Tre autori ricordano i bombardamenti NATO

1) Mauro Gemma
2) Alberto Tarozzi
3) Enrico Vigna


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https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-24_marzo_1999_iniziava_il_crimine_della_nato_contro_la_jugoslavia_e_la_pi_grande_infamia_della_repubblica_italiana/82_23493/

24 MARZO 1999, INIZIAVA IL CRIMINE DELLA NATO CONTRO LA JUGOSLAVIA E LA PIÙ 
GRANDE INFAMIA DELLA REPUBBLICA ITALIANA

di Mauro Gemma, 24/03/2018

Il 24 marzo 1999, la NATO, senza mandato dell'ONU e con la partecipazione 
dell'Italia, governata allora da un esecutivo presieduto da Massimo D'Alema, 
scatenava una criminale guerra contro la Jugoslavia, provocando morte e 
distruzione.

L'anno dopo (nell'ottobre 2000) un colpo di Stato orchestrato da forze 
filo-imperialiste (che godevano anche dell'appoggio internazionale di settori 
della cosiddetta "sinistra radicale", con il Manifesto che arrivava addirittura 
a titolare "La Rivoluzione d'Ottobre") rovesciava il presidente Milosevic, per 
poi arrestarlo e consegnarlo al Tribunale dell'Aia che lo avrebbe fatto morire 
in carcere con accuse infamanti che, recentemente, lo stessa corte ha 
riconosciuto completamente infondate.

Nel frattempo, sarebbe iniziata la penetrazione della NATO ad Est, che 
l'avrebbe portata ai confini della Russia, oggi minacciata seriamente da una 
guerra di aggressione che, purtroppo, non sembra turbare più di tanto 
l'opinione pubblica italiana e neppure pezzi di quella "sinistra radicale" che, 
anche oggi, sembrerebbe accodarsi alle manovre propagandistiche della NATO 
(questa volta per quanto riguarda il Medio Oriente) e alle sue campagne 
all'insegna della russofobia...

Nell'occasione ripropongo un mio articolo, scritto esattamente due anni fa, che 
ritengo non abbia perso di attualità.


Sono passati 17 anni dallo scatenamento della guerra di aggressione alla 
Jugoslavia, che ha inaugurato la lunga catena di massacri e distruzioni che 
hanno caratterizzato tutte le innumerevoli campagne belliche della NATO 
destinate ad annientare interi popoli e Stati.

Il 24 marzo 1999,  l'Alleanza Atlantica, guidata dagli Stati Uniti (sotto la 
presidenza del più noto esponente del clan Clinton e in presenza di 
un'amministrazione “democratica” - in cui si distingueva per ferocia e cinismo 
il segretario di Stato Madeleine Albright - che si è macchiata dei più atroci 
crimini di guerra), senza alcun mandato delle Nazioni Unite (Russia e Cina 
minacciarono il veto nel Consiglio di Sicurezza, impedendone il pronunciamento 
favorevole), avviava la campagna militare, definita “Allied Force”, che, 
terminata due mesi dopo con la capitolazione delle autorità di Belgrado, 
avrebbe determinato in breve tempo il completo collasso della Repubblica 
Federale della Jugoslavia.

L'anno seguente, attraverso una “rivoluzione colorata”, finanziata in 
particolare dal faccendiere George Soros (e sostenuta anche, incredibilmente, 
da settori della “sinistra radicale” dell'Europa occidentale), il legittimo 
governo jugoslavo veniva rovesciato da un moto di piazza e il presidente 
Slobodan Milosevic arrestato (nel 2001) e deferito al Tribunale dell'Aia per un 
processo farsa, conclusosi con la sua morte in carcere 
<http://www.civg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=853:11-marzo-2016-noi-non-dimentichiamo&catid=2:non-categorizzato>;
 il Kosovo sarebbe stato trasformato in uno stato fantoccio, guidato dai capi 
delle bande di trafficanti di organi umani dell'UCK 
<http://it.radiovaticana.va/news/2015/03/10/europa_fare_luce_sul_traffico_di_organi_umani_in_kosovo/1128424>,
 che, in un clima intimidatorio di discriminazione nei confronti delle 
minoranze nazionali (a cominciare da quella serba), ha consentito la 
costruzione della più grande base militare USA del nostro continente, 
utilizzata anche come campo di prigionia, una sorta di Guantanamo europea 
<http://www.balcanicaucaso.org/aree/Kosovo/Una-Guantanamo-nei-Balcani-31629>.
Mentre la NATO avrebbe accelerato la sua “marcia trionfale” verso est, con 
l'incorporazione di quasi tutti gli ex stati socialisti dell'Europa 
centro-orientale, fino a incombere minacciosamente alle frontiere stesse della 
Federazione Russa, non esitando a tale scopo a sostenere un colpo di Stato in 
Ucraina che ha fatto calare nuovamente le ombre del nazifascismo in Europa, e 
ad appoggiare una guerra di sterminio contro le popolazioni russe e russofone 
del Donbass.

