Abrogare la Legge sul Giorno del Ricordo

1) PROMEMORIA e AGGIORNAMENTO su Torino 10/2, Convegno nazionale: GIORNO DEL 
RICORDO: UN BILANCIO
2) Quando la politica riscrive la storia. Come fu approvata la legge istitutiva 
della Giornata del ricordo (V. Strinati, 2/2/2017)
3) Abrogare la Legge sul Giorno del Ricordo, ha riabilitato fascisti e fascismo 
e mina i rapporti con gli sloveni (M. Barone, 31/1/2018)


Ricordiamo anche la richiesta dell'ANPI di sospensione della Legge che ha 
istituito il "Giorno del Ricordo" (2015):
http://www.anpi.it/articoli/1327/sospendere-la-legge-che-assegna-medaglie-a-chi-non-le-merita


=== 1 ===

Torino 10/2/2018: Giorno del Ricordo, un bilancio

Si terrà il giorno sabato 10 febbraio 2018 a Torino il convegno nazionale: 
GIORNO DEL RICORDO, UN BILANCIO


*** Attraverso la stampa 
<http://www.cnj.it/home/it/iniziative/8732-torino-10-2-2018-giorno-del-ricordo,-un-bilancio.html#rassegna>
 veniamo informati che il Comune di Torino ed il Direttore del Museo hanno 
ceduto alle pressioni di quel gigante della politica italiana che risponde al 
nome di Maurizio Gasparri, negando la sala del Museo delle Carceri.

Ovviamente però IL CONVEGNO SI TERRA' LO STESSO, IN UN ALTRO LUOGO sul quale 
informeremo tempestivamente gli interessati.

Infatti, come già successo in molti altri casi 
<http://www.diecifebbraio.info/tag/intimidazioni-e-censure/>, su questi temi le 
istituzioni, imponendo per legge (proprio in virtù della Legge n.92 del 2004) 
una certa scrittura della Storia, negano la parola agli studiosi non allineati. 
È precisamente questo il tema del Convegno, la cui attualità e pregnanza è 
dunque così dimostrata per l'ennesima volta. ***



Obiettivo dell'iniziativa, organizzata dalla associazione Jugocoord Onlus 
<http://www.cnj.it/> e dalla rivista di storia critica Historia Magistra 
<http://www.historiamagistra.it/>, è una analisi delle conseguenze della 
istituzione del "Giorno del Ricordo" (Legge n.92 del 2004 
<http://www.diecifebbraio.info/2012/01/legge-922004-istituzione-del-giorno-del-ricordo/>)
 e delle sue celebrazioni sino ad oggi. Attraverso qualificate relazioni 
scientifiche saranno investigate le ricadute dell'inserimento del "Giorno del 
Ricordo" nel calendario civile della Repubblica, che appaiono molto pesanti a 
livello politico, culturale e di autopercezione identitaria della Nazione, 
nonché a livello didattico-scientifico e financo per le casse dello Stato. Per 
converso, ad oggi il numero totale delle persone alla cui memoria sono stati 
attribuiti i riconoscimenti 
<http://www.diecifebbraio.info/2017/01/truffe-fuffe-e-fascisti-i-premiati-del-giorno-del-ricordo-un-bilancio-provvisorio/>
 previsti dalla Legge è di appena 341, di cui "infoibati" in senso stretto una 
minima frazione, mentre la gran parte di queste figure sono appartenenti alle 
forze armate o personale politico dell'Italia fascista, senza contare gli 
episodi che non hanno niente a che fare con la narrazione ufficiale delle "più 
complesse vicende del confine orientale" cui si riferisce la Legge. Tutto ciò 
considerato, il 2 aprile 2015 la stessa Segreteria Nazionale dell'ANPI 
<http://www.anpi.it/articoli/1327/sospendere-la-legge-che-assegna-medaglie-a-chi-non-le-merita>
 chiese di interrompere quantomeno l'attribuzione di onorificenze e medaglie 
della Repubblica, mentre nel 2017 numerose personalità antifasciste in una 
Lettera Aperta al MIUR 
<http://www.diecifebbraio.info/2017/02/lettera-aperta-al-miur-alla-vigilia-del-10-febbraio-giorno-del-ricordo/>
 hanno invocato un drastico cambiamento di rotta rispetto alla modalità 
revisionista e rovescista con cui l'argomento è trattato nelle scuole.


