A sette anni dal barbaro assassinio di Muammar Gheddafi

1) Parla Gheddafi
2) Altri link
3) Le menzogne della Nato sull’aggressione alla Libia nel 2011 (M. Correggia, 
set 2018)
4) Italia-Francia: il voltafaccia che ha destabilizzato Italia, Eurozona e 
Mediterraneo (Red. Contropiano / Guido Salerno Aletta)
5) L’associazione Vittime della Nato in Libia lotta contro l’impunità dei 
potenti (M. Correggia, gen 2018)


=== 1 ===

Muammar Gadaffi: Visiting in Yugoslavia, Josip Broz Tito (Onlinefootage.tv, 10 
ott 2011)
[Immagini anni 1960]
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=zhPm0Zghoy4

Gheddafi parla di Russia e Ucraina, intervista del 2009 (PandoraTV, 4 mag 2016)
Nel corso di un'intervista rilasciata nel 2009 a una tv russa, Gheddafi 
tratteggia gli scenari possibili tra Ucraina, Russia e Unione Europea, 
prevedendo, di fatto, quanto avvenuto con il colpo di stato di Maidan...
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=f22TPppFsJk

Le parole della Storia - Mu'ammar Gheddafi (PandoraTV, 25 mar 2018)
In questo discorso, tratto dall'Assemblea della Lega Araba svoltasi in Siria 
nel 2008, l'allora leader libico Muammar Gheddafi pronuncia un discorso dal 
contenuto profetico sulla politica USA in Medio Oriente...
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=CNEy0_r-IlU


=== 2 ===

Tra i numerosissimi nostri post dedicati alla brutalizzazione della Libia
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/search/messages?query=Gheddafi
ricordiamo in particolare:

Chi ha voluto uccidere la Libia (mar 2018)
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8859

A cinque anni dal barbaro assassinio di Gheddafi – di Domenico Losurdo, 20 
Ottobre 2016
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8606
http://www.marx21.it/index.php/internazionale/pace-e-guerra/27301-a-cinque-anni-dal-barbaro-assassinio-di-gheddafi

Distruzione e saccheggio della Libia (ago 2016)
https://it.groups.yahoo...com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8572

Febbraio 2011–2016
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8472

Gheddafi lo aveva detto (ago 2015)
https://it.groups...yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8370

Gli errori si pagano, i crimini anche (feb 2015)
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8250

Devastazione e ri-colonizzazione della Libia (nov 2013)
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/7811

Sulla "giustizia del linciaggio" (feb 2012)
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/7286

La NATO devasta Sirte per instaurare il suo regime coloniale razzista (ott 2011)
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/7176
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/7177

La lurida coscienza della guerra in Libia (mar 2011)
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/7079

Sul tiro a segno colonialista contro Gheddafi (lug 2011)
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/7107

---

> Inizio messaggio inoltrato:
>
> Da: Marinella Correggia
> Oggetto: Davanti all'ambasciata libica: due manifestazioni molto diverse (una 
> nel 2011, l'altra oggi)
> Data: 25 novembre 2017

La manifestazione di oggi (24 novembre 2017) degli africani, contro le atrocità 
della Libia costruita dalle bombe Nato nel 2011
https://www.youtube.com/watch?v=jMlEROJNyKY 
<https://www.youtube.com/watch?v=jMlEROJNyKY>

Ecco fra l'altro le parole di uno di loro:
al minuto 0,30-0,40
La Libia è un paese africano. Fa parte dell'Unione africana. La Libia è stata 
distrutta, e sappiamo il motivo, sappiamo perché è stato ucciso Gheddafi, 
sappiamo del petrolio...

E INVECE

La manifestazione del 22 febbraio 2011, con l'assalto alla sede diplomatica 
della Jamahiriya a Roma.
https://www.youtube.com/watch?v=5f-H8ebC6OE 
<https://www.youtube.com/watch?v=5f-H8ebC6OE>

Sotto gli occhi (complici) della polizia, fra le urla di libici - si presume - 
"Gheddafi deve morire" (vedi al minuto 0,47) e "Gheddafi è nel suo bunker con 
50.000 mercenari", e fra bandiere monarchiche fresche di stampa miste a quelle 
di certi partiti di "sinistra" italiani, alcuni scalmanati si arrampicano senza 
essere trattenuti fino a sostituire la bandiera (dal minuto 5 in poi).

Non c'è bisogno di commenti.

marinella


=== 3 ===

http://contropiano.org/altro/2018/09/06/le-menzogne-della-nato-sullaggressione-alla-libia-nel-2011-0107302

Le menzogne della Nato sull’aggressione alla Libia nel 2011

di Marinella Correggia <http://contropiano.org/author/redazione-contropiano>, 6 
settembre 2018

Marinella Correggia, giornalista freelance, collaboratrice de Il manifesto e 
storica attivista No War, quattro anni fa scrisse questo che possiamo come un 
capolavoro di “decostruzione” delle menzogne e della propaganda di guerra della 
Nato durante l’aggressione alla Libia nel 2011. Questo lavoro è stato 
pubblicato sul sito No War sibialiria.it. Ci sembra utile ripubblicarlo, ci 
sono informazioni importanti per comprendere cosa è successo allora in Libia e 
le sue ripercussioni sull’oggi, ma anche per imparare a non fare giornalismo 
“embedded” e servile verso gli apparati di potere, in questo caso la Nato.

*****

 <>Durante i bombardamenti sulla Libia nel 2011, la Nato teneva conferenze 
stampa settimanali sia a Bruxelles che alla sede di Bagnoli (Napoli). 
Partecipavano giornalisti-tappetino che chiamavano per nome, affettuosi e 
deferenti, la portavoce Nato da Bruxelles (“Oanà” Longescu, romena) e il 
portavoce Nato da Napoli (“Roland” Lavoie, colonnello canadese). Sarebbe 
bastato uno stuolo di giornalisti decenti per metterli in crisi. Perché 
portavoce e generali si arrampicavano sugli specchi, per non dare a vedere 
crimini e illegalità. Ecco un resoconto diretto.

