1) È NATO il neonazismo in Europa (Manlio Dinucci, 13 giugno 2017)
2) FLASHBACKS: Democrazia NATO in Ucraina... ed altri link (Manlio Dinucci)


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Sullo stesso tema si veda anche:
Un nazista ucraino ricevuto alla Camera dalla Boldrini
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8720

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La Notizia di Manlio Dinucci : È NATO il neonazismo in Europa (PandoraTV, 13 
giu 2017)
Il parlamento di Kiev ha votato un emendamento legislativo per l’adesione 
ufficiale dell’Ucraina alla Nato. Mossa pericolosissima: se l’Ucraina entrasse 
nella Nato gli altri 29 membri, in base all’Art. 5, dovrebbero andare in guerra 
contro la Russia. Il “merito” dell’iniziativa va al presidente del parlamento 
Andriy Parubiy, famigerato neonazista (ricevuto con tutti gli onori a 
Montecitorio dalla presidente Boldrini), uno dei capi del colpo di stato sotto 
regia Usa/Nato che ha trasformato l’Ucraina in «vivaio» del rinascente nazismo 
nel cuore dell’Europa...
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=DoiC73rrkDU

TESTO: https://ilmanifesto.it/e-nato-il-neonazismo-in-europa/

L’arte della guerra

È NATO il neonazismo in Europa

Manlio Dinucci

L’Ucraina, di fatto già nella Nato, vuole ora entrarvi ufficialmente. Il 
parlamento di Kiev, l’8 giugno, ha votato a maggioranza (276 contro 25) un 
emendamento legislativo che rende prioritario tale obiettivo.

La sua ammissione nella Nato non sarebbe solo un atto formale. La Russia viene 
accusata dalla Nato di aver annesso illegalmente la Crimea e di condurre azioni 
militari contro l’Ucraina. Di conseguenza, se l’Ucraina entrasse ufficialmente 
nella Nato, gli altri 28 membri della Alleanza, in base all’Art. 5, dovrebbero 
«assistere la parte attaccata intraprendendo l’azione giudicata necessaria, 
compreso l’uso della forza armata». In altre parole, dovrebbero andare in 
guerra contro la Russia.

Il merito di aver introdotto nella legislazione ucraina l’obiettivo di entrare 
nella Nato va al presidente del parlamento Andriy Parubiy. Cofondatore nel 1991 
del Partito nazionalsociale ucraino, sul modello del Partito nazionalsocialista 
di Adolf Hitler; capo delle formazioni paramilitari neonaziste, usate nel 2014 
nel putsch di Piazza Maidan, sotto regia Usa/Nato, e nel massacro di Odessa; 
capo del Consiglio di difesa e sicurezza nazionale che, con il Battaglione Azov 
e altre unità neonaziste, attacca i civili ucraini di nazionalità russa nella 
parte orientale del paese ed effettua con apposite squadracce feroci pestaggi 
di militanti del Partito comunista, devastando le sue sedi e facendo roghi di 
libri in perfetto stile nazista, mentre lo stesso Partito sta per essere messo 
ufficialmente fuorilegge.

Questo è Andriy Parubiy che, in veste di presidente del parlamento ucraino 
(carica conferitagli per i suoi meriti democratici nell’aprile 2016),  è stato 
ricevuto il 5 giugno a Montecitorio dalla presidente della Camera, Laura 
Boldrini. «L'Italia - ha sottolineato la presidente Boldrini - ha sempre 
condannato l'azione illegale avvenuta ai danni di una parte del territorio 
ucraino». Ha così avallato la versione Nato secondo cui sarebbe stata la Russia 
ad annettersi illegalmente la Crimea, ignorando il fatto che la scelta dei 
russi di Crimea di staccarsi dall’Ucraina e rientrare nella Russia è stata 
presa per impedire di essere attaccati, come i russi del Donbass, dai 
battaglioni neonazisti e le altre forze di Kiev.

Il cordiale colloquio si è concluso con la firma di un memorandum d'intesa che 
«rafforza ulteriormente la cooperazione parlamentare tra le due assemblee, sia 
sul piano politico che su quello amministrativo». Si rafforza così la 
cooperazione tra la Repubblica italiana, nata dalla Resistenza contro il 
nazi-fascismo, e un regime che ha creato in Ucraina una situazione analoga a 
quella che portò all’avvento del fascismo negli anni Venti e del nazismo negli 
anni Trenta.

Il battaglione Azov, la cui impronta nazista è rappresentata dall’emblema 
ricalcato da quello delle SS Das Reich, è stato incorporato nella Guardia 
nazionale, trasformato in unità militare regolare e promosso allo status di 
reggimento operazioni speciali. È stato quindi dotato di  mezzi corazzati e 
pezzi d’artiglieria. Con altre formazioni neonaziste, trasformate in unità 
regolari,  viene  addestrato da istruttori Usa della 173a divisione 
aviotrasportata, trasferiti da Vicenza in Ucraina, affiancati da altri della 
Nato.

L’Ucraina di Kiev è così divenuta il «vivaio» del rinascente nazismo nel cuore 
dell’Europa. A Kiev confluiscono neonazisti da tutta Europa, Italia compresa. 
Dopo essere stati addestrati e messi alla prova in azioni militari contro i 
russi di Ucraina nel Donbass, vengono fatti rientrare nei loro paesi. Ormai la 
Nato deve ringiovanire i ranghi di Gladio.