Al convegno sono previsti gli interventi di Bruno Segre, Angelo Del Boca, 
Angelo D'Orsi, Alessandro "Sandi" Volk, Gabriella Manelli, Marco Barone, Nicola 
Lorenzin, Davide Conti, Claudia Cernigoi, Alessandra Kersevan. A seguire 
dibattito.

Hanno aderito finora [AGG. 30/1 ore 12:00]:
sezioni ANPI (Ass. Naz. Partigiani d'Italia) Grugliasco (TO), Chivasso (TO), 
Montebelluna (TV – sez. A. Boschieri "D'Artagnan")
ANPPIA (Ass. Naz. Perseguitati Politici Italiani Antifascisti) nazionale e 
sezioni di Torino, Genova e Cuneo
AICVAS (Ass. Italiana Combattenti Volontari Antifascisti di Spagna)
CIVG (Centro Iniziative Verità e Giustizia)
Centro Studi Italia-Cuba
Comitato di lotta antifascista antimperialista e per la memoria storica (Parma)
Redazione di Marx21.it


evento facebook <https://www.facebook.com/events/2130527923900021/>
  <>
Rassegna stampa:

Foibe, il convegno della vergogna. Gasparri: «L’Anpi offende le vittime» 
<http://www.secoloditalia.it/2018/01/foibe-il-convegno-della-vergogna-gasparri-lanpi-offende-le-vittime/>
di AUGUSTA CESARI, su Il Secolo d'Italia di mercoledì 31 gennaio 2018

Foibe, il convegno che non c'è 
<http://www.cnj.it/home/images/INIZIATIVE/torino100218.jpg>
su La Stampa del 1 febbraio 2018

Torino. Un convegno “bufala” contro le vittime delle Foibe 
<https://www.avvenire.it/attualita/pagine/torino-un-convegno-bufala-contro-le-vittime-delle-foibe>
di Lucia Bellaspiga, su Avvenire di giovedì 1 febbraio 2018 
[N.B. segnaliamo quest'ultimo in quanto esempio da manuale di intimidazione a 
mezzo stampa e disinformazione strategica. Infatti: (a) non è stata prodotta 
alcuna locandina del convegno e dunque nessuna stella rossa vi campeggia; (b) 
il direttore del carcere aveva promesso la sala ai rappresentanti dell'ANPPIA e 
non ha mai utilizzato con noi i toni sprezzanti qui riportati... ma è evidente 
che da ieri, dopo le intimidazioni di Gasparri, è sottoposto a pressioni 
enormi; (c) il paragone tra Jugocoord e << l’associazione nostalgici del Terzo 
Reich >> merita una risposta in sede giudiziaria. Sulla autrice Lucia 
Bellaspiga, non nuova a questo tipo di operazioni "giornalistiche", segnaliamo 
ad esempio quanto fatto notare da C. Cernigoi nel 2015 
<http://www.nuovaalabarda.org/leggi-articolo-lucia_bellaspiga_a_montecitorio..php>
 e nel 2017. 
<http://www.nuovaalabarda.org/leggi-articolo-lucia_bellaspiga_giornalista_fantasiosa..php>]


Per altre info: 
http://www.cnj.it/home/it/iniziative/8732-torino-10-2-2018-giorno-del-ricordo,-un-bilancio.html
Evento FB: 
https://www.facebook.com/events/2130527923900021/?active_tab=discussion


=== 2 ===

http://www.patriaindipendente.it/persone-e-luoghi/servizi/quando-la-politica-riscrive-la-storia/

Quando la politica riscrive la storia

Valerio Strinati

Come fu approvata la legge istitutiva della Giornata del ricordo. I proponenti 
auspicavano la ricostruzione, sulla base di un esasperato nazionalismo (la 
asserita “millenaria storia romana, veneta e italica” delle regioni in 
questione), di “una memoria nazionale e collettiva fuori dalle vecchie 
divisioni, dalle passioni e dai rancori, condivisa da tutti gli italiani”