Per proteggere i civili in Libia, come ordinava il mandato della risoluzione 
1973 del Consiglio di sicurezza, la Nato avrebbe dovuto rivolgere droni e bombe 
contro se stessa e contro i suoi alleati locali del Cnt (Consiglio nazionale di 
transizione, i “ribelli”): visto che questi usavano armi indiscriminate sulle 
città assediate, in particolare Sirte e Bani Walid. E addirittura, per rimanere 
nei confini del proprio mandato, la Nato avrebbe dovuto bombardarsi e 
bombardare il Cnt per evitare attacchi alle forze governative libiche quando 
queste non minacciavano i civili.

Di fatto gli armati del Cnt sono stati gli unici libici che la Nato ha 
protetto, permettendo dunque che essi minacciassero e uccidessero civili libici 
(e non libici).  Surreale. La Nato ha protetto armati (che minacciavano anche 
civili) in nome della norma Responsibility to Protect che doveva proteggere i 
civili. E la Nato ha protetto armati usando a gran forza aerei da guerra 
simbolicamente sventolanti il mandato della risoluzione 1973 che stabiliva il 
divieto di volo aereo, appunto a protezione dei civili...

Le implicite ammissioni, in un processo, valgono come prova? Se sì, ecco qui di 
seguito quelle della Nato, raccolte durante le surreali conferenze stampa al 
comando di Bagnoli (in mancanza di manifestazioni fuori dallo stesso, alle 
quali partecipare), od ottenute per email da “Nato source” (così chiedono di 
essere citati i vari capitani e graduati, italiani e Usa, maschi e femmine, da 
Napoli o da Bruxelles, quando rispondono per email alle domande dei media).

Dalla sede del comando Nato di Napoli, il colonnello Roland Lavoie ha parlato 
per mesi alle fedeli truppe mediatiche con un francese dal buffo accento 
canadese ingannevolmente innocuo. Dalla sede centrale di Bruxelles, la 
portavoce romena Oana Longescu – più realista del re, incarnando l’estensione 
dell’Alleanza ai fedeli paesi dell’Est Europa  – si è giostrata seccamente fra 
l’inglese e il francese. Entrambi ripetevano in tutte le salse: impediamo alle 
“forze di Gheddafi” (mai usato il termine “esercito libico”) di colpire i 
civili... I giornalisti che frequentano le loro conferenze stampa settimanali 
da Bruxelles li chiamano per nome affettuosamente (i francofoni pronunciano 
“Oanà”), consoni al clima di cortesia e disponibilità che li fa sentire ammessi 
in società e che ricambiano non facendo mai domande scomode; per non diventare 
dei paria. Con silenzio glaciale e nessuna solidarietà i “colleghi” dei media 
mainstream accolsero infatti la paria in settembre e ottobre.

Si arrampicano sugli specchi per mesi, Oanà e Roland. Devono negare l’evidenza 
e cioè che la Nato lotta per il cambio di regime, insieme a una delle parti...

Sostengono a più riprese che non c’è alcun coordinamento con le forze 
dell’opposizione o forze ribelli; che la situazione viene seguita da “fonti di 
informazione alleate nell’area”. Dunque, ammettono la presenza a terra di 
occidentali? “Non ci sono forze Nato a terra” rispondono laconici. Per email i 
responsabili Nato spiegano: “Sia gli incaricati di individuare e approvare gli 
obiettivi sia il pilota rinunciavano se c’era il sospetto di ferire o uccidere 
civili. In alcuni casi l’osservazione video via aerea prendeva 50 ore prima 
dell’autorizzazione”. Inoltre, “abbiamo avvertito i civili con comunicati 
stampa, volantini e programmi radio di stare lontani da installazioni militari”.

Tuttavia sono state spesse colpite installazioni civili. Ma praticamente la 
Nato ha ammesso un solo caso di errore: i sette morti della famiglia Garari il 
19 giugno a Tripoli, Suq Al Juma.

Intorno al 10 agosto di fronte alle foto di decine di civili uccisi da un aereo 
Nato nella notte dell’8 agosto a Zliten, il generale canadese Charles Bouchard 
(quando c’è lui alle conferenze stampa a Bagnoli la temperatura dell’aria 
condizionata va tenuta a 16 gradi) dice: “Non posso credere che quei civili 
fossero lì nelle prime ore del mattino, considerando anche le informazioni 
della nostra intelligence. Posso assicurarvi che non c’erano 85 civili; non 
posso assicurarvi che non ce ne fossero”.La Nato per email ribadiva che gli 
edifici erano un accampamento delle truppe, posto in una fattoria, e che 
l’osservazione e altri strumenti di intelligence avevano rilevato che non 
c’erano civili”.

Richiesta per email alla Nato: “Perché la Nato ha colpito un accampamento di 
soldati di Gheddafi? Un accampamento notturno non minaccia i civili in quel 
momento”. Risposta: “Sì che erano una minaccia reale. Durante tutto il 
conflitto, si riposavano per lanciare futuri attacchi ed ecco perché le aree di 
sosta militare erano obiettivi legittimi. Avrebbero potuto provocare future 
vittime. Le forze militari e le loro strutture erano attaccate solo se erano 
direttamente coinvolte o permettevano l’attacco ai civili; le truppe non 
coinvolte nell’attacco ai civili non erano prese di mira”. L’ultima frase 
contraddice le precedenti. Zliten era un’area pro-regime oltretutto. 