Fu una campagna condotta unicamente dal cielo 
<http://www.cnj.it/24MARZO99/crono99.htm>, costellata di atrocità inaudite, di 
massacri della popolazione inerme attraverso vigliacchi bombardamenti che non 
hanno risparmiato le strutture civili, come case, ospedali, scuole, fabbriche,  
centrali e la stessa sede della Televisione jugoslava, ridotta in macerie, il 
23 aprile 1999, da un'incursione che provocò 16 morti. A Belgrado furono allora 
colpite persino le ambasciate di paesi contrari all'avventura militare, come 
quella della Repubblica Popolare Cinese, con alcuni morti sotto le bombe: certo 
non un “errore” come ci si affrettò a comunicare, ma piuttosto un primo 
deliberato e minaccioso avvertimento, da parte dei fautori di un mondo 
“unipolare”, al grande paese socialista che stava emergendo come protagonista 
di primo piano della scena mondiale...

Si trattò di una campagna, iniziata molto tempo prima con l'avvio del processo 
di disgregazione della Jugoslavia socialista, e caratterizzata dalla massiccia 
intossicazione mediatica dell'opinione pubblica occidentale... Si era avviata 
così la stagione di quella “guerra di propaganda” che, in seguito, avrebbe 
distinto la preparazione di tutte le aggressioni imperialiste - da allora 
succedutesi nelle più diverse regioni del mondo e tragicamente in corso anche 
in questo momento - contro paesi e popoli che, come quello della Repubblica 
Federale della Jugoslavia, non intendono piegare la testa di fronte al “nuovo 
ordine mondiale” - con i massacri USA-NATO della popolazione civile 
sistematicamente presentati come “effetti collaterali”, mai come delitti 
deliberatamente portati a compimento.

A questa criminale impresa diede un apporto decisivo anche l'Italia - guidata 
allora da un governo di centro-sinistra presieduto da Massimo D'Alema - non 
solo con il supporto logistico ai 600 micidiali raid giornalieri contro le 
città e i villaggi jugoslavi, ma anche con la partecipazione diretta di piloti 
e aerei del nostro paese ai bombardamenti, smentita in un primo tempo dalle 
fonti ufficiali ma confermata da numerose testimonianze, a cui da parte 
governativa non si esitò a rispondere con arroganza 
<http://www.repubblica.it/online/dossier/spini/spini/spini.html>.

Mai in seguito, dall'allora presidente del Consiglio (e da coloro che ne 
avallarono le scelte nel suo partito) sono venuti segnali di ripensamento 
autocritico rispetto a decisioni che hanno coinvolto il nostro paese in una 
vicenda bellica dalle così tragiche conseguenze, sul piano delle vittime civili 
(oltre 2.000 secondo alcune fonti), delle micidiali distruzioni che si 
proponevano di annientare ciò che rimaneva della Jugoslavia, ed anche dei 
devastanti effetti sull'ambiente, che non hanno risparmiato neppure le acque 
del Mare Adriatico che bagnano le nostre coste, inquinate da quell'uranio 
impoverito che, in quantità massicce, fu sganciato nel corso dell'aggressione 
<http://www.consiglio.marche.it/banche_dati_e_documentazione/atti_di_indirizzo_e_controllo/interrogazioni/pdf/inter1020_8.pdf>.