Da tredici anni, il 10 febbraio, anniversario della stipula del Trattato di 
pace tra l’Italia e le potenze alleate (1947), viene celebrato come Giornata 
del ricordo, “al fine – come recita l’art. 1 della legge istitutiva 30 marzo 
2004, n. 92 – di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli 
italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli 
istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa 
vicenda del confine orientale”. La stessa legge dispone la consegna di una 
insegna metallica con la scritta “La Repubblica italiana ricorda” “al coniuge 
superstite, ai figli, nipoti e congiunti fino al sesto grado di coloro che, 
dall’8 settembre 1943 al 10 febbraio 1947 in Istria, in Dalmazia o nelle 
province dell’attuale confine orientale, sono stati soppressi e infoibati”; 
agli scomparsi e quanti, nello stesso periodo e nelle stesse zone, sono stati 
soppressi con la violenza, e ai congiunti dei cittadini italiani che persero la 
vita dopo il 10 febbraio 1947 ed entro l’anno 1950, qualora la morte sia 
sopravvenuta in conseguenza di torture, deportazione e prigionia, con 
l’esclusione dal riconoscimento di coloro che sono stati soppressi nei modi e 
nelle zone sopra indicate “mentre facevano volontariamente parte di formazioni 
non a servizio dell’Italia”. Il riconoscimento era subordinato alla valutazione 
delle domande presentate dagli interessati entro dieci anni dall’entrata in 
vigore della legge, effettuata da una Commissione istituita presso la 
Presidenza del Consiglio; esaurite le procedure, il materiale raccolto avrebbe 
dovuto essere versato all’Archivio centrale dello Stato. Inoltre, l’articolo 2 
della medesima legge n. 94 ha stabilito che “sono riconosciuti il Museo della 
civiltà istriano-fiumano-dalmata, con sede a Trieste, e l’Archivio museo 
storico di Fiume, con sede a Roma” attribuendo un finanziamento annuo di 
100mila euro rispettivamente all’Istituto per la cultura 
istriano-fiumano-dalmata (IRCI), che gestisce il Museo triestino e alla Società 
di studi fiumani, che gestisce l’Archivio storico museo di Fiume.