Il 15 agosto spiegano che stanno bruciando a Brega due depositi petroliferi, 
“ulteriore prova che Gheddafi vuole distruggere o danneggiare infrastrutture 
chiave delle quali la popolazione avrà bisogno alla fine del conflitto”. Il 16 
agosto alla Nato affermano che le forze di Gheddafi hanno “lanciato verso 
l’area di Brega un missile balistico a corto raggio che avrebbe potuto uccidere 
molti civili” e che “mostra che il regime di Gheddafi è disperato e continua a 
minacciare civili innocenti in Libia. Noi proteggiamo i civili per mandato del 
Consiglio di Sicurezza e continueremo a premere militarmente sulle forze 
pro-Gheddafi finché necessario”. Ovviamente “l’azione persistente e cumulativa 
della Nato crea un effetto ovvio: le forze di Gheddafi che attaccano stanno 
gradualmente perdendo la loro capacità di comandare, condurre e sostenere 
attacchi alla popolazione civile”. I gruppi armati – gli unici protetti dalla 
Nato in Libia – dunque sono sempre parificati alla popolazione civile.

Del resto in Tunisia un dirigente degli alleati locali della Nato, di fronte 
alla timida accusa da parte dei media “ma voi armati usate i viveri che l’Onu 
destina ai civili…” rispose secco: “Noi siamo dei civili”.

D’altro canto se dici a Lavoie che gli alleati Nato sul terreno uccidono civili 
e fanno (dopo la fine del regime) al caccia al nero e la Nato non protegge quei 
civili, Lavoie allarga le braccia: “Non siamo una forza di polizia”. Ammissione 
che un bombardamento non può proteggere i civili . E per email, alla domanda: 
“Come mai non proteggete gli abitanti di Tawergha deportati e i molti neri 
perseguitati ai vostri alleati? E anche in generale i civili presi nelle aree 
assediate?”, ecco la risposta: “Abbiamo fatto appello a entrambe le parti per 
la protezione dei diritti umani. La leadership del Cnt ha chiesto spesso alle 
sue forze di contenersi. E si è impegnata come nuova autorità al rispetto dei 
diritti umani; per metterlo in pratica occorrerà tempo e sforzo, e aiuto da 
parte internazionale. Mentre le forze pro-Gheddafi attaccavano i civili e le 
aree civili le forze del Cnt in molti casi prima dell’attacco aspettavano che i 
civili se ne andassero. Non abbiamo notizia che attaccassero civili 
deliberatamente e sistematicamente”. E dov’erano le prove degli attacchi 
sistematici da parte delle forze di Gheddafi?

La partigianeria è diventata evidentissima nel mortale assedio Nato e Cnt a 
Sirte. Se si faceva osservare a Lavoie che l’assedio a civili è un crimine di 
guerra, il colonnello rispondeva surrealmente: “Il Cnt ha mostrato l’intenzione 
di far uscire la popolazione civile”.

Mentre Sirte veniva distrutta dai bombardamenti e dai Grad e artiglieria 
pesante usati dagli armati del Cnt, il colonnello della Nato Lavoie dichiarava 
surrealmente: “La maggior parte della popolazione di Sirte e Bani Walid non 
corre più pericoli perché le rimanenti forze di Gheddafi stanno sulla 
difensiva, nel tentativo apparente di sfuggire alla cattura. Non controllano 
alcuna zona densamente popolata e non rappresentano più una vera e propria 
minaccia al di fuori di queste sacche di resistenza”. Minaccia per chi? Per i 
protetti dalla Nato: gli armati del Cnt. Ma la risoluzione Onu non doveva 
proteggere armati! Quando si scriveva alla Nato: “Risulta  organizzazioni 
umanitarie libiche come Djebel al Akhdar, che oltre cinquanta civili siano 
rimasti sotto il bombardamento di un palazzo crollato all’angolo fra Dubai 
Avenue e Sept. 1st Avenue, e non poteva che essere un aereo visto il largo 
cratere prodotto” , la risposta era “non abbiamo indicazioni che sia vero”.

E il bombardamento dell’ospedale Avicenna? “Mai bombardato ospedali, nemmeno 
vicino a siti militari”. Altra domanda: la Nato sta indagando sui bombardamenti 
di strutture civili a Sirte? “I nostri obiettivi erano tutti militari dunque 
legittimi ex risoluzione 1973. Abbiamo agito con cautela, discernimento e 
precisione. Non siamo a conoscenza di alcuna prova che richiederebbe l’apertura 
di un’inchiesta formale”. E anche: “L’obiettivo della Nato è sempre stato 
evitare di colpire i civili. Abbiamo una intelligence solida e processi di 
selezione degli obiettivi molto stringenti. Consideravano il giorno della 
settimana, l’ora del giorno e della notte, la direzione dell’attacco. Le 
munizioni erano tutte di precisione e centinaia di obiettivi sono stata 
tralasciati per evitare rischi per i civili e le infrastrutture. Anche se in 
una complessa operazione militare i rischi non possono essere eliminati”.

Sirte distrutta, la Nato la spiega così: “Era l’ultimo bastione di Gheddafi. E’ 
stata contesta per settimane fra gheddafiani e Cnt”. E qui il surreale: “La 
Nato incoraggiava una soluzione pacifica. Ma dovevano essere le forze dell’ex 
regime a deporre le armi e a smettere di attaccare i civili”. Insomma, dovevano 
arrendersi e agevolare il cambio di regime anziché ostacolarlo.

I ribelli pro Nato del Cnt lanciano missili Grad dentro le città da essi 
assediate, e lo ammettevano 
<http://www.news.outlookindia.com/item.aspx?735120;%20www.in.reuters.com/article/2011/09/22/libya-idINL5E7KM4U720110922>
 .  Sono considerati un’arma indiscriminata, dunque una minaccia per i civili, 
dalla stessa Alleanza; proprio all’uso dei Grad da parte dell’ex esercito 
libico, e all’assedio a Misurata, la Nato si era aggrappata in tutti i mesi 
passati per giustificare i bombardamenti “protettivi” e relative stragi. 
Sull’uso dei Grad da parte del Cnt la Nato interpellata via email (non) 
risponde così, dimostrando tutta la neutralità sbandierata da Oanà: “Fin 
dall’inizio il Cnt ha posto ogni cura nell’evitare  vittime civili e crediamo 
che continuerà a farlo”. Forse l’intelligence Nato era selettiva e non vedeva i 
Grad del Cnt, né la caccia ai neri libici e stranieri e ai lealisti.

