(english / italiano)

Skoplje-Caracas-Washington, la NATO dispone

1) Washington, la ragione della forza (di Manlio Dinucci, 05.02.2019)
2) Macedonia signs key NATO membership text as ratification process begins (RT, 
6 Feb, 2019)
3) Il mosaico etnico macedone verso la Nato (S. Cantone / EuroNews, 08/02/2019)
4) Macedonia: il cambio del nome apre le porte della NATO (M. Siragusa, 
11.2.2019)


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https://ilmanifesto.it/washington-la-ragione-della-forza/

Washington, la ragione della forza

L’escalation Usa, dall’incoronazione di Guaidò alla sospensione del Trattato Inf

di Manlio Dinucci, su Il Manifesto del 05.02.2019

Due settimane fa Washington ha incoronato presidente del Venezuela Juan Guaidò, 
pur non avendo questi neppure partecipato alle elezioni presidenziali, e ha 
dichiarato illegittimo il presidente Maduro, regolarmente eletto, 
preannunciando la sua deportazione a Guantanamo. La scorsa settimana ha 
annunciato la sospensione Usa del Trattato Inf, attribuendone la responsabilità 
alla Russia, e ha in tal modo aperto una ancora più pericolosa fase della corsa 
agli armamenti nucleari. Questa settimana Washington compie un altro passo: 
domani 6 febbraio, la Nato sotto comando Usa si allarga ulteriormente, con la 
firma del protocollo di adesione della Macedonia del Nord quale 30° membro.

Non sappiamo quale altro passo farà Washington la settimana prossima, ma 
sappiamo qual è la direzione: una sempre più rapida successione di atti di 
forza con cui gli Usa e le altre potenze dell’Occidente cercano di mantenere il 
predominio unipolare in un mondo che sta divenendo multipolare. Tale strategia 
– espressione non di forza ma di debolezza, tuttavia non meno pericolosa – 
calpesta le più elementari norme di diritto internazionale. Caso emblematico è 
il varo di nuove sanzioni Usa contro il Venezuela, con il «congelamento» di 
beni per 7 miliardi di dollari appartenenti alla compagnia petrolifera di 
Stato, allo scopo dichiarato di impedire al Venezuela, il paese con le maggiori 
riserve petrolifere del mondo, di esportare petrolio.

Il Venezuela, oltre a essere uno dei sette paesi del mondo con riserve di 
coltan, è ricco anche di oro, con riserve stimate in oltre 15 mila tonnellate, 
usato dallo Stato per procurarsi valuta pregiata e acquistare farmaci, prodotti 
alimentari e altri generi di prima necessità. Per questo il Dipartimento del 
Tesoro Usa, di concerto con i ministri delle Finanze e i governatori delle 
Banche Centrali di Unione europea e Giappone, ha condotto una operazione 
segreta di «esproprio internazionale» (documentata da Il Sole 24 Ore). Ha 
sequestrato 31 tonnellate di lingotti d’oro appartenenti allo Stato 
venezuelano: 14 tonnellate depositate presso la Banca d’Inghilterra, più altre 
17 tonnellate trasferite a questa banca dalla tedesca Deutsche Bank che li 
aveva avuti in pegno a garanzia di un prestito, totalmente rimborsato dal 
Venezuela in valuta pregiata. Una vera e propria rapina, sullo stile di quella 
che nel 2011 ha portato al «congelamento» di 150 miliardi di dollari di fondi 
sovrani libici (ormai in gran parte spariti), con la differenza che quella 
contro l’oro venezuelano è stata condotta segretamente. Lo scopo è lo stesso: 
strangolare economicamente lo Stato-bersaglio per accelerarne il collasso, 
fomentando l’opposizione interna, e, se ciò non basta, attaccarlo militarmente 
dall’esterno.

Con lo stesso dispregio delle più elementari norme di condotta nei rapporti 
internazionali, gli Stati uniti e i loro alleati accusano la Russia di violare 
il Trattato Inf, senza portare alcuna prova, mentre ignorano le foto 
satellitari diffuse da Mosca le quali provano che gli Stati uniti avevano 
cominciato a preparare la produzione di missili nucleari proibiti dal Trattato, 
in un impianto della Raytheon, due anni prima che accusassero la Russia di 
violare il Trattato. Riguardo infine all’ulteriore allargamento della Nato, che 
sarà sancito domani, va ricordato che nel 1990, alla vigilia dello scioglimento 
del Patto di Varsavia, il Segretario di stato Usa James Baker assicurava il 
Presidente dell’Urss Mikhail Gorbaciov che «la Nato non si estenderà di un solo 
pollice ad Est». In vent’anni, dopo aver demolito con la guerra la Federazione 
Jugoslava, la Nato si è estesa da 16 a 30 paesi, espandendosi sempre più ad Est 
verso la Russia.