Paragonata con la legge n. 211 del 2000, istitutiva della Giornata della 
memoria, la legge n. 94 si presenta molto più articolata e “assertiva”: la 
legge del 2000 infatti, si limita a invitare i cittadini, le associazioni e le 
istituzioni a mantenere vivo il ricordo della Shoah, adottando le iniziative 
più idonee al perseguimento dello scopo; la legge n. 94, invece, disciplina il 
procedimento amministrativo per il riconoscimento delle vittime delle foibe e 
dispone un finanziamento in favore di due istituzioni museali. Da questa 
maggiore articolazione traspare l’intento del legislatore di allora, di non 
limitarsi all’invito a ricordare ma anche di prescrivere in modo piuttosto 
stringente chi, che cosa e come ricordare: si profilava così l’idea che una 
certa lettura di vicende complesse e controverse potesse essere accreditata per 
legge come “verità di Stato”; un’idea palesemente in contrasto con i principi 
costituzionali di libertà della ricerca e di autonomia delle comunità 
scientifiche.
Questo eccesso di prescrittività, proprio della legge n. 94, si è tradotto 
nell’affermazione di un punto di vista nazionalista, evidenziato anche dalla 
delimitazione temporale degli eventi considerati, che esclude ogni riferimento 
alle politiche di italianizzazione forzata condotta per vent’anni dal regime 
fascista nei confronti della comunità slovena e croata e ai crimini perpetrati 
dalle forze di occupazione italiane in Slovenia nel periodo 1941-’43. Queste 
rimozioni vincolano la narrazione memoriale a un principio identitario 
destinato inevitabilmente a entrare in rotta di collisione con le narrazioni 
specularmente contrapposte delle altre nazionalità, e conseguentemente a 
perpetrare incomprensioni e risentimenti ormai secolari. Un lavoro di ricerca, 
liberato da impropri condizionamenti, può invece concorrere a superare le 
prospettive angustamente nazionali, che hanno alimentato le divisioni del 
passato e che non sono più compatibili con la prospettiva dell’unità europea. 
In questo senso, il proficuo lavoro della Commissione storica italo slovena ha 
costituito un evento certamente positivo, purtroppo rimasto isolato (vedi: 
http://anpi.it/media/uploads/patria/2008/1/00_SPECIALE_FOIBE.pdf 
<http://anpi.it/media/uploads/patria/2008/1/00_SPECIALE_FOIBE.pdf>).
La ricostruzione dei dibattiti parlamentari che hanno portato al varo della 
legge n. 94 può dunque contribuire a una rilettura critica di tale normativa, 
necessaria per fare sì che la Giornata del ricordo possa rappresentare 
effettivamente una ricorrenza nella quale dialogo, ricerca e volontà di 
riconciliazione prevalgano su un uso fazioso e strumentale della memoria. 
Tradotto in specifiche iniziative legislative, quest’ultimo approccio spinse 
infatti le formazioni di centro destra, più di vent’anni fa, a cercare di 
trasformare la dovuta celebrazione di un dramma di grandi proporzioni in una 
rissa memoriale, nella quale il ricordo delle vittime servì di pretesto per 
un’operazione di appropriazione finalizzata alla legittimazione di una parte 
politica e alla delegittimazione degli avversari.
La prima proposta di legge relativa alla “Concessione di un riconoscimento ai 