Occorre opportunamente rammentare che fu proprio dalle basi USA-NATO collocate 
sul territorio italiano che partirono le operazioni di una impresa militare che 
violava tutte le più elementari norme del diritto internazionale, nel disprezzo 
assoluto del ruolo delle Nazioni Unite, della sua Carta costitutiva e dello 
stesso articolo 11 della nostra Costituzione repubblicana. Come pure non va 
assolutamente dimenticato che l'aggressione imperialista ebbe l'avallo 
sostanziale ((oltre che della gran parte dell'opposizione di centro-destra) di 
tutta la coalizione parlamentare che sosteneva il governo italiano e che allora 
non ne mise in discussione la tenuta, in un contesto vergognoso di ipocriti 
distinguo, patetiche giustificazioni e spudorate menzogne - smentite in seguito 
dalle più autorevoli testimonianze -, utili a criminalizzare la Jugoslavia 
aggredita, allo scopo, da un lato, di carpire l'appoggio dell'opinione pubblica 
e, dall'altro, di ridimensionare la portata dell'intervento italiano nella 
guerra.

Oggi, mentre il nostro paese è sul punto di partecipare all'ennesima operazione 
militare a guida USA/NATO, riteniamo doveroso rinfrescare la memoria su quella 
pagina oscura della storia patria, perché sono ancora troppi quelli che ne 
rivendicano la legittimità, come pure quelli che fingono di essersene 
dimenticati.

*Direttore di Marx21


=== 2 ===

https://www.alganews.it/2018/03/24/bombe-su-belgrado-decollate-dallitalia-era-il-24-marzo-1999/

BOMBE SU BELGRADO, DECOLLATE DALL’ITALIA. ERA IL 24 MARZO 1999

24/03/2018
di Alberto Tarozzi

Un altro anno è passato, ma il tempo non ci allontana da quel 24 marzo 1999. 
Qualcuno domanda: “Lontano da cosa?”.
Quei 78 giorni di bombe su Belgrado, 19 anni fa, subito vennero giustificati e 
quasi subito vennero dimenticati. Ma le tracce di quel passato ad ogni anno 
mostrano segni più profondi.

E’ dell’altro giorno la tragedia che diventa farsa. Il parlamento del Kosovo, 
lo stato partorito da una guerra e da anni di terrore, è stato luogo di scontri 
a base di lacrimogeni, che l’hanno trasformato nel palcoscenico di una 
sceneggiata fuori dell’ordinario. I kosovari albanesi in lite fra loro per un 
pugno di metri quadri. Gruppi denominati “guerrieri”, ma fino al 1998 nel libro 
nero del terrorismo, secondo la stessa Nato, poi assunti dall’occidente al 
rango di padri della patria di uno Stato che anche noi abbiamo riconosciuto. 
Uno stato che una accreditata rivista di studi geopolitici come Limes ha 
definito, tempo fa, “Stato delle mafie”, tanto per rendere l’idea. Un giudizio 
super partes, avallato dalla testimonianza di un generale Fabio Mini, che 
quella guerra combatté, con un ruolo autorevole, dalla parte della Nato e 
corredato dalla documentazione sui crimini contro i serbi, raccolta da una 
giudice svizzera, Carla Del Ponte, incaricata di far luce sui crimini di 
Milosevic.

All’origine del contenzioso odierno tra kosovari albanesi, al gusto di 
lacrimogeni, 80 km di metri quadri che una parte di quei guerrieri riconosce al 
Montenegro e che un’altra parte di loro ritiene intoccabili territori kosovari. 
Poveri loro, nessuno li ha avvertiti che il Montenegro adesso fa parte della 
Nato e che su quel fronte la festa è finita.

Tra Pristina e Belgrado, faticose ricuciture a corrente alternata paiono di 
quando in quando raffreddare le tensioni nei giorni pari, nel nome di 
un’entrata nella Ue. Poi la fiamma si riaccende, nei giorni dispari, perché 
mano misteriose assassinano un leader serbo kosovaro disposto al dialogo oppure 
perché quel buco balcanico che si chiama Serbia può fare gola alle superpotenze 
e la speranza del non allineamento ha i colori sfumati di un miraggio. Una 
tregua da qualcuno chiamata pace.

