In quest'altro pensierino sulla guerra, segnalerò un precedente storico della dottrina strategica della guerra preventiva, e cercherò di fare il punto (dilettantescamente, e molto all'ingrosso) su come siamo arrivati sin qui, cioè all'inizio di una nuova epoca nella storia del mondo.
 
  1. Se non vogliamo proprio partire da Adamo ed Eva, il punto di partenza non può che essere la caduta del Muro di Berlino (1989). Con il crollo - con l'implosione - dell'URSS, si è aperto un vuoto di potere e un vuoto di pensiero nel mondo.
  2. Con fasi tattiche alterne, e con diversi contenuti, la forma e il metodo della strategia statunitense, dal 1945 al 1989, erano sempre stati improntati al principio conservatore del contenimento della potenza avversa. Mentre l'Unione Sovietica era militarmente  e ideologicamente aggressiva (cioè espansionistica), gli USA erano difensivisti sul piano militare, e aggressivi (cioè espansionistici) sul piano economico e culturale-antropologico (diffusione dell'american way of life in tutto l'occidente e oltre). Com'è finita la gara, ognuno vede. Lo sforzo sovietico di superare sul piano militare l'avversario, unito alle aporie della pianificazione economica e alla erosione dell'ideologia, hanno condotto a una sconfitta totale che si è consumata in una forma senza precedenti storici: quella dell'abbandono per manifesta inferiorità.
  3. Il giorno dopo la caduta del muro, gli Stati Uniti si sono trovati di fronte a una situazione (quasi) senza precedenti: quella di una potenza mondiale senza avversari del medesimo ordine di grandezza. Questo non fu vero per l'impero romano (i Parti) né per l'impero britannico (Francia, Impero austroungarico, Impero tedesco).
  4. Dico quasi, perché per un breve periodo (quattro, cinque anni) proprio gli Stati Uniti hanno conosciuto una situazione analoga. Quale? Tra la riuscita del progetto Manhattan per l'impiego bellico dell'energia atomica (1945) e il momento in cui anche l'Unione Sovietica si impadronì dell'arma atomica (non ricordo la data esatta, ma dev'essere il 1949 o il 1950).
  5. In quel breve spazio di tempo, l'amministrazione americana ebbe una window of opportunity di superiorità qualitativa su ogni altra potenza mondiale paragonabile alla attuale; e in un certo senso, anche superiore (tra l'armamento convenzionale dell'epoca e l'armamento atomico c'era una differenza qualitativa ancor maggiore di quella che oggi passa tra, diciamo, Gran Bretagna, Francia, India, Cina  e USA: le potenze suddette, oggi, in caso di guerra nucleare con gli USA verrebbero sì cancellate dalla carta geografica, ma non senza infliggere all'avversario danni nell'ordine di un terzo della popolazione civile uccisa, parte del territorio nazionale inabitabile per secoli, etc.). Vediamo come gli USA misero a frutto l'occasione.
  6. Prima di tutto, ci fu il dibattito: lanciare o no la bomba. Il generale MacArthur, ad esempio, comandante in capo delle forze alleate nel Pacifico, era contrario per due ordini di ragioni. Primo, perché l'atomica ripugnava alla sua etica di guerriero. Secondo, perché non era necessaria sul piano militare. La propaganda USA sostenne (e ufficialmente sostiene ancora) che le atomiche furono lanciate su Hiroshima e Nagasaki per prevenire una indispensabile invasione del Giappone, che sarebbe costata centinaia di migliaia di caduti alleati. In realtà, dopo la battaglia delle Midway la flotta giapponese era stata definitivamente sconfitta (non poteva più "mostrare la bandiera" in mare aperto, secondo la formula del linguaggio marinaresco) ed essendo il Giappone un arcipelago, bastava stringerlo in un blocco navale, aspettare, e aprire una trattativa diplomatica per ottenere la resa. Perché, dunque, si giunse al lancio delle atomiche?