congiunti degli infoibati” fu infatti presentata nella XII Legislatura 
(1994-1996) dai deputati di Alleanza Nazionale Menia, Fini, Tremaglia, 
Tatarella e Gasparri. Il testo disponeva l’attribuzione di una “insegna 
metallica” recante la scritta “Per l’Italia” al coniuge, ai figli, ai nipoti e 
in ogni caso ai parenti più prossimi delle persone soppresse per infoibamento, 
annegamento, fucilazione, massacro, attentato o scomparse dall’8 settembre 1943 
al 10 febbraio 1947 in Istria o Dalmazia, con l’eccezione di coloro che erano 
stati soppressi nello stesso periodo e nelle medesime zone, “mentre facevano 
volontariamente parte di formazioni non al servizio dell’Italia”. La relazione 
introduttiva all’articolato si caratterizzava, tra l’altro, per una 
ricostruzione storica degli eventi considerati improntata al più esasperato 
nazionalismo. “I partigiani titini – vi si legge –, a seguito dell’8 settembre 
1943, per circa sessanta giorni infierirono su quanto d’italiano vi era in 
quella terra della frontiera orientale. Ributtati nelle loro zone di origine 
dalle armi tedesche e da quelle della RSI, tornarono alla fine della guerra e, 
dal maggio 1945 – padroni incontrastati della situazione – completarono le loro 
vendette con altri massacri, con altre stragi”. In questa vulgata revisionista, 
il contesto del conflitto tra nazifascismo e antifascismo veniva 
disinvoltamente liquidato in favore di una narrazione degli eventi della 
frontiera italo-slovena in chiave di un conflitto tra nazionalità; addirittura, 
i proponenti giungevano a sostenere che quegli eventi avevano “ancora una volta 
cementato la storia dell’Istria e della Dalmazia a quella dell’Italia”, 
omettendo però di ricordare che dal settembre 1943 i territori in questione 
erano stati incorporati nella Adriatisches Küstenland, annessa al Terzo Reich e 
sottratta a qualsiasi forma di sovranità italiana.
Sciolte anticipatamente le Camere nel 1996, all’inizio della XIII Legislatura, 
il deputato Menia ripresentò il testo presentato nella legislatura precedente; 
ad esso si aggiunse, il 1° febbraio 2000, la proposta di legge del DS Antonio 
Di Bisceglie, che prevedeva la concessione di una insegna metallica recante la 
scritta “La Repubblica ricorda” al “coniuge superstite, ai figli, ai nipoti ed 
in loro mancanza al congiunto più prossimo di coloro che, dell’8 settembre 1943 
al 10 ottobre 1943 nel territorio dell’ex provincia di Pola, dal 31 ottobre 
1944 all’11 giugno 1945 a Zara e dal 1° maggio all’11 giugno 1945 nel 
territorio delle ex province di Trieste, Gorizia, Pola e Fiume, [erano] stati 
infoibati”, nonché di coloro che erano “stati soppressi da parte di elementi, 
formazioni ed organi jugoslavi” oltre agli scomparsi nei medesimi periodi. 
Venivano esclusi dal riconoscimento i caduti in combattimento e coloro che 
erano stati soppressi nei modi e nelle zone indicate, “mentre facevano parte di 
formazioni indossanti divisa o insegne tedesche e comunque gli appartenenti ed 
i collaboratori di organi e formazioni che tennero un comportamento efferato 
contro gli antifascisti e la popolazione civile e/o praticarono la delazione ai 
danni di resistenti e dei cittadini di origine ebraica”.