Il Kosovo oggetto di contesa di quella guerra, sopravvive nel segno della 
miseria e dell’abbandono, avendo come simbolo i pullman carichi di gente che se 
ne va da Pristina e dintorni, col biglietto di sola andata, Non sanno che 
festeggiare al ripetersi delle ricorrenze e giunti in terra Ue si sentono dire 
che se ne devono andare. Trattati come clandestini perché provenienti da un 
paese che ufficialmente non presenta elementi sufficienti di criticità.
La Serbia ha incassato qualche benemerenza a Bruxelles e a Berlino, quando ha 
soccorso i profughi lungo la rotta dei Balcani, ma le ombre della sera calano 
in fretta sulle genti di una Belgrado che taglia le pensioni per compiacere i 
guru dell’austerity che predicano a Francoforte. E cala in fretta sui malati di 
cancro che continuano a riproporsi, nel silenzio tipico di una autocensura 
delle vittime, conseguenze di bombe all’uranio impoverito o di quelle che hanno 
colpito i petrolchimici di Pancevo e le raffinerie di Novi Sad.

Ovunque, nella ex-Jugoslavia, fuoco sotto la cenere: Croazia, Bosnia, Macedonia 
ancora tregue col nome di pace.
Noi, Italia, quelli cha allora combatterono in prima linea e qualcuno di noi 
più in prima linea che mai, sul fronte della retorica.

Di quella scelta paga ancora oggi il prezzo Massimo D’Alema che, confermando la 
disponibilità delle basi italiane come rampe di lancio per i bombardieri Nato, 
di quei giorni fu protagonista. Ma oggi lui ha altre scelte da pagare: quelle 
di essere sceso in campo, alle recenti elezioni, convinto di avere dietro di sé 
masse a due decimali, dovendo poi constatare che poteva contare solo su di un 
gruppo di reduci da sconfitte a catena. Un destino amaro, senza neppure la 
consolazione di costituire un punto di riferimento italiano per i suoi amici 
americani della Fondazione Clinton, oggi declinante, a dispetto delle donazioni 
saudite.

Minore il prezzo pagato da Emma Bonino, che anticipava ogni bombardamento della 
Nato con suppliche di intervento bellico-umanitario. Memorabili solo per chi 
non dimentica, sue frasi come “Usa, aiutaci a punire i colpevoli” cui seguivano 
le bombe su civili innocenti.

Ma, sia pure con un grosso sforzo, proviamo a ricordarci anche di chi non aveva 
in ballo coinvolgimenti di parte. Come poteva essere la Presidenza Clinton per 
D’Alema oppure Georg Soros, teorico della dissoluzione dei Paesi a socialismo 
reale, presente a Belgrado con una sede della sua Open society e di cui la 
nostra Emma si dichiara ancora apertamente amica.

Se propaganda di guerra, in termini mediatici, significa soprattutto 
sottolineare i crimini di guerra di una parte in causa, quella da colpire, e 
farla breve sui crimini della parte che va sostenuta, come altrimenti definire 
le esternazioni di chi in quei tempi (1998/99) dichiarava, ad esempio sulla 
rivista “Vita” che “i cecchini serbi hanno ucciso un vecchio albanese, con i 
suoi due muli. Gli hanno sparato in pieno territorio albanese, poi i soldati di 
Milosevic ne hanno trascinato il cadavere in Jugoslavia” e poi via via tutto un 
“ci hanno detto”, “c’è il timore che”, costantemente abbinato a crimini dei 
serbi e soltanto dei serbi. A chi domanda se le guerre siano sempre le stesse, 
nel 99, sempre su “Vita” si risponde “Nei Balcani forse, perché la matrice è 
sempre quella, le pretese egemoniche serbe”. Con riferimento a crimini reali, 
purtroppo, e comunque credibili, anche quando non documentati da altre fonti. 
Impresa titanica, però, trovare nelle parole di quella persona riferimenti ad 
altri crimini dimostrabili, come le teste di serbi mozzate ed esibite in rete 
da terroristi musulmani, probabilmente di importazione, in terra bosniaca, ad 
anticipare la fioritura del terrorismo islamico da quelle parti, come 
testimoniato dalla costruzione di una moschea a Zenica, opera dei talebani.
E neppure troviamo l’episodio di una deportazione di oltre 100mila serbi 
espulsi dalle truppe croate dalle terre di Krajna, usati in parte da Milosevic 
per “ripopolare” il Kosovo e trovatisi due volte profughi nel giro di pochi 
anni. Cacciati prima dai croati e poi dai kosovari albanesi. La cosa avrebbe 
dovuto essere già da allora di dominio pubblico, se negli stessi articoli di 
“Vita” un cooperante italiano in Kosovo, Alessandro Pieroni, che pure non 
risparmia critiche pesanti alla Jugoslavia di Milosevic, ne riferisce 
ampiamente. Invece il riferimento ai crimini di guerra riconduce esclusivamente 
alla matrice serba; se qualcuno trovasse traccia di questa storia di 
perseguitati serbi nelle parole della persona di cui stiamo parlando lo 
preghiamo di segnalarcelo. Oltre tutto quella persona non era sulla linea del 
fronte come D’Alema a guerreggiare per una parte contro l’altra, ma doveva 
rappresentare una istituzione al di sopra delle parti. Ci riferiamo a Laura 
Boldrini allora rappresentante delle Nazioni Unite in terre balcaniche (Unhcr) 
e alle sue interviste, dove era facile trovare tracce delle colpe degli uni, 
mentre costituiva impresa ai limiti dell’impossibile trovare un riscontro delle 
colpe altrui.