Surreali le dichiarazioni. Mentre le forze di Gheddafi sono in fuga e si 
concentrano nel triangolo dove hanno un più forte sostegno popolare, il 
portavoce il 13 settembre dice che “occupando e reprimendo città come Bani 
Walid e Sirte le forze di Gheddafi hanno preso in ostaggio la popolazione, 
esponendola a ovvi rischi, reprimendo la sollevazione e impedendo ai cittadini 
di andarsene”. Evidente i due pesi due misure rispetto a Misurata, o a Homs e 
Aleppo e molti altri luoghi in Siria, dove mai i ribelli sono accusati di 
prendere in ostaggio. “La Nato è riuscita a intercettare e annientare parecchie 
fonti di minaccia per la popolazione civile, fra cui carrarmati, lanciamissili 
ecc.; i veicoli della Nato hanno condotto svariate missioni di attacco ben 
dentro il deserto del Sahara per distruggere le infrastrutture di comando e 
controllo, un autoreparto e parecchi veicoli blindati impedendo quindi il 
rafforzamento delle posizioni del regime nel nord del paese”. Poi ricapitola 
citando la 1973: “Negli ultimi sei mesi le forze della Nato hanno mantenuto 
costante il ritmo delle operazioni, intervenendo laddove le forze di Ghedafi 
rappresentassero una minaccia per i civili, che si trattasse di Bengasi, di 
Misurata, di Sebha, nel sud o di molte altre città e villaggi di tutto il paese.

A riprova della sua imparzialità, la Nato conclude una conferenza stampa il 13 
settembre dicendo “La ripresa della Libia è ben chiara e non lascia spazio a 
dubbi”.

L’assedio a Sirte ha reso la situazione umanitaria disperata. Dall’ospedale – 
anch’esso centrato da razzi – il dottor Abdullah Hmaid dichiarava alla Reuters 
che i pazienti morivano per mancanza di materiale ospedaliero e chiedeva a 
Croce rossa internazionale e Oms di aiutare a rompere il blocco. Ma nessuna 
organizzazione internazionale ha denunciato l’assedio. Eppure alla conferenza 
stampa del 27 settembre il colonnello Lavoie da Napoli ribadiva che l’emergenza 
di Sirte era solo “colpa dei miliziani e dei mercenari di Gheddafi” che non 
capivano che avrebbero dovuto “arrendersi” e “si piazzano vicino alle case e 
agli ospedali usando i civili come scudi umani”. Un’accusa che l’Alleanza i 
suoi paesi membri non hanno mai rivolta ai ribelli asserragliati a Misurata o, 
in seguito, a BabaAmr in Siria. Per definizione gli scudi umani li usano solo i 
cattivi.

Anche per email la Nato ribadisce implicitamente di aver lasciato fare agli 
alleati assedianti, e getta la colpa sugli assediati. In un’altra email: “I 
pro-Gheddafi si nascondevano nel centro della città per cercare di usare i 
civili come scudi umani contro il Cnt. La situazione umanitaria a Sirte era 
precipitata per gli sforzi delle truppe di Gheddafi di controllare punti di 
accesso. Checkpoint pro-Gheddafi e cecchini impedivano alle famiglie di 
spostarsi in aree più tranquille. Le forze di Gheddafi inoltre percorrevano le 
strade alla ricerca di sostenitori anti-Gheddafi, prendevano ostaggi e  
compivano esecuzioni”. Come fate a saperlo se non avevate militari a terra? 
“Non avevamo osservatori sul terreno ma usavamo i nostri asset di intelligence 
e sorveglianza per avere un quadro reale Monitoravamo con cura le linee di 
fronte per identificare chi attaccasse o minacciasse la popolazione.”. Era 
ovviamente impossibile monitorare da 10.000 metri. Dunque?

Il 21 settembre il comandante per le operazioni Nato in Libia Charles Bouchard 
spiega che “la nostra missione prosegue, perché le forze di Gheddafi minacciano 
ancora la popolazione”; “invitava i lealisti ad “arrendersi per garantire una 
fine pacifica del conflitto, anche perché sono circondati e non hanno vie di 
fuga, in quanto il territorio intorno a loro è nelle mani dei ribelli”. Quanto 
ai lealisti in fuga, la Nato non li attaccherà perché “si stanno allontanando 
dalla popolazione e non costituiscono così una minaccia per i civili”.

Ma è stata la Nato a fermare il convoglio in fuga di Gheddafi, e a farlo dunque 
uccidere.


=== 4 ===

http://contropiano.org/news/politica-news/2018/09/09/italia-francia-il-voltafaccia-che-ha-destabilizzato-italia-eurozona-e-mediterraneo-0107376
 
<http://contropiano.org/news/politica-news/2018/09/09/italia-francia-il-voltafaccia-che-ha-destabilizzato-italia-eurozona-e-mediterraneo-0107376>

Italia-Francia: il voltafaccia che ha destabilizzato Italia, Eurozona e 
Mediterraneo

di Redazione Contropiano - Guido Salerno Aletta 
<http://contropiano.org/author/redazione-contropiano>, 9 settembre 2018

Chi ancora contrappone – nella sua testa – una visione romantica e 
“internazionalista” dell’Unione Europea, contrapposta ai “nazionalismi” di 
destra, è bene che si metta a leggere qualcosa di serio. E rapidamente.

Qualche tonto grave – naturalmente “di sinistra” – è arrivato a comprendere nel 
mazzo dei “sovranismi” anche i popoli da tempo immemorabile in lotta per 
l’autodeterminazione (Palestinesi, Curdi, per non dire dei Catalani o dei 
Baschi), quindi l’urgenza è davvero pressante.