L’iter parlamentare della proposta di legge Menia ebbe inizio il 17 settembre 
1998. Introducendo il dibattito in Commissione affari costituzionali, il 
relatore Paolo Corsini (Democratici di Sinistra) confutò l’impostazione di quel 
testo e prospettò un’analisi più articolata degli eventi verificatisi nell’area 
giuliano-dalmata nel periodo considerato, sottolineando come, accanto agli 
squadristi e ai gerarchi locali, fossero stati colpiti dalle forze di 
liberazione jugoslave anche i rappresentanti delle istituzioni e della comunità 
italiana, con l’intento di cancellare il ricordo della passata amministrazione, 
invisa dalla popolazione slovena e croata per il suo fiscalismo e per le 
prevaricazioni nazionali e poliziesche; inoltre, il relatore richiamava la 
sovrapposizione tra rivendicazioni di carattere nazionale e conflitto sociale, 
per cui le retate avevano colpito anche i possidenti italiani, vittime 
dell’antagonismo di classe che da decenni li opponeva ai coloni e mezzadri 
croati. In questo contesto, inoltre, erano stati colpiti anche antifascisti 
italiani, sloveni e croati in disaccordo con il progetto politico jugoslavo, 
nonché unità militari italiane e della Guardia di Finanza, che avevano 
collaborato con il CLN: tutti soggetti accomunati nell’equiparazione degli 
italiani al fascismo, con la conseguente indistinzione delle responsabilità.
L’esposizione del relatore, docente universitario di storia moderna, fu 
duramente confutata negli interventi dei deputati di centro destra: Garra 
(Forza Italia) accusò il relatore di avere svolto una “filippica” contro il 
fascismo; Menia gli imputò una ricostruzione storica di parte, salvo poi 
asserire che a Trieste si era consumato “uno scontro tra italiani e anti 
italiani”, esplicitando così l’idea che solo ai primi potesse essere attribuito 
un sentimento di appartenenza nazionale, mentre la qualificazione in negativo 
delle altre nazionalità come “non italiani” lasciava trasparire un’impostazione 
mutuata direttamente dalla contrapposizione operata dal fascismo tra “civiltà” 
romana e “barbarie” slava; in questo quadro, risultava altrettanto 
significativo, l’intervento dello storico Piero Melograni (Forza Italia), il 
quale, senza entrare nel merito delle obiezioni del relatore, sottolineò il 
“valore politico” della proposta in esame, ricondotto all’idea di una 
“insufficiente legittimazione” dei Democratici di Sinistra, derivante dal 
riesame storico del recente passato.
Rinviato in attesa della presentazione della proposta di legge sulla stessa 
materia da parte del gruppo dei Ds (sarebbe stata la proposta Di Bisceglie), la 
discussione in Commissione riprese il 16 settembre 1999, con un intervento 
fortemente contrario alla proposta Menia della deputata Moroni (Gruppo dei 
Comunisti Italiani), che stigmatizzò la rimozione della politica anti slava e 
di italianizzazione forzata condotta dal fascismo, nonché le violenze e le 
deportazioni compiute ai danni del popolo sloveno nel periodo dell’occupazione; 
dal canto loro, i deputati del centro destra Armaroli e Menia ribadirono le 
loro tesi sottolineando come fosse stata attuata “una vera e propria pulizia 
etnica posta in essere da Tito”.
La discussione nell’Aula di Montecitorio iniziò il 12 febbraio 2001 su un testo 
al quale la Commissione aveva apportato poche e limitate modifiche: il relatore 
Maselli (Democratici di Sinistra), in sostituzione di Corsini, eletto sindaco 
di Brescia, nell’illustrare il testo, adombrò, tra l’altro, una diversa 
finalizzazione delle norme in discussione, affermando: “La Repubblica italiana 
nata dalla Resistenza è abbastanza forte per ricordare i morti di una strage 
non ancora dimenticata, per riconoscere i diritti degli sloveni abitanti entro 
i propri confini, per risarcire almeno parzialmente gli esuli dall’Istria e 
dalla Dalmazia, per stendere una mano amichevole ai popoli sloveno e croato, 
aiutando implicitamente le minoranze italiane a rivendicare i loro diritti in 
quei Paesi”. Sul versante del centro-destra, i deputati Niccolini e Menia, di 
Alleanza Nazionale respinsero tale approccio, ribadendo, al contrario, 
l’intento di pervenire al riconoscimento di quanti erano rimasti vittime della 
scelta di battersi in favore dell’italianità di Trieste, sia che militassero 
nelle file della Resistenza sia che fossero inquadrati nell’esercito fascista. 
Questa inaccettabile equiparazione non mancò di suscitare la reazione dei 
parlamentari del centro sinistra. La deputata Moroni (più volte interrotta da 
insulti del deputato Menia, riportati nel resoconto stenografico della seduta) 
intervenne per ricordare gli effetti delle politiche anti slave poste in essere 
dal fascismo prima e durante la Seconda guerra mondiale, e distinse tra il 
dovuto riconoscimento di episodi di giustizia sommaria intervenuti dopo l’8 
settembre 1943 e le effettive finalità della proposta di legge in discussione, 
di cui metteva in luce la voluta assenza di un’analisi del contesto storico che 
aveva generato le foibe, e da una inaccettabile rivalutazione dell’operato 