  7. L'amministrazione Truman decise il lancio delle atomiche per due motivi. Primo, per mandare un segnale ai sovietici: "Fermi lì". Secondo, per poter rimodellare dalle fondamenta il sistema politico nipponico.  Ottenere una resa senza condizioni dal Giappone senza lanciare l'atomica sarebbe stato molto difficile, e forse impossibile (il blocco navale avrebbe dovuto prolungarsi per molti anni, disgregando la società nipponica, riducendo alla fame la popolazione civile e rendendo insostenibile, a lungo andare, la posizione politica statunitense).
  8. Per la natura totale della guerra in via di conclusione, infatti, gli Alleati avevano preso la decisione di esigere dalle potenze dell'Asse una resa senza condizioni, e di rimodellare in senso democratico i regimi di quei paesi, che furono dichiarati illegittimi e criminali e perseguiti nei tribunali di guerra istituiti dalle potenze vincitrici.  (C'erano ottimi motivi per farlo: la Shoa in Occidente, e in Oriente diversi gravi episodi di crudeltà sistematica ad opera delle forze regolari nipponiche, come gli stermini di Nanchino, il trattamento disumano dei prigionieri di guerra, etc.).
  9. L'amministrazione americana, dunque, prese la decisione insieme strategica, culturale e morale di trasformare antropologicamente le civiltà degli Stati sconfitti. La Germania aveva avuto la breve esperienza democratica della repubblica di Weimar; l'Italia era stata una monarchia costituzionale per sessant'anni; il Giappone aveva conosciuto la modernizzazione occidentalizzante della dinastia Meiji; ma nessuna di queste società aveva conosciuto anche soltanto il suffragio universale. La più lontana dal modello democratico occidentale era, naturalmente, il Giappone. Di conseguenza, in Giappone le forze d'occupazione USA agli ordini di MacArthur scrissero la nuova Costituzione e i nuovi libri di testo per le scuole, e per farla breve imposero fin nei dettagli il modello politico, educativo ed economico occidentale. Dopo un lungo dibattito, e con l'ausilio di una ricerca antropologica commissionata dal governo USA (pubblicata con il titolo La spada e il crisantemo, è tuttora un testo fondamentale sul Giappone) si decise di spogliare di tutti i poteri politici, ma di non abolire l'istituzione imperiale.
  10. Ci sarebbero riusciti, senza lanciare le atomiche? Personalmente, ne dubito assai. Una civiltà antichissima, di straordinaria raffinatezza, orgogliosa fino all'eccesso della sua superiorità come quella nipponica non si sarebbe lasciata trasformare a quel modo, senza il trauma (senza il Giudizio di Dio) dell'atomica.  
  11. Shock & Awe  significa, in traduzione corretta, "Lascia attoniti e ispira il timor di Dio". O più liberamente, "Folgora e converti." Awe non significa terrore. E' la parola che designa il timore reverenziale (occhi sbarrati, pallore cinereo, capelli ritti sulla nuca, brividi lungo la schiena) ispirato dalle manifestazioni del numinoso. Una civiltà sacrale come quella nipponica comprese benissimo il linguaggio che parlavano le atomiche: era il linguaggio del sacro.  
  12. Ma fu dibattuta anche un'altra ipotesi strategica, nel corso di quei brevi anni di superiorità assoluta degli Stati Uniti. A sostenerla per primo, e con la voce più autorevole, fu il filosofo e matematico britannico Bertrand Russell: quello che poi negli anni Cinquanta e Sessanta divenne una della più ascoltate voci del movimento pacifista internazionale.
  13. La proposta di Russell era la seguente: fare uso preventivo della bomba atomica contro l'Unione Sovietica, per impedire che, impadronendosene, mettesse a rischio l'intera civiltà occidentale. Russell proponeva di minacciare l'impiego della bomba per ottenere importanti riforme politiche in URSS, e per limitarne la sfera d'influenza geopolitica. Se la minaccia non fosse stata sufficiente, era favorevole all'uso immediato della bomba in una guerra il cui esito, per la disparità delle forze in campo, era scontato.
