La grande truffa dell'idrogeno
by Vassili Zaitsev Monday July 14, 2003 at 10:34 AM




Ormai quando si parla di "energia pulita" si parla praticamente solo di
idrogeno. Purtroppo dobbiamo ammettere di esser stati vittime di un indirizzamento
tendenzioso di legittime e nobili aspettative.

Ormai quando si parla di "energia pulita" si parla praticamente solo di
idrogeno. Molti di noi, sinceramente ambientalisti, darebbero chissà cosa
per possedere un'auto il cui scarico potrebbe teoricamente essere respirato,
o un analogo impianto domestico di riscaldamento. Ma non è così. Purtroppo
dobbiamo ammettere di esser stati vittime di un indirizzamento tendenzioso
di legittime e nobili aspettative. Sempre più scienziati, infatti, compresi
i firmatari di questa lettera aperta, ci avvertono che c'è qualcosa di molto
sbagliato...

I firmatari della presente - ricercatori e persone a vario titolo impegnate
in ambiente accademico e scientifico - desiderano esprimere la loro forte
preoccupazione e un netto dissenso rispetto alla campagna mediatica che
viene sostenuta per propagandare «l'idrogeno come combustibile pulito»,
addirittura alla base di una pretesa «rivoluzione ecologica». Questa campagna
è stata avviata dal noto economista Jeremy Rifkin (Economia all'idrogeno,
Mondadori 2002), presidente della Foundation on Economic Trends di Washington,
e continua ad essere alimentata, nonostante incongruenze piuttosto evidenti
negli assunti di fondo. L'idrogeno è un gas infiammabile che non esiste
sulla superficie terrestre, e produrlo artificialmente richiede di per sé
un notevole dispendio di energia. Di conseguenza esso non può essere di
per sé etichettato come di energia, ma soltanto come vettore, cioè come
mezzo per immagazzinare l'energia prodotta da altre fonti. Notiamo qui subito
che tale immagazzinamento, come ogni conversione da un tipo di energia ad
un altro, ha un costo energetico, cioè comporta la degradazione in calore
e la conseguente perdita di una parte dell'energia coinvolta. Oggi quasi
tutto l'idrogeno prodotto industrialmente viene ottenuto a partire da fonti
di energia fossili, più precisamente dal metano o da derivati del petrolio,
attraverso processi detti di «reforming». L'idrogeno prodotto in questi
processi contiene circa il 75% dell'energia fornita in ingresso, mentre
il restante 25% viene perso sotto forma di calore. Il nostro vettore di
energia è quindi in realtà assimilabile a un secchio bucherellato.

Inoltre, per ogni atomo di carbonio presente negli idrocarburi utilizzati
nei processi di reforming, si produce una molecola di anidride carbonica.
Come sappiamo, l'anidride carbonica è il principale tra quei gas che, immessi
nell'atmosfera, contribuiscono al riscaldamento del nostro pianeta, con
gravi e ancora non del tutto prevedibili conseguenze sul clima. In effetti,
la quantità di anidride carbonica ottenuta producendo idrogeno per reforming
è la stessa che si produrrebbe se il metano o il petrolio utilizzati fossero
bruciati direttamente in una centrale elettrica. Dal punto di vista dell'effetto
serra, che dovrebbe essere uno dei criteri di valutazione principali della
compatibilità ecologica di una tecnologia, l'uso dell'idrogeno così prodotto
non apporta quindi alcun vantaggio, anzi, come vedremo, può risultare svantaggioso
quando si consideri l'anidride carbonica prodotta per unità di energia generata.


Come si utilizza l'idrogeno? Se consideriamo l'uso per autotrazione, che
è quello per il quale viene maggiormente propagandato, esistono due opzioni.
La prima, più immediata, è di utilizzarlo come combustibile per un motore
a combustione interna opportunamente modificato, simile a quelli attualmente
utilizzati nelle automobili. Questa soluzione avrebbe effettivamente l'effetto
di liberare le città da buona parte dei gas di scarico prodotti dagli autoveicoli,
e quindi di migliorare la qualità dell'ambiente urbano. Purtroppo, si tratta
di un approccio al problema assolutamente insostenibile dal punto di vista
globale. Ammettendo per i motori a idrogeno un rendimento pari a quello
dei motori a benzina, come abbiamo detto vi è nel processo di produzione
dell'idrogeno una perdita di energia che fa sì che, a parità di energia
utile, occorra un consumo maggiore di idrocarburi, e conseguentemente il
rilascio di una maggiore quantità di anidride carbonica nell'atmosfera.


La seconda opzione è quella di usare l'idrogeno in celle a combustibile.
Si tratta di dispositivi che convertono l'energia immagazzinata nell'idrogeno
in energia elettrica, che può essere usata per alimentare un motore elettrico.
Anche in questo caso, il merito dell'idrogeno sarebbe quello di spostare
l'inquinamento dalle città alle centrali di produzione dell'idrogeno. Visti
i buoni rendimenti delle celle a combustibile, con questa tecnologia ci
si può aspettare un livello di consumi di idrocarburi - e quindi di produzione
di anidride carbonica - pressoché pari a quello attuale, a parità di energia
utile prodotta. Neanche questa dunque è una opzione valida dal punto di
vista ambientale, stante la necessità di ridurre prima possibile i consumi
di combustibili fossili e le emissioni di anidride carbonica.