Consigliamo questo editoriale di Milano Finanza, quotidiano economico obbligato 
a dare notizie utili ai suoi lettori (debbono investire denaro, mica nutrire 
tristi passioni ideologiche…). Una descrizione impietosa degli interessi e 
degli obiettivi che negli ultimi dieci anni hanno contrapposto Italia e Francia 
(sia con governi di centrodestra che di centrosinistra) su quasi tutti i 
fronti. Economici, naturalmente.

Il quadro che ne risulta non è molto compatibile con l’immagine 
“sovra-nazionalista” dell’Unione, mentre corrisponde quasi esattamente a un 
tavolo da gioco dove tutti barano, ma qualcuno sa farlo meglio di altri. Dove, 
insomma, ciascuno persegue i propri obiettivi dietro lo schermo della 
“comunità” e i suoi “trattati”, senza minimamente curarsi della presunta 
“condivisioni di obiettivi e destino”; e tanto meno delle condizioni di vita e 
riproduzione delle rispettive popolazioni.

Ci sono gruppi industriali persi o a grave rischio di delocalizzazione della 
proprietà; interessi petroliferi e geostrategici per cui ci si spara per 
interposta “milizia tribale”, depositi finanziari rimasti senza proprietario 
originale e per cui si cercano prestanomi… Un tripudio di capitali e fondi 
neri, industrie rispettate e servizi segreti innominabili, mondo della moda e 
sgambetti poco diplomatici. Tutto quello che, insomma, ci fa vedere quanto la 
politica sia la continuazione della guerra con altri mezzi. E non solo il 
contrario clausewitziano…

Un quadro che rende più urgente fare pulizia anche nel linguaggio che usiamo, 
ormai quasi più senza la minima avvertenza critica, e che ci costringe a 
pensare secondo gli schemi del nostro nemico. Di classe, non “nazionale”.

*****

di Guido Salerno Aletta

Rapporti sempre più complicati, ormai dal 2011, tra Italia e Francia. Come se 
non bastassero le questioni sollevate dalle incursioni societarie in Tim e 
Mediaset, le asperità cui ha dato luogo l’acquisizione di Stx da parte di 
Fincantieri, e le ricorrenti prospettive di fusione tra Unicredit e SocGen da 
una parte e tra Generali ed Axa dall’altra, c’è un tema politico che ormai 
sovrasta tutto.

Dopo le polemiche estive sulla questione dell’accoglienza ai profughi e sul 
rimpatrio di quelli entrati clandestinamente in Francia dal valico di 
Ventimiglia, il Vice Premier italiano Matteo Salvini ha accusato apertamente la 
Francia di sobillare talune fazioni armate in Libia per scalzare i nostri 
interessi economici, suscitando la piccata reazione del Presidente francese 
Emmanuel Macron, che si è candidato alla leadership europea nel contrasto ai 
sovranismi ormai dirompenti. E’ una prospettiva, questa, davvero inedita.

Nei rapporti tra Italia e Francia, tutto è cambiato nel 2011. L’intervento 
anglo-francese in Libia, fortemente supportato dall’allora Segretario di Stato 
americano Hillary Clinton al fine di mettere fine al regime del Colonnello 
Gheddafi, ha determinato una frattura analoga a quella che nel 1981 fu causata 
dalla occupazione di Tunisi, con l’istaurazione di un Protettorato francese che 
scalzava in malo modo la forte presenza italiana e le prospettive di un suo 
progressivo rafforzamento. Anche in quella circostanza, come è accaduto nel 
2011, l’isolamento diplomatico italiano fu palese e determinante.

Ancora tre anni prima, nel 2008, i rapporti tra Italia e Francia erano 
estremamente soddisfacenti e le rispettive strategie assolutamente convergenti. 
Nell’estate, infatti, sia il neo eletto Presidente della Repubblica francese 
Nicolas Sarkozy che il neo Presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi, 
inaugurarono i rispettivi mandati con un viaggio nelle due ex colonie, Algeria 
e Libia, per chiudere definitivamente i conti con quel passato e dare l’avvio 
ad una nuova stagione di collaborazione nel Mediterraneo. Francia ed Italia si 
muovevano all’unisono.

A Parigi, il 13 luglio, si riunì il Summit istitutivo della Unione 
Euromediterranea, sotto la co-Presidenza del Premier francese nella qualità di 
Presidente di turno della Ue e del Presidente egiziano Hosni Mubarak e con la 
partecipazione di ben 44 Paesi. Erano presenti i rappresentanti di tutti i 
Paesi dalla UE, dei partner del Processo di Barcellona, dei Paesi balcanici 
rivieraschi e del Principato di Monaco...

Il successivo 30 agosto, a Bengasi, fu firmato il Trattato di particolare 
amicizia tra Italia e Libia, che era stato preceduto dalla approvazione da 
parte del Congresso americano del Libyan Claims Resolution Act, n. 110-301, con 
cui si dava dato atto alla Libia di non perseguire più politiche di sostegno al 
terrorismo, accettando a titolo di risarcimento la somma di 1,5 miliardi di 
dollari per gli attentati di Lockerbie e di Berlino.

A Villa Madama, nel febbraio del 2009, Berlusconi e Sarkozy stipularono un 
Accordo davvero esemplare per il clima di collaborazione sotteso: fu lo stesso 
Premier francese ad annunciare una “partnership illimitata”, proclamando che 
“Italia e Francia parleranno con una sola voce in Europa per prendere decisioni 
forti”. Ed ancora, affermò che “Italia e Francia vogliono cambiare l’Europa per 
tutelare i cittadini europei e trarre insegnamenti dalla crisi: vogliamo 
sanzionare i paradisi fiscali, controllare gli hedge-fund e fissare nuove 
regole per la retribuzione dei banchieri, dei trader e per i bonus”. La 
cooperazione sul piano militare sarebbe stata ancor più solida: “Abbiamo gli 
stessi obiettivi di politica estera e abbiamo una politica economica comune. 
Potremmo fare un battaglione navale italo-francese”.