  14. Siccome so che è difficile crederci, riporto il brano dell'articolo in cui per la prima volta Russell formulò la proposta.
  15. "As I write, I learn that a second bomb has been dropped on
    Nagasaki.
          The prospect for the human race is sombre beyond all precedent. Mankind
    are faced with a clear-cut alternative: either we shall all perish, or we shall
    have to acquire some slight degree of common sense. A great deal of new
    political thinking will be necessary if utter disaster is to be averted.
          For the moment, fortunately, only the United States is in a position to
    manufacture atomic bombs. The immediate result must be a rapid end to the
    Japanese war, whether by surrender or by extermination. The power of the United
    States in international affairs is, for the time being, immeasurably increased;
    a month ago, Russia and the United States seemed about equal in warlike
    strength, but now this is no longer the case. This situation, however, will not
    last long, for it must be assumed that before long Russia and the British Empire
    will set to work to make these bombs for themselves. Uranium has suddenly become
    the most precious of raw materials, and nations will probably fight for it as
    hitherto they have fought for oil. In the next war, if atomic bombs are used on
    both sides, it is to be expected that all large cities will be completely wiped
    out; so will all scientific laboratories and all governmental centres.
    Communications will be disrupted, and the world will be reduced to a number of
    small independent agricultural communities living on local produce, as they did
    in the Dark Ages. But presumably none of them will have either the resources or
    the skill for the manufacture of atomic bombs.
          There is another and a better possibility, if men have the wisdom to make
    use of the few years during which it will remain open to them. Either war or
    civilization must end, and if it is to be war that ends, there must be an
    international authority with the sole power to make the new bombs. All supplies
    of uranium must be placed under the control of the international authority,
    which shall have the right to safeguard the ore by armed forces. As soon as such
    an authority has been created, all existing atomic bombs, and all plants for
    their manufacture, must be handed over. And of course the international
    authority must have sufficient armed forces to protect whatever has been handed
    over to it. If this system were once established, the international authority
    would be irresistible, and wars would cease. At worst, there might be occasional
    brief revolts that would be easily quelled.
          But I fear all this is Utopian. The United States will not consent to any
    pooling of armaments, and no more will Soviet Russia. Each will insist on
    retaining the means of exterminating the other, on the ground that the other is
    not to be trusted.
          If America were more imperialistic there would be another possibility,
    less Utopian and less desirable, but still preferable to the total obliteration
    of civilized life. It would be possible for Americans to use their position of
    temporary superiority to insist upon disarmament, not only in Germany and Japan,
    but everywhere except in the United States, or at any rate in every country not
    prepared to enter into a close military alliance with the United States,
    involving compulsory sharing of military secrets. During the next few years,
    this policy could be enforced; if one or two wars were necessary, they would be
    brief, and would soon end in decisive American victory. In this way a new League
    of Nations could be formed under American leadership, and the peace of the world
    could be securely established. But I fear that respect for international justice
    will prevent Washington from adopting this policy." B. Russell, The Bomb and Civilization, 1945.
  16. La proposta fu dibattuta e sostenuta da importanti intellettuali e uomini politici (Russell era anche un politico con relazioni al massimo livello, non solo uno scienziato), ma poi non fu accettata (per fortuna). Non conosco - posto che sia possibile - i documenti del dibattito all'interno dell'amministrazione Truman. Fatto sta che andò così. Una volta rifiutata questa proposta, coerentemente Russell partecipò all'organizzazione del movimento pacifista, e promosse la creazione di organismi internazionali come ONU e UNESCO, sempre in vista di quel progetto di creazione di un governo mondiale menzionato nell'articolo al punto 15.
  17. Ma per tornare al presente. La proposta Russell di guerra preventiva allo scopo di assicurare la pace mondiale è - salvo errore - l'unico precedente storico calzante della dottrina strategica della guerra preventiva attualmente adottata dalla Presidenza Bush.