(il manifesto, 13 giugno 2017)



=== 2: FLASHBACKS ===

Di Manlio Dinucci, sullo stesso tema, si vedano anche:

Heil mein Nato! L’Ucraina «vivaio» del rinascente nazismo in Europa (M. 
Dinucci, 5.1.2016 – testo e video)
TESTO: https://ilmanifesto.it/ucraina-heil-mein-nato/
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=UTuVZwvLlco

Manlio Dinucci sull'euro-NATO-nazismo ucraino (rassegna JUGOINFO 15 set 2015)
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8388

I neo-nazisti ucraini addestrati dagli Usa (Manlio Dinucci,  9.2.2015)
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8256

Come la Nato ha scavato sotto l’Ucraina (Manlio Dinucci, 25 febbraio 2014)
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/7904

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En français: Démocratie selon l’Otan en Ukraine (par Manlio Dinucci, 22 
septembre 2015)
La presse occidentale tenta de faire passer le coup d’État en Ukraine pour une 
« révolution » populaire et spontanée. Mais avec le temps et l’accumulation de 
preuves, il fut admit que les événements avaient été provoqués et encadrés de 
manière à en finir avec la « dictature ». On devait donc admettre cette entorse 
au droit international comme un moyen malheureux permettant d’arriver à la 
démocratie. Un an et demi plus tard, Manlio Dinucci observe ce qu’est devenu le 
pays. Le bilan montre qu’il n’a jamais été question d’instaurer de régime 
démocratique ce qui pose à nouveau, rétrospectivement cette fois, deux 
questions. La première sur la légitimité des institutions actuelles, la seconde 
sur la nature et les ambitions de l’Otan qui organisa ce coup...
http://www.voltairenet.org/article188771.html

L’arte della guerra

Democrazia NATO in Ucraina

Manlio Dinucci


«Storica» visita del segretario generale della Nato Stoltenberg, il 21/22 
settembre, in Ucraina, dove partecipa (per la prima volta nella storia delle 
relazioni bilaterali) al Consiglio di sicurezza nazionale, firma un accordo per 
l’apertura di un’ambasciata della Nato a Kiev, tiene due conferenze stampa col 
presidente Poroshenko.

Un decisivo passo avanti nell’integrazione dell’Ucraina nell’Alleanza. Iniziata 
nel 1991 quando, appena divenuta Stato indipendente in seguito alla 
disgregazione dell’Urss, l’Ucraina entra nel «Consiglio di cooperazione 
nordatlantica» e, nel 1994, nella «Partnership per la pace». Nel 1999, mentre 
la Nato demolisce con la guerra la Jugoslavia e ingloba i primi paesi dell’ex 
Patto di Varsavia  (Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria), viene aperto a Kiev 
l’«Ufficio di collegamento Nato» e formato un battaglione polacco-ucraino per 
l’operazione Nato di «peacekeeping» in Kosovo.

Nel 2002, il presidente Kuchma dichiara la disponibilità a entrare nella Nato. 
Nel 2005, sulla scia della «rivoluzione arancione» (organizzata e finanziata da 
Washington attraverso «Ong» specializzate e sostenuta dall’oligarca 
Poroshenko), il presidente Yushchenko viene invitato al summit Nato a 
Bruxelles. Ma, nel 2010, il neoeletto presidente Yanukovych annuncia che 
l’adesione alla Nato non è nella sua agenda.

Nel frattempo la Nato tesse una rete all’interno delle forze armate ucraine e 
addestra gruppi neonazisti (come prova una documentazione fotografica di 
militanti di Uno-Unso addestrati nel 2006 in Estonia da istruttori Nato). I 
neonazisti vengono usati come forza d’assalto nel putsch di Piazza Maidan che 
rovescia Yanukovych nel febbraio 2014, mentre il segretario generale della Nato 
intima alle forze armate ucraine di «restare neutrali».

Subito dopo va alla presidenza Poroshenko, sotto la cui guida – dichiara la 
Nato – l’Ucraina sta divenendo «uno Stato sovrano e indipendente, fermamente 
impegnato per la democrazia e il diritto».

Quanto sovrana e indipendente sia l’Ucraina lo dimostra l’assegnazione di 
incarichi ministeriali a cittadini stranieri scelti da Washington e Bruxelles: 
il ministero delle finanze è affidato a Natalie Jaresko, cittadina statunitense 
che ha lavorato al Dipartimento di Stato; quello del commercio e dello sviluppo 
economico al lituano Abromavicius, che ha lavorato per gruppi bancari europei; 
quello della sanità all’ex ministro georgiano Kvitashvili. L'ex presidente  
georgiano Saakashvili, uomo di fiducia di Washington, viene nominato 
governatore della regione ucraina di Odessa. E, per completare il quadro, Kiev 
affida le proprie dogane a una compagnia privata britannica.

Quanto l’Ucraina sia impegnata per la democrazia e il diritto, lo dimostra il 
fatto che i battaglioni neonazisti, rei di atrocità contro i civili di 
nazionalità russa nell’Ucraina orientale, sono stati inquadrati nella Guardia 
nazionale, addestrata da istruttori statunitensi e britannici. Lo dimostra la 
messa al bando del Partito comunista ucraino e della stessa ideologia 
comunista, in un clima persecutorio simile a quello dell’avvento del fascismo 
in Italia negli anni Venti. Per evitare testimoni scomodi, Kiev ha deciso il 17 
settembre di impedire l'ingresso nel paese a decine di giornalisti stranieri, 
tra cui tre della Bbc, definiti «una minaccia alla sicurezza nazionale».

L’Ucraina di Poroshenko – l’oligarca arricchitosi col saccheggio delle 
proprietà statali, del quale il premier Renzi loda la «saggia leadership» – 
contribuirà anche alla nostra «sicurezza nazionale» partecipando come partner 
all’esercitazione Nato Trident Juncture 2015 che si svolge in Italia.

(il manifesto, 22 settembre 2015)  


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