A mettere fine a questa intesa, ma soprattutto a scardinare la strategia di 
creare nel Mediterraneo un’area di cooperazione e di prosperità, fu 
l’Amministrazione Obama: sotto l’impulso decisivo del Segretario di Stato 
Hillary Clinton, tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011 si dette avvio alle 
cosiddette Primavere arabe. Le “democrature” arabe dovevano essere spazzate 
via, per fare posto a sistemi genuinamente democratici: la politica di 
repressione delle opposizioni, e la complicità dell’Occidente nel sostenere 
questi regimi illiberali, sarebbe stata la causa unificante del terrorismo 
islamico e dell’ostilità endemica nei confronti degli Usa. A peggiorare i 
rapporti, si aggiunse l’atteggiamento di irrisione verso Silvio Berlusconi 
assunto dalla coppia di ferro Merkel-Sarkozy nel corso del drammatico G20 di 
Nizza del novembre 2011: la debolezza italiana di fronte alla crisi finanziaria 
fu cavalcata in modo brutale. Il voltafaccia francese fu plateale.

Tutto nasce però dallo squilibrio di fondo nell’asse franco-tedesco, che si è 
aggravato nel corso degli ultimi anni: Parigi ha un deficit commerciale 
strutturale crescente, che è arrivato nel 2017 a 62,3 miliardi di euro, 
rispetto ai 48,3 miliardi del 2016. La Francia è il secondo Paese per 
destinazione dell’export tedesco, dopo gli Usa, con un attivo che secondo 
Destatis, l’Istituto di statistica tedesco, è arrivato nel 2017 a 41 miliardi 
di euro. La Germania, di converso, finanzia questo squilibrio con investimenti 
crescenti di portafoglio in titoli francesi: l’ammontare complessivo è passato 
dai 74 miliardi di euro del 2001 ai 212 miliardi del 2008, fino a raggiungere i 
404 miliardi di euro nel giugno 2017: la morsa tedesca è sempre più stretta.

La situazione dell’Italia è di gran lunga migliore: non solo ha un avanzo 
strutturale della bilancia dei pagamenti correnti pari al 3% del pil, ma nel 
2017 il disavanzo commerciale con la Germania è stato di soli 9,6 miliardi di 
euro. Per quanto riguarda i rapporti italo-francesi, la Direzione delle Dogane 
di Parigi ha cifrato in 6,7 miliardi di euro lo squilibrio del movimento di 
merci Cif/Fob tra i due Paesi nel 2017. Dal punto di vista finanziario, a 
giugno dello scorso anno, le detenzioni italiane in emissioni francesi 
ammontavano a 163 miliardi di euro, mentre quelle francesi erano di 277 
miliardi, in contrazione rispetto al picco di 374 miliardi del giugno 2014.

La Francia cerca quindi di recuperare lo squilibrio con la Germania, che è 
soprattutto geopolitico, attraverso l’acquisizione di grandi imprese italiane 
non manifatturiere: dal settore del lusso alla grande distribuzione, dalle 
telecomunicazioni alle televisioni, dall’alimentare all’energia, dalle banche 
alle gestioni di risparmio. Cerca inoltre di sottrarre potenziale nella 
competizione internazionale, sul piano commerciale, politico e strategico.

Il Mediterraneo è dunque l’area di maggior attrito tra Italia e Francia, con la 
Libia che rappresenta la punta dell’iceberg del confronto: a Tripoli, non ci 
sono in ballo solo gli interessi petroliferi, con le concessioni gestite dal 
NOC. Ci sono le detenzioni della LIA, il fondo sovrano libico con cui SocGen ha 
da sempre strette relazioni, che ammonterebbero ad oltre 50 miliardi di dollari 
e che comprendono fra l’altro le partecipazioni azionarie in Unicredit, e c’è 
la gestione degli attivi della Banca centrale libica che arriverebbero ad un 
valore doppio. In prospettiva, ci sono anche le commesse della ricostruzione, 
che fanno gola a tutti. Chi avrà dalla sua parte il governo libico, in un 
contesto pacificato, come è stato per l’Italia durante la prima fase della 
crisi finanziaria, potrà contare su un polmone finanziario di tutto rispetto.

Italia e Francia stanno giocando sul piano geopolitico due partite parallele, 
di mediazione in un quadro in continuo movimento. Roma ha margini di manovra 
assai maggiori rispetto a Parigi. La Francia è legata a filo doppio all’asse 
con la Germania, ed ha fatto della ostilità verso la Gran Bretagna una sorta di 
vessillo, dimenticandosi dell’aiuto ricevuto in due Guerre mondiali: punta 
sulla prospettiva di porsi alla guida di un futuribile esercito europeo per 
valorizzare il suo arsenale nucleare ed il seggio di membro permanente del 
Consiglio di sicurezza dell’Onu.

Così facendo, però, si mette ancor più in rotta di collisione con gli Usa e la 
Gran Bretagna. Anche i recenti disordini in Libia non giovano affatto alla 
strategia francese, che contempla di arrivare alle elezioni a dicembre: in un 
contesto ritornato sfilacciato e conflittuale, risulta vincente la strategia 
italiana, che punta prioritariamente alla pacificazione fra le diverse 
componenti. A novembre, si terrà in Sicilia una Conferenza a tal fine, con la 
partecipazione anche di Cina, Qatar, Stati Uniti, Lega Araba e Onu: è un metodo 
diplomaticamente assai più coinvolgente rispetto agli incontri con i due soli 
leader libici, Al Sarraj ed Haftar, convocati da Emmanuel Macron all’Eliseo.

 <>A partire dal 2011, Parigi ha scommesso sulla debolezza finanziaria italiana 
e sulla sua solitudine geopolitica, anziché mantenere fermi l’asse con Roma e 
la strategia comune a favore di uno sviluppo pacifico del Mediterraneo. Ha 
ceduto, ancora una volta: sia alle pressioni tedesche che a quelle 
anglo-americane, contribuendo in modo determinante alla destabilizzazione 
dell’Italia, dell’Eurozona e dell’intero Mediterraneo, guadagnando ben poco. 
Nessuna grande potenza ha mai consentito, da secoli, la colonizzazione 
dell’Italia. A Parigi, dovrebbero saperlo bene.