  18. Anche oggi, nel vuoto di potere e di pensiero apertosi con la scomparsa dell'URSS, le ipotesi di governo dell'ordine mondiale si strutturano come indicato da Russell. Vediamole.
  19. Ipotesi uno: governo mondiale garantito da un organismo sovrannazionale che in prospettiva vuole dotarsi del monopolio della forza. I motivi per cui l'ONU non è riuscita a fermare le stragi in Bosnia, o in Rwanda, sono certo tanti: ma sono tutti da ricondurre al fatto assai semplice che l'ONU non avrà mai sovranità reale sul mondo finchè non si porrà seriamente, e seriamente risolverà, il problema del monopolio della forza. (Se poi sia desiderabile che lo abbia, è un'altra questione. Se interessa il mio parere, no).
  20. Ipotesi due: disarmo forzato di tutte le nazioni giudicate inaffidabili e pericolose per gli Stati Uniti e la civiltà occidentale nel suo complesso, operato dagli USA e dalle mutevoli coalitions of the willing che via via si formeranno intorno alla potenza egemone. Questo disarmo va operato a partire da subito, finchè la superiorità militare incontestabile statunitense tiene aperta la window of opportunity. "During the next few years,
    this policy could be enforced; if one or two wars were necessary, they would be
    brief, and would soon end in decisive American victory. In this way a new League
    of Nations could be formed under American leadership, and the peace of the world
    could be securely established." Questa è la linea politica che la presidenza Bush ha iniziato ad attuare.
  21. Ipotesi tre: sorgere di uno o più blocchi di potenze dell'ordine di grandezza necessario a controbilanciare la potenza statunitense, politica internazionale basata sull'equilibrio di potenza e sul suo tradizionale contraltare diplomatico, il diritto internazionale. Rinuncia a lungo termine al progetto di governo mondiale, nella forma utopica (ONU dotata del monopolio della forza) e nella forma imperialistica (ONU come strumento legale della potenza statunitense). Rischio di guerre limitate, con il pericolo di un confronto diretto che incombe all'orizzonte. Ripristino del principio di sovranità, reso però problematico dalla globalizzazione economica e culturale. La realizzabilità di questa ipotesi, tutto sommato conservatrice, o meglio restauratrice  (è una Restaurazione della situazione precedente, con l'Europa e la Cina che prendono il posto dell'URSS) dipende direttamente dal comportamento politico dell'Europa nei prossimi pochi anni.
  22. Per concludere questa riflessione. Il gruppo dirigente che attualmente orienta la politica della presidenza USA è un gruppo di profeti armati. Non si propongono, come unico scopo, la sicurezza e la potenza degli Stati Uniti. Pensano il mondo, e rispondono alla sfida del vuoto di potere e di pensiero attuale con una utopia in armi dello stesso ordine di grandezza (politica se non filosofica) del comunismo. Chi vuole creare qualcosa che non è mai esistito nella storia umana come un governo mondiale non può limitarsi a considerazioni di realpolitik, anche se ne farà uso costante. Deve anzitutto preoccuparsi di una questione essenziale: in che modo fondarne la legittimità? Le parole che metteranno in campo sono due parole di grande peso: democrazia e pace. Diranno: non c'è pace senza democrazia, non c'è democrazia senza sconfitta dei nemici della democrazia (e quindi senza la guerra presente e le future). Io credo che siano menzogne, ma non sono menzogne a buon mercato. Siccome anche noi che avversiamo questo progetto le conserviamo fra le parole a noi più care, e le usiamo sbadatamente, senza riflettere bene alla loro origine e alle loro conseguenze, dovremo procedere, nell'immediato futuro, a un accurato esame di che cosa significa pace, e di che cosa significa democrazia.
  23. Prossimamente (nel prossimo pensierino sulla guerra) ci proverò anche io. Come sempre, obiezioni, commenti e collaborazioni sono i benvenuti. Con un saluto cordiale. RB 

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