Segnaliamo anche:
I numerosi articoli sul Venezuela su Marx21
http://www.marx21.it/index.php/internazionale/america-latina-e-caraibi 
<http://www.marx21.it/index.php/internazionale/america-latina-e-caraibi>
Il discorso che ha emozionato e fatto saltare in piedi tutta l'Assemblea 
Costituente in Venezuela
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=mAif-y7eDJg 
<https://www.youtube.com/watch?v=mAif-y7eDJg>
Il Venezuela di Hugo Chavez 1998-2002 - filmato
Un film di Kim Bartley e Donnacha Ó Briain. Con Hugo Chavez, Pedro Carmona. 
Irlanda, Paesi Bassi, Germania, 2003.
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=raqxkeLg7BI
Venezuela, rinnegati, bugiardi e smemorati
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8749
 
<https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8749>

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http://contropiano.org/news/politica-news/2017/08/12/il-venezuela-e-noi-094695 
<http://contropiano.org/news/politica-news/2017/08/12/il-venezuela-e-noi-094695>

Venezuela. La grande paura del “Socialismo del XXI Secolo”

di Angelo D'Orsi, 10 agosto 2017

I nostri notiziari di regime, non li si può chiamare diversamente, uniti nella 
lotta alla verità, ci informano zelanti di una dichiarazione di 13 Stati 
latinoamericani che “non riconoscono” l’Assemblea Costituente voluta da Maduro 
in Venezuela. Al di là del dato privo di significato (“non riconoscono”! Che 
cosa vorrebbe dire? In base a quale diritto Stati esteri si permettono di 
disconoscere atti costituzionali di un Paese sovrano?), si rimane sbalorditi 
dalla menzogna sostanziale. In sintesi: 1. Si accetta come ovvio e legittima la 
presa di posizione dei 13 Stati. 2. Non si rileva che tali Stati che “non 
riconoscono” sono quelli che grazie a dubbie operazioni elettorali, o a veri e 
propri golpe anche quando variamente camuffati, sono tutti posti sotto 
l’ombrello USA, da cui in sostanza prendono ordini. 3. Si tace della 
contemporanea Dichiarazione (qui di seguito), di ben 57 Stati che, questa sì 
del tutto legittima, invitano a un processo di pace, e soprattutto chiedono che 
venga preservata la sovranità e l’integrità della Repubblica Bolivariana del 
Venezuela, davanti alle minacce neppure più troppo velate che giungono da 
Washington, in un coro a cui l’Unione Europea si è accodata tranquillamente, 
come sempre priva di una sua politica estera autonoma dagli USA.
Personalmente non sono un fanatico di Maduro (che è lontano dalla capacità 
politica e anche dal carisma di Hugo Chavez), e ritengo abbia commesso 
numerosi, e gravi errori, e certamente operato delle forzature istituzionali. 
Ma la questione è: ci si può difendere dalle azioni golpiste – quelle portate 
avanti da anni dal fronte delle opposizioni, con boicottaggio, guerra 
commerciale e forme di crescente estremismo violento, sostenuto dall’esterno, 
in particolare dalla Colombia, e soprattutto dagli USA – in modo “democratico”? 
la storia proprio non ci insegna nulla? Le questioni davanti alle quali ci si 
trova a me pare siano le seguenti: chi sono e cosa rappresentano le 
“opposizioni”? E che cosa è in gioco in Venezuela? La mia risposta è in primo 
luogo in una parola magica e maledetta: “petrolio”. Il controllo delle risorse 
petrolifere più estese del Pianeta è evidentemente un dato fondamentale, oggi 
più che venti o trent’anni fa. Ma la risposta deve altresì guardare al 
significato, reale e simbolico, di quella parola d’ordine del “socialismo del 
XXI secolo” lanciata con ardimento da Chavez, e che in qualche modo Maduro e i 
suoi cercano di portare avanti.
Non si tratta soltanto di slogan (che possono anche risultare fastidiosi), ma 
di una realtà importante: i progressi sociali del Venezuela sono documentati, e 
sono di straordinaria importanza. Chi non è in malafede farà presto a 
documentarsi. E quei progressi sono un messaggio sostanziale a tutto il 
Subcontinente latinoamericano e, oltre gli Oceani, a tutti i popoli della Terra 
soggiogati dagli imperialismi di Stati Uniti e dell’Unione Europea. Fa paura 
questo soprattutto, come faceva paura negli anni Novanta del secolo scorso 
“l’anomalia jugoslava”, un Paese che si proclamava orgogliosamente socialista 
nel cuore dell’Europa post-1989. Sappiamo come venne spenta quella anomalia, a 
suon di bombe, con una aggressione da parte di una “grande coalizione 
democratica” di ben 19 Stati (compresa l’Italia, guidata allora da Massimo 
D’Alema, che diede prova di una pronta, servile collaborazione alle potenze 
imperialistiche, USA in testa). Contro il Venezuela si sta delineando 
l’ennesima “Santa Alleanza”, come nel ’99, contro la Repubblica Federale di 
Jugoslavia, o in forma meno estesa nel 2003 in Iraq, per detronizzare Saddam 
Hussein, riducendo il Paese, avanzato e laico, a un cumulo di macerie, divenuto 
la culla devastata e mostruosa dell’ISIS; o come nel 2011, in Libia, per 
eliminare Gheddafi e il socialismo della sua “Giamahiria Araba Libica”; e oggi 
la Libia risultato dell’azione dei “liberatori” è divenuto un vero inferno. E 
come si è tentato di fare nel corso degli ultimi anni con la Repubblica Siriana 
di Assad. Non ci piacciono i dittatori, sento ripetere. Ma quello che è venuto 
dopo ci piace di più? A chi attribuire le centinaia di migliaia di morti, le 
distruzioni di beni di economie di civiltà, in tutti questi Paesi? E chi ha il 
diritto di decidere sulle forme di governo degli Stati? Washington o Bruxelles? 
E quale, infine, sarebbe il modello da esportare, con le buone o le cattive? La 
nostra democrazia fallimentare? Ricordiamoci che in nome della tutela delle 
libertà “democratiche” abbiamo visto cadere regimi progressisti, nel passato 
remoto o nel passato prossimo. Quando il gioco si fa duro, ritengo che la causa 
del popolo vada difesa con ogni mezzo, anche al di là del galateo 
istituzionale. Se perde Maduro, perde il popolo, potremmo dire con uno slogan, 
e me ne scuso, ma la sostanza è quella. Se perde Maduro vincono i ricchi, gli 
evasori fiscali, le grandi multinazionali, e gli appetiti nordamericani.
Perciò, anche se abbiamo dubbi e riserve, mettiamoli da parte: oggi la causa 
che Maduro rappresenta non può non essere la causa di chi non accetta che 
Washington comandi il mondo; anche se siamo perplessi o peggio indifferenti, ma 
ci consideriamo “di sinistra”, se vogliamo tenere fede al principio primo e 
fondamentale del “Manifesto” di Marx ed Engels, quello espresso nell’appello 
finale (“Proletari di tutti i Paesi, unitevi!”), ossia l’internazionalismo 
proletario, oggi il nostro dovere è stare dalla parte della Repubblica 
Bolivariana del Venezuela e del suo presidente, Nicolás Maduro.

        • storico, docente emerito dell’Università di Torino.
Membro del Comitato Scientifico-Artistico di Jugocoord Onlus


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