Qualcuno anche in Italia si sta un po' tardivamente accorgendo che il pregevole 
Cimitero Monumentale Partigiano di Mostar è in rovina, in virtù di 25 anni di 
vandalismi e abbandono e misericordiose processioni di molte decine di migliaia 
di italiani "brava gente" transitati per venerare la Signora di Medjugorije e/o 
per partecipare, con le armi o senza armi,  a "missioni di pace" e 
"solidarietà" verso la popolazione colpita dalla guerra (serbi esclusi, 
beninteso: fuggirono tutti da Mostar subito, nel 1992, per non tornare a subire 
quello che era già stato 70 anni prima).
Noi avevamo segnalato il problema dieci anni fa: 
http://www.cnj.it/valori.htm#mostar . [a cura di Italo Slavo]




ENGLISH ORIG.: Partisans’ Necropolis in Bosnia’s Mostar Left to Rot (Sven 
Milekic, BIRN, 15.6.2017)
The monumental Partisans’ Cemetery in the Bosnian town of Mostar, where 
Yugoslav anti-fascist WWII fighters were buried, has been abandoned to decay, a 
victim of changing attitudes to history in the 1990s...
http://www.balkaninsight.com/en/article/partisans-necropolis-in-bosnia-s-mostar-left-to-rot-06-14-2017


NA SRPSKOHRVATSKOM: Partizansko groblje u Mostaru ostavljeno zubu vremena (Sven 
Milekić, BIRN, 15.6.2017)
Dok Partizansko groblje u Mostaru, gdje su sahranjeni antifašistički borci iz 
Drugog svjetskog rata, propada, ono je postalo i žrtva promjene stavova koja se 
desila tokom 1990-ih...
http://www.balkaninsight.com/en/article/partizansko-groblje-u-mostaru-ostavljeno-zubu-vremena-06-14-2017




https://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Mostar-in-rovina-la-necropoli-dei-partigiani-180955/


Mostar: in rovina la necropoli dei partigiani


Il cimitero monumentale dei partigiani di Mostar, dove sono seppelliti 
combattenti jugoslavi antifascisti della Seconda guerra mondiale, è abbandonato 
alla decadenza, vittima del revisionismo storico degli anni '90




03/07/2017 -  Sven Milekić 
<https://www.balcanicaucaso.org/Autori/(author)/Sven%20Mileki%C4%87>
(Pubblicato originariamente da Balkan Insight   
<http://www.balkaninsight.com/en/page/all-balkans-home>il 15 giugno 2017)


"Il cimitero dei partigiani? Sì, i comunisti vengono qui per la loro 
commemorazione annuale in... ho dimenticato il mese. Turisti? Alcuni, non 
molti, ma alcuni sì", dice un cameriere in un bar nel centro della città 
bosniaca meridionale di Mostar, di fronte all'imponente monumento ai partigiani 
antifascisti caduti nella Seconda guerra mondiale.


"I comunisti" sarebbero le associazioni antifasciste che commemorano la 
Liberazione di Mostar del 14 febbraio 1945, giorno in cui le forze partigiane 
entrarono in città dopo il ritiro di quelle tedesche e naziste. Le 
commemorazioni si svolgono anche in altre date significative.


Nascosto nella vegetazione, invisibile dalla strada, il cimitero è stato 
abbandonato a se stesso. Può capitare solo di vedere qualche turista nelle sue 
vicinanze, armato di mappe e applicazioni di navigazione.


La massiccia costruzione, con il suo percorso cerimoniale pavimentato di oltre 
300 metri a salire oltre 20 metri sulla collina, venne costruita nel 1965 dal 
famoso architetto serbo Bogdan Bogdanović 
<https://www.balcanicaucaso.org/Dossier/Dossier/Il-secolo-di-Bogdanovic-I-37338>,
 noto per i suoi numerosi monumenti ai partigiani e alle vittime del fascismo 
(il più conosciuto è il "Fiore" dedicato alle vittime del campo di 
concentramento fascista croato a Jasenovac).


Bogdanović concepì il memoriale come luogo di riposo per 560 partigiani di 
Mostar, ognuno con la propria lapide con incisi luogo e anno di nascita e di 
morte.


Esperti scalpellini dell'isola croata di Korčula hanno costruito il monumento 
nell'arco di diversi anni, usando oltre 12.000 pezzi di calcare scolpito, 
macerie della Seconda guerra mondiale e tradizionali tegole in pietra riciclate 
dalle case di Mostar.


