981

L’impatto del Giorno del Ricordo nelle scuole

di Marco Noris
10.2.2020
La questione delle Foibe si ripresenta ogni anno con i suoi vari tentativi di 
misurazione e uso di bilancino nel soppesare la grammatura dei crimini delle 
parti in causa. La questione però non sta qui, o meglio, per capire l’efficacia 
della narrazione sulle Foibe non basta ricostruire la verità storica, vanno 
bensì misurati gli effetti in termini politici e culturali prodotti in 
generale, hic et nunc, nella società italiana.
Se qualcuno lavorasse nelle scuole, si renderebbe facilmente conto che, bene o 
male, quasi tutti gli studenti sanno delle Foibe, ma non conoscono nulla 
dell’occupazione italiana in quei territori, anzi, molti “esperti” di Foibe, 
non sanno neppure che c’è stata un’occupazione italiana. Così come nelle nostre 
scuole dove si deve parlare delle Foibe, nella giornata del 10 febbraio, si 
ignorano i crimini contro l’umanità e di guerra commessi dagli Italiani, dalle 
colonie africane alla Grecia e Albania, e il progetto di pulizia etnica 
condiviso e praticato insieme ai tedeschi nei confronti delle popolazioni 
slave. Perché nelle scuole capita leggendo le lettere dei condannati a morte 
della resistenza che ci siano studenti che ti dicano: “Bisogna poi vedere se 
quella roba lì poi è vera, eh!” Perché in fondo “ha fatto anche cose buone” 
colui che diceva ai soldati in Dalmazia nel 1943 “So che a casa vostra siete 
dei buoni padri di famiglia, ma qui voi non sarete mai abbastanza ladri, 
assassini e stupratori.” Perché oggi molti storici, ricercatori e accademici 
non possono parlare di questo argomento per paura di avere rogne, o 
semplicemente, cominciano ad aver paura ad affrontare, oggi, in Italia, Anno 
Domini 2020, tutto un periodo storico.
Perché in questo paese la tv di stato co-produce e propina un film come “Rosso 
Istria” che ricorda i film di propaganda nazista ma, nello stesso tempo, 
acquista dalla Bbc – per poi nasconderlo e non trasmetterlo – “The fascist 
legacy” nel quale, tra le moltissime altre cose, si ricorda che la tecnica 
dell’infoibamento era auspicata dagli occupanti italiani nei confronti degli 
oppositori..
Si potrebbe continuare ancora a lungo ma se non ci rendiamo conto che la 
narrazione sulle Foibe non è nient’altro che un tassello funzionale alla 
costruzione di una precisa narrazione e che tale narrazione sta pesando come un 
macigno nella cultura o, semplicemente, nella conoscenza della storia reale in 
questo paese, allora non parliamo di equidistanza di giudizio di morti uguali 
ecc., ecc, perché non viviamo nel paese delle meraviglie ma in Italia nel 2020, 
e chi non vuole vedere gli effetti dei condizionamenti culturali ormai in atto 
da molti anni o è cieco o complice, tertium non datur.

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