Pure di quanto commesso dalla Nato e sulle sue conseguenze o comunque su colpe 
non solamente serbe, esistevano ed esistono testimonianze in base alla quali 
rivedere eventualmente le posizioni di un tempo. Pensiamo ai reportage di Ennio 
Remondino, Massimo Nava, Sigfrido Ranucci, Elena Ragusin, Aldo Provvisionato, 
Tommaso Di Francesco, Michele Santoro, Massimo Serafini, Giuseppe Zaccaria, 
Angelo Mastrandrea, Lorenzo Sani, Fulvio Grimaldi e anche alle testimonianze di 
chi riteneva che quella guerra avesse un senso come Alberto Negri o Tony 
Capuozzo.

La stessa Amnesty, che non crediamo possa essere ritenuta colpevole di 
pregiudiziale antiamericanismo stese un dossier critico e molto dettagliato e 
ancora in questi giorni dichiara che sussistono ostacoli alla consegna degli 
autori di crimini di guerra alla giustizia per “una costante mancanza di 
volontà politica in tutti e sei i paesi” (Croazia, Serbia, Kosovo, Macedonia, 
Bosnia, Montenegro).

Peraltro la memoria fa brutti scherzi anche dove non te lo aspetteresti. E così 
sul fronte pacifista, dove pure si rifiutano il concetto-ossimoro di guerra 
umanitaria e i contatti con D’Alema, proprio per quegli eventi, si sente 
parlare di “guerra IN Kosovo”. In realtà quella guerra venne fatta a proposito 
del Kosovo e anche nel Kosovo si sviluppò, ma gran parte dei raid aerei ebbero 
come obiettivo Belgrado e altre città della Jugoslavia di allora, perché lì era 
prioritario colpire, distruggere l’economia per le generazioni presenti e 
l’ambiente a riguardo delle generazioni future.

24 marzo, l’anno prossimo saranno vent’anni. C’è chi preferisce dimenticare. 
Fatti suoi. Noi ricordiamo e speriamo solo che il ventennale non sia costituito 
da giorni in cui si abbia a rompere una delle tanti fragili tregue che vedono 
la sopravvivenza di quei luoghi e di chi li abita.


=== 3 ===

http://www.beoforum.rs/en/comments-belgrade-forum-for-the-world-of-equals/570-24-marzo-1999-24-marzo-2018-per-non-dimenticare-enrico-vigna.html

24 MARZO 1999 - 24 MARZO 2018: PER NON DIMENTICARE - ENRICO VIGNA

Saturday, 24 March 2018

A cura di Enrico Vigna- Forum Belgrado Italia

“…la guerra non è una canzone, che si può dimenticare
 la guerra è una favola funesta, che ogni giorno si manifesta…”     ( Milena N. 
Kosovo, 12 anni )
------
“…Ho appena dato mandato al comandante supremo delle forze alleate in Europa, 
il generale Clark, di avviare le operazioni d'aria (ndt: bombardamenti aerei…) 
sulla Repubblica Federale di Jugoslavia…Tutti gli sforzi per raggiungere una 
soluzione politica negoziata alla crisi del Kosovo sono falliti e non ci sono 
alternative all'intraprendere l'azione militare…”.