Un sentiero serpeggiante e due scale conducono ad una grande piattaforma 
inferiore che si affaccia su Mostar. Una scala dietro il muro conduce ad una 
piattaforma superiore più piccola con una fontana e l'elemento architettonico 
centrale: una "meridiana cosmologica".


"La necropoli partigiana era Mostar in miniatura, una replica della città sulla 
Neretva [il fiume che attraversa Mostar]", ha scritto Bogdanović nel suo saggio 
"La città dei morti di Mostar", pubblicato nel 1997.


Tuttavia, i conflitti degli anni '90 fra croati e bosgnacchi e l'esercito 
popolare jugoslavo [SIC] hanno completamente cambiato la percezione del 
monumento e dell'eredità antifascista dell'ex Jugoslavia in generale.


Oltre a non essere correttamente contrassegnato, il monumento è stato lasciato 
in balia di vandali ed è ora coperto di svastiche e simboli fascisti degli 
ustascia croati della Seconda guerra mondiale, che rispondono ai "nemici" 
ideologici – i comunisti – con i loro graffiti.


Se la maggior parte dei simboli nazisti è stata ricoperta da un altro strato di 
spray, probabilmente da gruppi antifascisti, i graffiti non sono stati rimossi.


Il sito è anche coperto di bottiglie di vetro e di plastica e di ogni tipo di 
immondizia, mentre la vegetazione sovrasta ormai questo monumento in parte 
distrutto. Alcune lapidi sono divelte e danneggiate, mentre le fontane non 
funzionano più.


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Esplosivi dopo il tramonto


Dragan Markovina è uno storico nato a Mostar, che vive in Croazia dalla guerra 
degli anni '90. Nel 2014 ha pubblicato "Tra rosso e nero: Spalato e Mostar 
nella cultura della memoria", libro che ripercorre il passaggio da un 
orientamento antifascista e socialista alla sottovalutazione, quando non 
glorificazione, dei reati commessi dal movimento fascista ustascia croato della 
Seconda guerra mondiale.


Markovina ricorda come il primo atto di distruzione del monumento sia stato 
portato avanti con esplosivi nella notte fra il 13 e il 14 febbraio 1992, prima 
dell'ultima commemorazione e prima dello scoppio della guerra in Bosnia 
Erzegovina.


"Alcuni esplosivi furono detonati, danneggiando alcune lapidi... probabilmente 
per mandare un messaggio a chi programmava di essere presente alla 
commemorazione il giorno successivo", racconta a BIRN.


Il messaggio fu ricevuto: la paura prevalse e solo 50 persone si presentarono 
alla commemorazione.


"Possiamo dire che, simbolicamente, il cimitero fu la prima cosa bombardata a 
Mostar", dice Markovina.


La Chiesa cattolica cita spesso il crimine di guerra commesso durante la 
liberazione di Mostar il 14 febbraio 1945, quando le forze partigiane uccisero 
sette sacerdoti della chiesa francescana locale. I loro corpi non furono mai 
trovati e nessuno è stato condannato per le loro uccisioni. [SIC: come se i 
francescani non fossero direttamente coinvolti nei crimini dell'NDH! ndIS]


Tuttavia, secondo Markovina, è una "leggenda" che siano principalmente i 
discendenti dei membri del movimento ustascia croato sconfitto a vandalizzare 
il cimitero.


Lo storico sottolinea che molte persone si unirono al movimento partigiano 
anti-fascista a Mostar: 6.000 abitanti sui 18.000 del tempo, di cui oltre 750 
furono uccisi durante la guerra. In città, il movimento antifascista era molto 
più forte di quello ustascia, sottolinea.


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Silenzio a Mostar


Alle domande di BIRN, le persone di Mostar hanno evitato di rispondere, 
dichiarandosi non interessate. Il vicino campus universitario e lo stadio 
centrale del calcio attirano molti giovani che passano quindi dal cimitero, 
anche se sembrano non notarlo o non prestarci attenzione.


Markovina afferma che l'intera cultura della memoria è cambiata sopprimendo la 
memoria del cimitero, che la generazione più giovane vede come un monumento 
all'antifascismo, ma anche al comunismo. Nella città etnicamente divisa, questo 
revisionismo storico proviene prevalentemente dal lato croato, aggiunge.


La parte occidentale della città, controllata dalla popolazione croata, ha 
cambiato completamente i nomi di strade, piazze e parchi negli anni '90, 
sostituendo i nomi di personaggi storici dai tempi socialisti e combattenti 
antifascisti con quelli di re croati medievali, ma anche di ufficiali ustascia, 
come Mile Budak.