C'è poi una visione che prevede la produzione di idrogeno senza il ricorso
a sorgenti fossili, per mezzo di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili
(solare, eolico, ecc.). L'idea di un sostanziale incremento della produzione
di energia da fonti rinnovabili non può che trovarci pienamente favorevoli.
Tenuto conto però che, ragionevolmente, queste fonti potranno al più fornire
solo una parte dell'attuale fabbisogno energetico mondiale, è possibile
verificare che l'elettricità così prodotta sarebbe utilizzata in maniera
più efficiente, cioè con minore spreco, immettendola direttamente nella
rete elettrica piuttosto che non immagazzinandola nel nostro «secchio bucherellato».


Infine, va citato il fatto che l'idrogeno può essere ottenuto per reforming
anche dal carbone. Questo procedimento, che come detto sopra equivale, in
termini di produzione di anidride carbonica, a bruciare il carbone stesso
(ma con minore resa energetica), aprirebbe in pratica la strada all'uso
per autotrazione, e non solo, delle abbondanti riserve di carbone ancora
esistenti sul pianeta, con un effetto sul riscaldamento globale ancora peggiore
di quello degli scenari descritti precedentemente. Infatti, a parità di
energia prodotta il carbone produce ancora più anidride carbonica del petrolio
e del metano. Né può risultare di conforto la prospettiva oggi propagandata
che la produzione dell'idrogeno avvenga in impianti in cui l'anidride carbonica
venga «sequestrata» e immagazzinata in siti sotterranei. Infatti, al di
là dei grossi problemi tecnici ancora da superare e del costo energetico
del procedimento, nessuno è in grado di predire se nel lungo periodo questa
anidride carbonica non sia comunque in grado di raggiungere l'atmosfera,
per diffusione o in occasione di terremoti o altri eventi geologici violenti.


Riassumendo: gli idrocarburi fossili (petrolio e metano) sono preziosi in
quanto esistono sul nostro pianeta in quantità limitate e costituiscono,
oltre che fonti di energia, anche materie prime preziose per una grande
quantità di processi industriali. Di conseguenza essi vanno risparmiati
ed indirizzati agli usi strettamente necessari, non solo perché il loro
utilizzo aumenta l'effetto serra, ma anche perché il prossimo raggiungimento
del picco mondiale di produzione (previsto entro pochi anni) è causa di
gravi tensioni internazionali, e sempre più lo sarà in futuro. Le azioni
militari contro la repubblica federale di Jugoslavia e l'Afghanistan erano
motivate principalmente dalla preoccupazione degli Usa e dei loro alleati
di assumere il controllo delle vie di trasporto del petrolio del Mar Caspio.
Il riferimento al petrolio è ovviamente ancora più esplicito quando si parla
dell'Iraq.

I combustibili fossili, per poterli risparmiare, vanno utilizzati nel modo
più efficiente possibile, il che oggi vuol dire che bisogna bruciarli in
centrali elettriche. Altri usi vanno disincentivati. In quest'ottica, il
motore a combustione interna rappresenta una tecnologia terribilmente inefficiente
che va superata quanto prima, in quanto utilizza solo metà o anche meno
dell'energia che si riesce a estrarre in una centrale elettrica. L'introduzione
dell'idrogeno non può modificare questa visione, anzi renderebbe la situazione
ancora più critica qualora venisse usato come combustibile per motori a
combustione interna. Per di più, qualora la scarsità di petrolio e metano
portasse in futuro all'utilizzo di idrogeno prodotto a partire dal carbone,
gli effetti in termini di cambiamenti climatici sarebbero ancora più devastanti.


Invitiamo quindi tutti coloro che hanno a cuore il futuro del nostro pianeta
a non cadere nel tranello dell'idrogeno, che è in realtà uno stratagemma
di marketing utilizzato dalle compagnie petrolifere con l'intento di mantenere
l'attuale situazione di spreco dei combustibili fossili, e da alcuni governi
in vista di un insostenibile passaggio ad un regime di produzione di energia
basato principalmente sul carbone. L'idrogeno non rappresenta quindi la
rivoluzione energetica promessa, ma una semplice riedizione degli odierni
scempi ambientali (si pensi alle truffe della benzina verde e dell'ecodiesel).
Il grosso problema dell'energia non è come immagazzinarla (anche questo
ha un peso, ma diverso e di portata molto più limitata), ma come produrla
e come utilizzarla con minori sprechi. Se ci sta a cuore il futuro del pianeta
diventa improcrastinabile, accanto a un deciso sviluppo nel campo delle
fonti rinnovabili e delle politiche di risparmio e di uso differenziato
delle diverse fonti, uno sforzo collettivo verso l'elaborazione di un nuovo
concetto dello sviluppo, che non sia basato sulla continua crescita economica,
cioè sul continuo aumento quantitativo delle merci, dei prodotti e dei consumi.
Tale crescita, la cui insostenibilità diventa di giorno in giorno più evidente,
ci sta portando ad un stato di guerra infinita e permanente per appropriarsi
delle sempre più scarse risorse energetiche.

Firmato,
Angelo Baracca, Franco Marenco, Emilio Martines, Andrea Martocchia, Luca
Nencini, Maria Luigia Paciello, Libero Vitiello, aderenti al Comitato «Scienziate
e scienziati contro la guerra»


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