Così, il 23 marzo 1999, l'allora Segretario generale della NATO J. Solana, 
davanti ai mass media del mondo, decretava l'inizio della fine della “piccola” 
Jugoslavia e del popolo serbo in particolare…

L'aggressione alla Repubblica Federale di Jugoslavia/ Serbia…era motivata dalla 
necessità di fermare una “pulizia etnica”, un “genocidio” e ripristinare i 
“diritti umani” nella provincia. Perché queste furono le tre basi fondanti su 
cui la cosiddetta Comunità Internazionale: cioè gli otto paesi più ricchi della 
Terra, cioè il loro braccio armato, la NATO (in quanto i governi dei 2/3 
dell'umanità tra voti contrari e astensioni, erano contrari alla guerra) hanno 
decretato l'aggressione alla Jugoslavia il 24 Marzo 1999.
La realtà sul campo è esattamente il contrario delle verità ufficiali 
raccontate dalla NATO, dall’UNMIK, dall’OSCE o dalla cosiddetta Comunità 
Internazionale.

Dopo 19 anni dove sono la cosiddetta “pulizia etnica”, il “genocidio”, “le 
fosse comuni” con le decine di migliaia di albanesi kosovari dentro?
Quando, secondo i documenti CIA, FBI, OSCE, Unmik, NATO… a tutt’oggi:
sono stati ritrovati 2108 corpi di tutte le etnie;
secondo l’UNCHR i primi profughi sono stati registrati il 27 marzo 1999, cioè 3 
giorni dopo l’inizio dei bombardamenti;
sono stati uccisi dal giugno ’99 in poi 3.000 serbi, rom, albanesi 
jugoslavisti, e di altre minoranze; sono stati rapiti 1300 serbi; oggi si sa 
(tramite le memorie della ex procuratrice del tribunale dell’Aja per la 
Yugoslavia, Carla Del Ponte) che loro sapevano dei 300 serbi rapiti dalle forze 
terroriste dell’UCK portati in Albania per estirpare loro gli organi ad uno ad 
uno.


“Ora viviamo come in gabbia, prigionieri, ma gli stranieri dicono che siamo 
liberi...”.

Jovan 10anni, enclave di Gorazdevac, Kosovo

24 marzo 2018 – Anniversario dell’aggressione della NATO alla Repubblica 
Federale Jugoslava

Il 24 marzo, ricorrono 19 anni dall’inizio dell’aggressione NATO alla 
Repubblica Federale di Jugoslavia.
Durante questa aggressione, che è durata 78 giorni, migliaia sono state le 
vittime, un gran numero sono state feriti e resi invalidi permanentemente.
Durante l’aggressione NATO contro la Repubblica Federale di Jugoslavia dal 24 
marzo al 10 giugno 1999, l’aviazione della NATO ha effettuato numerosi 
attacchi, bombardando civili e obiettivi non militari.
Molti bambini sono periti durante questi attacchi, e sono anche  morti molti 
malati ricoverati negli ospedali, passanti, persone nelle strade, nei mercati, 
nelle colonne dei profughi.
Sono stati distrutti ospedali, abitazioni, scuole, ponti, chiese, monasteri.
Questi attacchi sono stati cinicamente definiti dagli ufficiali della NATO come 
danni collaterali, benché si trattasse di attacchi il cui obiettivo era di 
distruggere il morale della popolazione con l’intimidazione intenzionale come 
strumento.
Ecco alcuni esempi di bombardamenti in cui le vittime sono stati i civili :

4 aprile : stazione di riscaldamento urbano a Belgrado (un morto)
12 aprile : treno viaggiatori nella gola di Grdelica (20 morti)
14 aprile : una colonna di profughi in Kosovo (73 morti)
23 aprile : la sede della Radio-Televisione di Serbia (16morti)
1 maggio : un ponte in Kosovo (39 morti)
3 maggio : un bus nei pressi del villaggio Savine Vode in Kossovo (17 morti)
7 maggio : la città di Nis (17 morti)
8 maggio : un ponte a Nis (2morti)
13 maggio : un campo profughi in Kosovo (tra 48e 97 morti)
19 e 21 maggio : la prigione Durava nel Kosovo (23 morti)
30 maggio : il ponte nella città di Varvarin sul fiume Morava, durante una 
religiosa (10 morti tra i    quali una liceale Sanja Milenkovic  e un prete 
della locale chiesa)