"Ora c'è una generazione completamente nuova, con una relazione completamente 
diversa rispetto agli eventi della Seconda guerra mondiale. La maggior parte di 
questi giovani è arrivata a Mostar durante l'infanzia o è nata durante o dopo 
la guerra degli anni '90, mentre i loro genitori venivano da altrove. È per 
questo che gran parte di queste persone non ha una connessione intima con 
Mostar prima della guerra degli anni '90", spiega Markovina.


"Una delle cose più tragiche è che il dipartimento di storia dell'arte è 
letteralmente a 100 metri dal cimitero...[e] i professori non hanno mai parlato 
loro del patrimonio mondiale che possono vedere dalla loro finestra", racconta 
amaramente.


Anche se l'Associazione antifascisti e combattenti della Guerra di Liberazione 
Popolare di Mostar ha richiesto nel 2006 che il sito diventasse un monumento 
nazionale protetto dallo stato, il cimitero è stato comunque lasciato decadere. 
Markovina spiega che la protezione statale impedisce solo la rimozione fisica 
del monumento.


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Minacce di rimozione


Il leader dell'Associazione antifascista, Sead Djulić, accusa le istituzioni 
federali di aver trascurato il sito: in particolare, la ministra della Cultura 
e dello Sport Zora Dujmović non starebbe facendo del proprio meglio per 
proteggere il cimitero.


"Una volta ci ha scritto che è impossibile proteggere il cimitero dei 
partigiani a Mostar perché non è in centro, come se non vivessimo a Mostar e 
non sapessimo dove si trova. Si trova nel centro della città, il che rende la 
sua dichiarazione ridicola", commenta Djulić a BIRN.


Djulić, la cui associazione organizza la commemorazione annuale del 14 
febbraio, conferma l'esistenza di piani per demolire il cimitero e costruire 
una sorta di palcoscenico estivo per concerti e altri eventi. Il Comune e il 
ministero, dice, non vedono bene il cimitero semplicemente perché rappresenta 
l'antifascismo e considerano gli anti-fascisti solo dei comunisti, anche se 
"molti non erano comunisti", aggiunge.


"Il cimitero dei Partigiani dà [loro] fastidio perché...è un cimitero 
antifascista, perché è il cimitero dell'esercito vittorioso nella Seconda 
guerra mondiale e la politica dominante di Mostar si è posta sul lato dei 
perdenti in quella guerra...glorificando gli ustascia e l'ideologia di Pavelić 
[leader ustascia, ndr]. Ecco perché devono distruggere questo monumento", 
afferma.


"La sua demolizione serve a 'ripulire' la storia e dipingere criminali di 
guerra come eroi, santi e semplici esserei umani", aggiunge, concludendo che 
l'UNESCO e le istituzioni europee per il patrimonio culturale dovrebbero 
reagire, soprattutto dato che "l'Europa sottolinea il suo anti-fascismo" [SIC: 
come se l'"Europa" non fosse direttamente responsabile della situazione, ndIS].


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Abbandonato da tutti


Bogdanović è morto nel 2010, non prima di aver visto la distruzione di Mostar e 
del suo caratteristico Ponte Vecchio, nonché il maltrattamento del suo cimitero.


In epoca jugoslava Bogdanović vedeva il memoriale come un modo simbolico per 
"la Mostar morta" di guardare negli occhi "la Mostar viva" per cui si era 
sacrificata, ma era divenuto pessimista dopo la guerra degli anni Novanta.


"E tutto ciò che resta della mia promessa originale è che l'ex città dei morti 
e l'ex città dei vivi continuano a guardarsi... ma con occhi vuoti, neri e 
bruciati", ha scritto Bogdanović in "La città dei morti di Mostar".


Malgrado le poche prospettive per il rilancio del cimitero dei partigiani nel 
prossimo futuro, Markovina ritiene ancora che possa svolgere un ruolo positivo 
nella città profondamente divisa.



"Il cimitero può essere un simbolo di riconciliazione. Il Vecchio Ponte non può 
esserlo più, perché è stato brutalmente distrutto da un esercito e ora se ne 
sono quasi completamente - dal punto di vista simbolico - appropriati i 
bosgnacchi della Città Vecchia", spiega.


"Invece il cimitero è stato abbandonato da tutti... e persone di tutte le 
nazionalità sono morte e vi sono state sepolte insieme".






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