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Minniti come Facta nel 1922
Macerata. Le istituzioni, oggi come ieri, non garantiscono il rispetto della 
legalità costituzionale e aprono i varchi al neofascismo, ritirandosi dalla 
piazza di Macerata. I fatti di Reggio Calabria del 1972 videro la risposta 
coraggiosa dei sindacati metalmeccanici di Trentin, Carniti e Benvenuto in 
piazza contro le bombe nere

Carlo Freccero, Andrea Del Monaco

su Il Manifesto del 13.02.2018

«Il fascismo è morto per sempre» sostiene il ministro degli interni. Mercoledì 
scorso, per Marco Minniti, ci avrebbe pensato il suo ministero dell’interno a 
impedire che la manifestazione antifascista di Macerata si facesse. Per fortuna 
alla fine il governo Gentiloni ha autorizzato tale manifestazione.

Minniti avrebbe dovuto ricordare che il 22 ottobre 1972, un suo predecessore, 
Mariano Rumor, l’allora ministro democristiano degli interni, consentì la più 
grande manifestazione antifascista nella nera Reggio Calabria: Minniti è nato 
proprio a Reggio Calabria, allora aveva 16 anni e si sarebbe iscritto alla Fgci.

Purtroppo oggi non si è ispirato a Rumor. E tantomeno si è ispirato al Pci del 
1972. Minniti sembra incorrere nell’errore del presidente del consiglio Luigi 
Facta nell’ottobre 1922.

Il neofascismo oggi si ripropone per due ragioni.

In primo luogo lo Stato non garantisce il pieno rispetto della legalità 
costituzionale; il governo Monti e i successivi governi del Pd varano politiche 
di austerità alle quali si oppongono solo le destre razziste. E così l’operaio 
impoverito, l’esodato, lo sfrattato o il disoccupato votano a destra perché 
considerano il centrosinistra complice dell’austerità.

La memoria del 1900 dovrebbe aiutare su tre nodi.

1) DOPO IL 1945, la determinazione antifascista di Pci, Psi e Pri e il rispetto 
della Costituzione da parte della Dc hanno fermato il neofascismo. Non 
l’ignavia, bensì il coraggio ha fermato il neofascismo.

Ecco un celebre esempio. Dopo le prime elezioni regionali del 1970 il governo 
nazionale avrebbe voluto nominare Catanzaro capoluogo della regione Calabria. 
Al contrario i reggini volevano la loro città capoluogo.

Dall’agosto 1972 il sindacalista della Cisnal, Ciccio Franco, guidò a Reggio 
Calabria la rivolta neofascista del “boia chi molla”, rivolta che ambiva a 
rappresentare gli emarginati da destra. Squadristi fascisti assaltarono sezioni 
del Pci, del Psi e la Camera del Lavoro. Nel contempo il Fronte Nazionale, 
Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale presero parte ai cosiddetti “moti di 
Reggio Calabria”: il 22 luglio 1970 a Gioia Tauro una bomba fece deragliare il 
treno “Freccia del Sud” e morirono 6 persone.

Il 4 febbraio 1971 venne lanciata una bomba contro un corteo antifascista a 
Catanzaro. Malgrado le bombe e il terrore fascista fossero ben più pericolosi 
del nazista Luca Traini oggi, Claudio Truffi, leader degli edili Cgil, Bruno 
Trentin, Pierre Carniti e Giorgio Benvenuto, alla guida dei metalmeccanici di 
Cgil, Cisl e Uil, organizzarono due cose a Reggio Calabria: una Conferenza sul 
Mezzogiorno e una grande manifestazione di solidarietà al fianco dei lavoratori 
calabresi il 22 ottobre del 1972.

I neofascisti provarono ad impedire ai manifestanti di arrivare a Reggio 
Calabria: nella sola notte tra il 21 e il 22 ottobre 1972 otto bombe furono 
poste sui treni che portavano i metalmeccanici da tutta Italia a Reggio 
Calabria.