Non è che un piccolo numero delle vittime civili dell’aggressione NATO.
Come esseri umani e come persone coscienti, abbiamo un obbligo morale di 
rendere omaggio a queste vittime e a tutte le altre vittime dell’aggressione.
In questa lunga lista di vittime menzioniamo la piccola Milica Rakic, una bimba 
di 2 anni della periferia di Belgrado, così come le piccole vittime della 
bombardamento della sezione infantile dell’ospedale Misovic a Belgrado e molti 
altri.
La rete stradale e ferroviaria distrutte, altrettanto un gran numero di 
fabbriche, di scuole, ospedali, installazioni petrolchimiche, di monumenti e 
siti culturali.
Il danno diretto è stato stimato in 100 miliardi di dollari americani.
Intere regioni della Serbia e in particolar modo, il Kosovo sono stati 
inquinati a causa dell’uso dell’uranio impoverito.
Le conseguenze per la popolazione e soprattutto per i nuovi nati si manifestano 
in orrende malformazioni che si acutizzano con il passare del tempo.

Decine di migliaia di serbi resistenti, continuano a vivere in enclavi, tuttora 
protetti per evitare violenze ed assalti.

L’aggressione della NATO contro la R.F. di Jugoslavia ha rappresentato un colpo 
senza precedenti all’ordine giudiziario internazionale, ai principi delle 
relazioni internazionali e alla carta delle Nazioni Unite.
A seguito delle motivazione e delle sue conseguenze, quest’aggressione ha 
rappresentato il primo  avvenimento globale più importante dopo la Seconda 
Guerra Mondiale.
Si è trattato di una guerra contro l’Europa, le cui conseguenze si vedono oggi.
L’aggressione contro la Jugoslavia ha lastricato la strada per l’utilizzo 
unilaterale della forza nelle relazioni internazionali ed ai successivi 
attacchi all’Afghanistan, all’Iraq, alla Siria, alla Libia e in questi mesi i 
venti di guerra sono in Ucraina, ai confini della Russia.
Durante questa aggressione una stretta alleanza tra la NATO e l’organizzazione 
terroristica, chiamata Armata di Liberazione del Kosovo (UCK) è stata 
realizzata, garantendo a questi ultimi la trasformazione da terroristi a 
governanti dell’attuale stato fantoccio del Kosovo.
Le conseguenze di questa alleanza si sono continuate a manifestare anche in 
questi 16 anni,  attraverso la continuazione di forme di intimidazione e 
terrorismo contro la popolazione serba ed ogni altra popolazione non albanese 
in Kosovo e Metohija; tra cui anche attacchi e distruzioni di monumenti della 
cultura cristiana, antifascista e jugoslavista.
La dimostrazione più evidente di tutto quanto sopra descritto sono stati gli 
avvenimenti accaduti dal 17 al 19 marzo 2004, quando i terroristi albanesi 
hanno cacciato altre migliaia di serbi dalle proprie case e distrutto altre 35 
chiese e monasteri serbi risalenti al medio evo.
Le conseguenze di questa aggressione sono molteplici:
presenza e rete di collegamenti e di cellule jihadiste nei Balcani, sono 
documentati in alcune centinaia gli jihadisti kosovari partiti da lì per la 
Siria e la Libia, in questi ultimi anni.
L’impossibilità a tutt’oggi del rientro in Kosovo di 250.000 tra serbi e altre 
minoranze non albanesi, che furono cacciati dopo l’arrivo dell’UNMIK e della 
KFOR.
Pochissimi dei 150, tra chiese e monasteri, che sono stati distrutti, dal 10 
giugno 1999, è stato ricostruito e tutto ciò malgrado le promesse fatte.
Sono tutti indifferenti nei confronti di tutto ciò ?
I Balcani, la Serbia e i paesi della regione necessitano di pace, di stabilità 
e di sviluppo.
Tutto ciò è possibile solo nel rispetto delle risoluzioni dell’ONU, sancite tra 
le parti nel 2000, alla cessazione dei bombardamenti, in particolare la 
Risoluzione 1244 che assicurava le garanzie ed i diritti uguali per tutte le 
popolazioni dell’area.
MA ESSA E’ TUTTORA CALPESTATA E RIMOSSA.

Enrico Vigna, 24 marzo 2018

Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali
                                            
Forum Belgrado Italia – Assoc. SOS Yugoslavia-SOS Kosovo Metohija

S.O.S. Yugoslavia
S.O.S. KOSOVO METOHIJA




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