delle truppe tedesche e della RSI. Anche il deputato Di Bisceglie (Ds) nel suo 
intervento, ricordò che tra le persone scomparse e tra gli infoibati vi erano 
“squadristi responsabili dell’ondata di terrore che segnarono l’affermazione 
del cosiddetto fascismo di frontiera”, nonché gli appartenenti ai più odiosi 
strumenti di repressione fascista, come l’Ispettorato speciale per la Venezia 
Giulia, l’ufficio politico investigativo della Milizia di Trieste e il Centro 
per lo studio del problema ebraico.
Malgrado tali rilievi, il provvedimento fu varato della Camera con i voti 
pressoché unanimi del centro-destra e della maggior parte dei gruppi del 
centro-sinistra (316 voti a favore e 14 contrari), con l’eccezione dei deputati 
dei Gruppi Comunisti italiani e Rifondazione comunista che abbandonarono l’Aula 
al momento del voto. Trasmesso al Senato, il disegno di legge fu discusso 
presso la Commissione affari costituzionali, riunita in sede deliberante, e si 
concluse l’8 marzo 2001, con la bocciatura del testo, non essendo stata 
raggiunta la maggioranza a seguito dell’astensione dei Democratici di Sinistra 
e del Partito Popolare, nonché del voto contrario dei senatori appartenenti a 
Rifondazione comunista e ai Comunisti italiani.
Poco dopo l’inizio della XIV Legislatura, il 26 ottobre 2001, il deputato Menia 
ripresentò alla Camera dei deputati la proposta di legge sul riconoscimento ai 
congiunti degli infoibati nel testo bocciato nella legislatura precedente, 
accompagnandolo con una relazione nella quale, tra l’altro, si esaltava il 
ruolo svolto dalla X Mas e dal Battaglione Carabinieri “Mussolini” nella 
“difesa dei confini orientali”. La proposta di legge fu deferita alla 
Commissioni affari costituzionali, che ne concluse l’esame il 17 giugno 2003, 
varando un testo solo lievemente modificato rispetto a quello originario, con 
il voto favorevole dei Gruppi della maggioranza di centro-destra, mentre il 
Gruppo dei Democratici di Sinistra si astenne.
La discussione in Assemblea si aprì il 4 febbraio 2004, e nel corso dell’esame 
fu approvato un emendamento che istituiva il “Giorno del ricordo”, nel testo 
che sarebbe poi diventato definitivo. Si registrò in tale occasione un’ampia 
maggioranza: votarono infatti a favore tutti i Gruppi di centro-destra, ma 
anche i Democratici di Sinistra e la Margherita; votarono contro i Gruppi di 
Rifondazione comunista e la componente dei Comunisti italiani in seno al Gruppo 
misto... Nel complesso, l’emendamento fu approvato con 388 voti favorevoli, 13 
contrari e 4 astenuti.
Peraltro, prima dello svolgimento della discussione in Assemblea, era stata 
presentata da un nutrito gruppo di parlamentari di centro destra una proposta 
di legge recante «Istituzione del “Giorno della memoria e della testimonianza” 
in ricordo delle terre d’Istria, di Fiume e della Dalmazia, nonché degli esuli 
giuliano-dalmati»: il testo chiariva che la Giornata era istituita “al fine di 
ricordare, fare conoscere e perpetuare la millenaria storia e presenza italica 
nelle stesse terre, nonché la tragedia delle migliaia di italiani nelle foibe 
istriane e dell’esodo di 350 mila istriani, fiumani e dalmati nel secondo 
dopoguerra”.
Il mutato contesto politico, con l’avvento di una maggioranza politica di 
centro-destra, favoriva manifestazioni esplicite di revisionismo storico e di 
revanscismo nazionalista: con il riconoscimento legislativo della Giornata del 
ricordo, i proponenti auspicavano la ricostruzione, sulla base di un esasperato 
nazionalismo (la asserita “millenaria storia romana, veneta e italica” delle 
regioni in questione), di “una memoria nazionale e collettiva fuori dalle 
vecchie divisioni, dalle passioni e dai rancori, condivisa da tutti gli 
italiani”. Questa aggressiva impostazione, che tornava ad evocare il fantasma 
di passate contrapposizioni nazionali, spinse le principali componenti del 
centro sinistra ad attestarsi su una posizione difensiva, per cui, al termine 
della discussione alla Camera, tutti i gruppi politici si dichiararono in 
favore del provvedimento, salvo i parlamentari di Rifondazione comunista e dei 
Comunisti italiani e il testo fu approvato con 502 voti a favore, 15 contrari e 
4 astenuti.
Analogo svolgimento ebbe la discussione al Senato, iniziata il 25 febbraio 
2004. È comunque degno di nota il fatto che nel corso dell’esame del testo 
trasmesso dalla Camera fu respinto un emendamento recante l’integrazione della 
Commissione istituita per l’esame delle domande di riconoscimento con un 
rappresentante dell’Istituto regionale per la Storia del movimento di 
liberazione nel Friuli Venezia Giulia, con la risibile motivazione che in tal 
modo sarebbero stati introdotti elementi di polemica politica. Rimosso 
quest’ultimo ostacolo, l’Assemblea di Palazzo Madama procedette nell’esame 
speditamente, varando definitivamente l’articolato il 1° marzo 2004, con il 
voto favorevole di tutti i gruppi, salvo il voto contrario dei senatori facenti 
capo a Rifondazione comunista e ai Comunisti italiani.

