Aggiungo solo qualche nota, dettata piu' dall'emozione che dal
ragionamento, sul, come al solito, stimolante post di Rattus...
Per far roteare sinuosamente il concetto di esodo sui piatti dei DJ
hip-hop, forse dobbiamo mixarlo col divenire deleuziano. Il divenire
deleuziano e sempre un essere presi in mezzo, tra, senza punto d'origine
ne' punto d'arrivo.Per questo, nel divenire, si viaggia su una linea alla distanza 
maggiore
possibile da quanto puo' essere chiamato cultura. Secondo me il termine
cultura vicino ad altre parole tipo punk, hip-hop, cyberpunk, rischia di
far invischiare le ''pratiche di difesa biopolitica'' in una gelatina
appicicaticcia.Difficile pensare che gli schiavi deportati dall'Africa in Jamaica
avessero avuto il tempo e la possibilta' di prendere i  tamburi e
portarseli appresso. Eppure il Njabinghi drumming, che fa da base portante
alla ritmica dello ska, del rocksteady e poi del reggae, veniva suonato
ugualmente, nelle calde notti dell'isola di Marcus Garvey, sotto una
cortina fumogena di ganja. I tamburi rastafariani jamaicani venivano fatti
con materiali di scarto, pelli di capra, vecchi bidoni arrugginiti(du yu
rimemba hacking?). Per quanto il predicatore jamaicano si sia affannato a
riscrivere e predicare la bibbia in versione nera, in un'isola in cui la
maggior parte della popolazione non sa' ne' leggere ne' scrivere, hanno
fatto molto di piu' le ritmiche associate al delirio psicotropo. Dopo gli
strumenti musicali reinventati e' stata la volta dei Dj e dei Sound
System. La musica viene pompata da enormi casse alte un paio di metri, con
bassi che escono da woofer di un metro e mezzo di diametro. Ti pigliano il
diaframma e lo fanno vibrare al ritmo dei bassi cadenzati. Il corpo si
muove letteralmente da solo. I dischi jamaicani hanno una fantastica
peculiarita': sul lato B e' incisa la base musicale senza voce (la
cosiddetta version). Il Dj, una volta fatta ascoltare la canzone originale
cantata dal singer di turno, gira velocemente il disco sul piatto e
comincia ad improvvisare con la voce. Il pubblico risponde con grida e
ovazioni, lampeggi con accendini, trilli di fischietti e trombe da stadio.
Il freestyle coinvolge Dj e pubblico in una performance estemporanea che
dura il tempo di un brano. E poi sotto con un altro pezzo. Non ci sono
incisioni, ne' registrazioni. Ogni volta si improvvisa qualcosa di nuovo.Afrika 
Bambataa, immigrato jamaicano a nuova York, non ha sicuramente il
tempo e i soldi per portarsi dietro i dischi dalla Jamaica. Negli Usa
pero' ci sta il funk e l'r'n'b, con una buona quantita' di parti melodiche
senza voce. Il Dj comincia cosi' a mescolare un pezzo con l'altro alla
ricerca delle ritmiche piu' pompate. Fa girare i dischi, mescolandoli al
mixer, facendoli andare contemporaneamente, creando delle strutture
tagliate e incollate dallo sgracchiare della puntina sul disco (lo
scratch).Naturalmente il tutto avviene estemporaneamente per la strada, chiusa da
file di bidoni e di camion, al traffico e alla polizia, per party che
vedono alternarsi all'abilita' dei Dj nel cut'n 'mix, la vorticosa
eloquenza degli Mc (master of ceremony). Tutt'intorno gente vestita con
tute da ginnastica balla a scatti, percorsa da una corrente elettrica: il
dancefloor e' l'asfalto.Non sono cose che si imparano in una scuola: tutta questa 
gente di scuola
e di cultura ne ha visto poco o niente. Ognuno si crea il proprio stile,
la propria espressione: non si copia, non c'e' spazio per i sucker!Come ha il proprio 
stile il pischello con la bomboletta. Fa la sua tag su
un treno, su un muro. Non rimane la' per sempre, non e' una tela o
un'opera d'arte. Nella strada arriva subito qualcuno che copre il tuo
stile col suo.Lo stile non puo' essere messo per iscritto su un libro, ne' puo' essere
appreso da un maestro.Lo stile eventualmente si ruba con gli occhi. Come a suo tempo 
gli schiavi
appresero la lingua inglese dai loro padroni. Una lingua soltanto parlata,
sgrammaticata, ma potentemente minore. Non per vezzo culturale o politico.
Solo perche' non si poteva fare altrimenti. Lo slang (o patois) degli
slums niuiorhesi o jamaicani, e' una lingua sustanziata, emozionale,
corporale.
L'esodo non permette cultura, non permette struttura, non permette
cristallizzazioni. E' fratello di un immediatismo stradaiolo, di Taz non
studiate a tavolino. E chi si muove impercettibilmente sulle linee
dell'esodo, si muove velocemente e soprattutto non puo' portarsi le
valigie appresso. E' senza casa, senza terra, senza famiglia, senza
lingua, senza soldi, senza libri. Tutto quello che puo' fare e' vivere
altrimenti. Sempre preso in mezzo, senza un'origine e senza un arrivo.
Respect
S*phz



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