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http://www.sibialiria...org/wordpress/?p=3471 
<http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=3471>

L’associazione Vittime della Nato in Libia lotta contro l’impunità dei potenti
27 GENNAIO 2018

di Marinella Correggia

Dalla guerra in Iraq nel 1991 a oggi, nessun tribunale internazionale ha mai 
processato e giudicato i vincitori delle guerre di aggressione condotte 
dall’Occidente e dagli alleati del Golfo.  E dire che la guerra di aggressione 
è bandita in modo assoluto dalla carta delle nazioni unite ed è considerata il 
«crimine internazionale supremo» sin dall’epoca del tribunale di Norimberga 
(che però giudicò solo i vinti).

Alcune volte gli Stati presi di mira hanno provato a reagire ricorrendo a 
istanze internazionali (si pensi alla Jugoslavia durante i bombardamenti Nato 
del 1999); altre volte erano i cittadini danneggiati a provare le strade dei 
tribunali internazionali, sul lato penale e civile. Il primo non ha mai sortito 
effetti; per il secondo, alle vittime civili – «effetti collaterali» – afghane, 
irachene, pakistane sono stati elargiti risibili risarcimenti a cura dei 
responsabili, si vedano gli Usa con gli abitanti dei villaggi sterminati dai 
droni. Troppo poco, decisamente.

Si sta muovendo con coraggio contro l’impunità  Khaled el Hamedi, cittadino 
libico,  fondatore dell’associazione Vittime della Nato. Un bombardamento 
dell’operazione Unified Protector sterminò la sua famiglia il 20 giugno 2011 a 
Sorman. Dalle macerie furono estratti i corpi maciullati della moglie Safae 
Ahmed Azawi, incinta, dei suoi due figli piccoli Khaled e Alkhweldi, della 
nipote Salam, della zia Najia, del cugino Mohamed; uccisi anche i bambini dei 
suoi vicini di casa e due lavoratori. Abbiamo rivolto alcune domande al legale 
di Khaled, Jan Fermon, che sta preparando una conferenza stampa a Bruxelles, il 
29 gennaio <http://w41k.com/137162>.

Avvocato Fermon, il 23 novembre 2017 la Corte d’appello di Bruxelles (Belgio, 
sede del Patto atlantico) ha risposto negativamente al ricorso del suo 
assistito Khaled el Hamidi; l’immunità della Nato è stata confermata…

E’ stata persa l’occasione di un passo avanti storico nell’applicazione della 
legislazione internazionale sui diritti umani e del diritto internazionale 
umanitario. Una grande ingiustizia verso tante vittime. Khaled el Hamidi (che 
ora vive in esilio, ndr) è intenzionato ad andare avanti finché l’impunità non 
avrà fine. Il fatto che la sede della Nato sia qui, ha aperto la strada alla 
possibilità di un processo civile.

Come mai la Nato gode dell’immunità, e dunque dell’impunità?

La Nato è un organismo interstatale e multilaterale; con il trattato di Ottawa 
<https://www.nato.int/cps/en/natohq/official_texts_17248.htm> del 1951, i paesi 
fondatori decisero per l’immunità dalla giurisdizione cioè l’impossibilità di 
processare (cosa diversa dall’immunità di esecuzione cioè l’impossibilità di 
applicare la punizione). E’ grave, trattandosi di un’organizzazione che può 
dunque impunemente decidere della vita e della morte delle persone in giro per 
il mondo. Non è certo un incentivo, per la Nato e per altri, a rispettare il 
diritto internazionale…Può sfociare nell’impunità per crimini di guerra.

Paradossale. Non ci sono limiti a questa immunità?

Sì, ci sarebbero, e questa è la base della nostra azione legale. Infatti 
l’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti umani e altri strumenti 
internazionali prevedono che ogni cittadino abbia il diritto di accedere a un 
tribunale. E, per la Convenzione di Vienna, gli Stati devono rispettare i 
trattati che hanno firmato. Il diritto di accesso, tuttavia, non è assoluto e 
può subire limitazioni, appunto di fronte all’immunità delle organizzazioni 
internazionali, che hanno fini da perseguire. Ma c’è una giurisprudenza, anche 
da parte della Corte di cassazione belga, secondo la quale la limitazione 
nell’accesso ai giudici non è accettabile quando l’organizzazione 
internazionale che dovrebbe essere messa in stato di accusa non ha una sorta di 
tribunale interno accessibile da parte dei cittadini che hanno subito danni dal 
suo operato. La Nato è priva di questo meccanismo rispetto alle sue azioni in 
Libia.

E dunque?

Intanto: la Nato ha rifiutato di comparire in giudizio (loro sostengono di 
limitarsi a coordinare le azioni belliche degli Stati membri, lo Stato belga 
l’ha rappresentata (dopotutto se si tratta di risarcire danni, spetterà poi 
agli Stati membri). Un primo scoglio era che Khaled non potesse invocare 
l’articolo 6 e dunque il diritto di accesso a un giudice perché non è cittadino 
europeo e il danno era avvenuto fuori dall’Europa. Ma in due sentenze, la Corte 
europea dei diritti umani aveva stabilito che si potesse invocare l’articolo 6 
perché il paese dove la causa era cominciata lo permetteva. Nel nostro caso, 
però, la Corte d’appello ha deciso così: «Avete il diritto di accedere alla 
Corte, ma la limitazione al vostro diritto, dovuta all’immunità della Nato, 
rimane accettabile, proporzionata, visti gli obiettivi che l’organizzazione 
internazionale deve realizzare.» La Corte d’appello si è riferita a una Corte 
olandese che aveva sancito l’immunità per i caschi blu olandesi dell’Onu, nella 
vicenda di Srebrenica.