PUBBLICATO GIOVEDÌ 2 FEBBRAIO 2017


=== 3 ===

http://xcolpevolex.blogspot.it/2018/01/abrogare-la-legge-sul-giorno-del.html

Abrogare la Legge sul Giorno del Ricordo, ha riabilitato fascisti e fascismo e 
mina i rapporti con gli sloveni

di Marco Barone, 31 gennaio 2018

La memoria condivisa non esiste, non può esistere e non potrà mai esistere 
perchè ha come unico scopo quello di piegare ogni verità storica ostile alla 
"non" verità a cui aspira il revisionismo storico. Seguendo la logica della 
giorno del ricordo, introdotta con la legge del 2004, e che un grande scrittore 
come Boris Pahor ha definito poco europea, in cosa consisterebbe la "verità" 
storica che si sta consegnando alle generazioni future? Ignorate le cause e gli 
effetti del fascismo e del nazismo, e tutte le barbarie compiute contro gli 
"slavi" accade, secondo la disonestà storica di chi cura questa operazione, che 
di punto in bianco arrivano i cattivi barbari, banditi, criminali, comunisti 
"slavi", occupano Trieste e Gorizia, spazzano via tutto quello che è italiano, 
uccidono poveretti che non avevano colpe, li gettano vivi nelle foibe, donne, 
anziani, bambini, impiccano in modo selvaggio però poi per fortuna gli 
americani convinceranno i cattivi e disumani jugoslavi ad andare via e 
finalmente, Gorizia e Trieste  poi potranno  festeggiare la loro libertà e la 
loro liberazione che sarà 12 giugno del 1945. Stesso discorso per l'esodo 
biblico dei 350 mila esuli, questa è la cifra dogma che si continua a 
presentare, e l'ignaro cittadino che non conosce i fatti penserà, ascoltando le 
storielle di chi vuole la memoria condivisa, che questi poveretti italiani sono 
stati cacciati tutti insieme ed in blocco via da terre che da sempre parlavano 
italiano, come "le pietre", come qualcuno ha in modo incredibile ricordato, 
dunque da sempre italiane,  ancor prima dell'esistenza dell'Italia, e la loro  
unica colpa era quella di essere gente italiana.

Questa è la sintesi di cosa è stato inculcato dal sistema sul giorno del 
ricordo. Una legge, voluta anche da una certa "sinistra" governativa italiana, 
che ha riabilitato fascisti e fascismi passando dal concetto fuorviante ed 
inventato del "martirio", una legge che ha mescolato vicende distinte come 
quelle degli esuli con quelle delle foibe, danneggiando gli stessi esuli, che 
pur complessivamente hanno beneficiato nel corso della storia in tanti di 
diversi interventi e misure e priorità. Una legge che fino a quando continuerà 
ad esistere continuerà a facilitare tensioni in zone territoriali che non hanno 
condiviso lo spirito a dir poco pessimo della legge del ricordo italiana, 
perché si presta a giochi politici nazionalistici, perché è stata utilizzata 
per mistificare la storia, perché vuol fare di tutta l'erba un solo fascio, 
perché non contestualizza la storia e gli eventi e che potrà sempre un giorno 
legittimare la restituzione di quelle terre ancora oggi contese da qualche 
estremista nazionalistico italiano, dove si confondono patriottismo con 
nazionalismo come se niente fosse. D'altronde in un Paese, quale l'Italia che 
non ha punito i criminali di guerra fascisti, che ha legittimato la forza 
paramilitare quale Gladio, di cosa stupirsi? L'unica cosa buona e giusta da 
fare è una sola, abrogare la legge sul giorno del ricordo, perchè è una grande 
schifezza dal punto di vista storico, etico e morale almeno per come impostata 
ed usata nella maggior parte dei casi.

Concludo riportando la sintesi di quanto scritto dal collettivo Nicoletta 
Bourbaki  che è il nome usato da un gruppo di inchiesta su Wikipedia e le 
manipolazioni storiche in rete, formatosi nel 2012 durante una discussione su 
Giap di Wu Ming: " Il bilancio, a dieci anni dall’istituzione del Giorno del 
Ricordo, è agghiacciante. Tra foto farlocche, onorificenze a nazifascisti 
assortiti, e discorsi ufficiali privi di qualunque fondamento storico, il GdR 
sembra essere diventato uno dei pilastri dell’identità nazionale italiana, a 
suggello di un ripugnante “patteggiamento della memoria” tra “ex comunisti” e 
“post fascisti”. L’epitome perfetta del paese reale. "



Rispondere a