Cgil, Cisl e Uil non ebbero paura. Oltre 40000 manifestarono a Reggio Calabria. 
Giovanna Marini immortalò il coraggio degli operai e degli edili nella sua 
celebre canzone “I treni per Reggio Calabria”. Oggi cosa rimane di quel 
coraggio?

2) NEL 1922 UN’IGNAVIA analoga a quella attuale e la complicità della monarchia 
portarono il fascismo al potere. Di fronte a Mussolini che organizzava la 
marcia su Roma, il presidente del consiglio Luigi Facta molto tardivamente 
nella notte del 27-28 ottobre 1922 stilò e proclamò lo Stato d’assedio.

Secondo lo storico Aldo Mola, autore del saggio Mussolini a pieni voti? Da 
Facta al Duce, la mattina del 28 ottobre, Facta, a colloquio con il re Vittorio 
Emanuele III, esordì con le seguenti parole: «Mi creda, maestà, basterebbero 
quattro cannonate a farli scappare come lepri».

Il re si rifiutò di firmare lo Stato d’assedio e chiese al Generale Diaz, Capo 
di Stato Maggiore, se l’esercito sarebbe rimasto fedele alla corona in caso di 
repressione delle camicie nere. Diaz rispose al re così: «L’esercito farà il 
suo dovere, come sempre, ma è meglio non metterlo alla prova».

Al contrario, qualora l’esercito avesse bloccato la Marcia su Roma ci saremmo 
risparmiati vent’anni di dittatura.

3) IL CONSENSO AL NEOFASCISMO e alle destre razziste ha origine nel 
neoliberismo.

Oggi l’austerità europea è l’ostetrica di nuovi fascismi come il Trattato di 
Versailles del 1919: esso, vessando economicamente la Germania dopo la prima 
guerra mondiale, favorì l’ascesa di Hitler durante la Repubblica di Weimar.

I nazisti prevalsero non tanto per l’esplosione dell’inflazione bensì per 
l’alta disoccupazione.

Oggi l’austerità dei vincoli Ue di bilancio in Italia produce esodati (riforma 
Fornero) disoccupati e precari dei voucher: costoro, i colpiti dalla crisi, 
ritenendo il centrosinistra corresponsabile dell’austerità, voteranno Salvini e 
Meloni.

L’austerità morde anche in Germania.

Analogamente, chi guadagna 450 euro al mese con i minijobs non vota più la Spd 
di Schultz perché ricorda che i minijobs sono stati ideati dall’ex manager 
Wolkswagen Peter Hartz e varati dall’ex cancelliere socialdemocratico Schroeder.

Nel 2018 la situazione si incrudelirà per poche semplici ragioni.

L’addendum della Bce di ottobre impone indirettamente alle banche italiane la 
svendita dei loro crediti deteriorati ai fondi avvoltoio; essi compreranno 
aziende in crisi e faranno licenziamenti; rileveranno mutui non pagati, 
acquisiranno le case su cui insistevano i mutui e sfratteranno i morosi. Quindi 
aumenteranno sfratti e licenziamenti.

Nel contempo il Presidente della Bundesbank Weidmann chiede alle banche 
italiane di svendere i loro Btp, i titoli di Stato italiani, e comprare Bund, i 
titoli di Stato tedeschi.

Tale operazione farà aumentare lo spread Btp-Bund e i tassi di interesse sul 
nostro debito e imporrà nuovi tagli alla spesa pubblica. Infine i tedeschi 
vogliono trasformare il Meccanismo Europeo di Stabilità, l’ultimo strumento 
Salva-Stati, in Fondo monetario europeo affidandolo ad un teutone.

Non si fidano della Commissione europea considerata troppo flessibile.

Il Fondo monetario europeo sarà il definitivo cavallo di Troia della Troika in 
Italia.

Le manovre di finanza pubblica saranno risibili e l’intervento dello Stato 
azzerato. Se le classi dirigenti di sinistra accettano tutto ciò e lasciano la 
lotta contro l’austerità alle destre si candidano alla scomparsa.

E spalancano le porte al neofascismo.


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