Ma l’Onu e la Nato, lei dice, non possono essere messe sullo stesso piano.

La prima è un’organizzazione che almeno in linea di principio non è di parte e 
riconosce la sovranità e l’eguaglianza di tutte le nazioni; ha per obiettivo 
l’applicazione del proprio Statuto, che è la base del diritto pubblico 
internazionale contemporaneo. Inoltre l’Onu dovrebbe avere il monopolio 
dell’uso della forza, oltretutto solo con il fine di ristabilire la pace. La 
Nato è praticamente illegale rispetto alla Carta dell’Onu che parla di 
organizzazioni regionali ma non di patti militari; è un club militare di un 
gruppo limitato di paesi e ha come obiettivo l’uso della forza.

Non potevate impugnare l’illegalità della guerra della Nato, che andò ben oltre 
il mandato della risoluzione del Consiglio di sicurezza 1973, operando un 
regime change e violando addirittura il mandato relativo alla protezione dei 
civili?

Dal punto di vista politico, è verissimo. La 1973 fu strumentalizzata. Però, 
questo genere di argomento renderebbe ancora più difficile le cose per un 
giudice belga. Ho preferito non usare l’argomento della legalità dei quella 
guerra perché nel caso della famiglia el Hamedi non ce n’era bisogno: prendere 
di mira un’abitazione civile è un crimine di guerra. La Commissione d’inchiesta 
dell’Onu sulla Libia al tempo si disse insoddisfatta delle spiegazioni della 
Nato circa l’episodio…a volte hanno tirato in ballo un errore da parte degli 
informatori sul campo, altre volte hanno affermato che la casa era una centrale 
di comando, tutto evidentemente falso.

Quali le vostre prossime mosse? Provare in altri paesi?

Dobbiamo valutare se continuare in Belgio; la Corte di cassazione non può 
cambiare la decisione nel merito. Altri paesi? Si potrebbe solo conoscendo la 
nazionalità dell’aereo che ha colpito quel giorno. Il paese è corresponsabile 
delle azioni. Ma è impossibile saperlo, vista l’omertà in casa Nato.  Pensiamo 
anche alla Corte europea per i diritti umani.

E il Tribunale penale internazionale (Tpi) visto che si tratta di un crimine di 
guerra?

Quanto al Tpi, la risoluzione 1970 sulla Libia in effetti lo tirava in ballo 
…dal punto di vista letterale gli venivano affidati tutti i crimini compiuti in 
Libia; ma è molto chiaro che ci si riferiva solo a Gheddafi e alla sua 
ristretta cerchia. Inoltre per le vittime, far ricorso a quel tribunale, 
significa avere pochissimi diritti; il procuratore spesso non avvia nemmeno 
l’inchiesta; lo sanno tutti. Ci sono pressioni fortissime.

Ha assistito altre vittime delle guerre occidentali?

Ci ho provato nel 2003 durante l’occupazione dell’Iraq. Il Belgio aveva la 
giurisdizione universale (cioè estesa ad atti compiuti fuori dei propri 
confini) rispetto ai crimini di guerra. Difendevo un gruppo di cittadini 
iracheni contro il generale Tommy Franks e altri militari. Beh, furono 
impressionanti le minacce. Il Segretario Usa alla difesa Donald Rumsfeld chiese 
al Belgio di non accettare la mia denuncia; il paese fu minacciato di 
boicottaggio, di ritiro degli uffici della Nato (100mila posti di lavoro); e 
siccome il ministro degli esteri si era rivelato un po’ indipendente, fu 
imposto di estrometterlo dal governo successivo. Del resto, come non ricordare 
il cosiddetto «Hague Invasion Act» del 2002? Una legge che autorizza l’uso 
della forza per liberare i cittadini statunitensi o di un paese alleato che 
fossero detenuti dal Tribunale penale, con sede all’Aia. Ecco, dopo il 2003 è 
stata minacciata una sorta di «Brussels Invasion Act».

Khaled el Hamedi, che ora vive rifugiato all’estero, ha creato l’associazione 
Vittime della guerra della Nato in Libia <http://www.anvwl.com/>. Quali gli 
obiettivi?

Vuole aprire una possibilità per gli altri; unire le forze. Intanto per 
stabilire la verità. Sarà anche utili aiutarli a raccogliere elementi di prova 
sull’operato della Nato. E la pressione giudiziaria, è anche quella che viene 
dalle vittime…

Ma l’impunità delle potenze egemoni, è proprio invincibile?

La lotta contro l’impunità, anche in un mondo multipolare, è prima di tutto una 
lotta di popolo. E’ più politica che giuridica, anche se poi va tradotta in 
principi giuridici che superino, appunto, l’impunità. E’ un po’ lo stesso nella 
giustizia nazionale, che non è neutra rispetto al censo, come sappiamo. 
Comunque sono i popoli a doversi battere per imporre una giustizia imparziale e 
seria.


Marinella Correggia


Le foto sono tratte da questo sito <http://w41k.com/137162>: http://1nfo.net 
<http://1nfo.net/>

Sul massacro di Sorman, ecco il documentario di Michel Collon:

Libye: Sarkozy combien as-tu tué d'enfants cette nuit (2011)
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=Jaws3ziCc7Y 
<https://www.youtube.com/watch?v=Jaws3ziCc7Y>


e con sottotitoli in inglese 
<https://www.investigaction.net/fr/VIDEO-Sarkozy-combien-d-enfants-as/>: 
https://www.youtube.com/watch?v=hsAD4gyLznQ 
<https://www.youtube.com/watch?v=hsAD4gyLznQ>
Qui un video di RT <https://youtu.be/ikswWldR9PE> su familiari di vittime dei 
bombardamenti in Siria che reclamano giustizia

Seeking Justice: Victim appeals to EU court claiming NATO killed his entire 
family (RT 12 ott 2017)
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=ikswWldR9PE 
<https://www.youtube.com/watch?v=ikswWldR9PE>


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