=== 2 ===

https://www.rt.com/newsline/450820-macedonia-nato-membership-ratification/

Macedonia signs key NATO membership text as ratification process begins

RT, 6 Feb, 2019 – NATO Secretary-General Jens Stoltenberg and Macedonian 
Foreign Minister Nikola Dimitrov signed accession papers in Brussels on 
Wednesday. The move is seen as a big step for the small Balkan country toward 
becoming the 30th member of NATO and it also marks the end of a long dispute 
with Greece over Macedonia’s name. The country is expected to join the alliance 
under the name of North Macedonia, possibly later this year or in early 2020, 
AP said. US President Donald Trump and his NATO counterparts are due to hold a 
summit in London in December. The meeting, to mark NATO’s 70th anniversary, 
could formally welcome North Macedonia should the ratification process be 
completed.


=== 3 ===

Versione AUDIOVIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=UXJXhuPWrr4

https://it.euronews.com/2019/02/08/il-mosaico-etnico-macedone-verso-la-nato

Il mosaico etnico macedone verso la Nato

Sergio Cantone, 08/02/2019

La complessità multietnica della Macedonia del Nord alla prova dei primi passi 
verso la Nato. Il paese balcanico dovrà infatti ratificare il protocollo di 
adesione all'Alleanza atlantica. Voto delicato, considerando le sensibilità 
filo russe e filo serbe esistenti del paese.
Dice la ministra della difesa, Radmila Shekerinska:
"Non c'è un'Europa stabile, senza dei Balcani stabili e orientati verso la 
prosperità. Crediamo che diventare membri della Nato, mostrerà che i paesi 
balcanici fanno progressi. E che la regione dell'Europa sudorientale si sta 
pacificando e sta diventando più prospera".
L'esercito Macedone deve svolgere un delicato ruolo di integrazione delle 
componenti, nella storia a tratti antagoniste, di un paese dalla struttura 
multietnica variegata... Questa repubblica della ex Jugoslavia sfuggì per poco 
ai sanguinosi conflitti Balcanici degli anni '90, e questo, nonostante la sua 
complessità. È anche il risultato della cooperazione delle sue forze armate con 
la Nato, non appena divenne indipendente, ormai più che ventennale.
"La Macedonia è stata una partner della Nato per molti anni. E anche senza 
averne fatto parte abbiamo contribuito con oltre 4000 effettivi a diverse 
missioni guidate dalla Nato, queste unità rappresentano la metà del totale del 
nostro esercito. Anche i piccoli paesi possono dare il loro contributo" 
aggiunge la ministra.
Soldati macedoni hanno ad esempio partecipato alla missione Nato in 
Afghanistan, spiega il maggiore dell'esercito macedone Vlatko Shteriovski, che 
precisa:
"I membri dell'esercito della Macedonia del Nord, sono professionisti integri e 
responsabili, hanno dimostrato standard simili a quelli degli eserciti Nato e 
di altre forze armate".
Ora si attendono le ratifiche di tutti gli altri membri della Nato.


=== 4 ===

http://www.eastjournal.net/archives/95803

MACEDONIA: IL CAMBIO DEL NOME APRE LE PORTE DELLA NATO

di Marco Siragusa, 10.2.2019

Ventotto anni dopo la dichiarazione di indipendenza della Macedonia dalla 
Jugoslavia, sembra finalmente giunta a conclusione la questione relativa al 
nome del paese. Il nome provvisorio di Former Yugoslav Republic of Macedonia 
(FYROM), adottato nel 1993 a causa dell’opposizione della Grecia all’utilizzo 
del nome Macedonia, considerato esclusivo della propria regione settentrionale, 
cesserà a breve di esistere. I due paesi hanno difatti raggiunto un compromesso 
che mette d’accordo (quasi) tutti: il nome ufficiale sarà Repubblica di 
Macedonia del Nord. Il raggiungimento dell’intesa ha aperto per Skopje le porte 
della NATO con la firma, mercoledì 6 febbraio, del protocollo di adesione.

I recenti sviluppi

Il 17 giugno 2018 il governo macedone e quello greco firmarono un accordo 
storico che apriva le porte alla risoluzione della lunga controversia legata al 
nome dell’ex repubblica jugoslava. L’intesa 
<https://www.eastjournal.net/archives/90827>, conosciuta come Accordo di Prespa 
dal nome della località dove è stata firmata, prevedeva l’utilizzo del nome 
Repubblica di Macedonia del Nord. Nonostante il mancato raggiungimento del 
quorum nel referendum <http://www.eastjournal.net/archives/92234> svoltosi a 
settembre in Macedonia, lo scorso 11 gennaio il governo socialdemocratico di 
Zoran Zaev ha ottenuto il voto favorevole 
<http://www.eastjournal.net/archives/95149> del parlamento per la riforma della 
Costituzione necessaria a recepire il cambio di nome.

Il 25 gennaio il parlamento greco ha a sua volta approvato 
<http://www.eastjournal.net/archives/95482> quanto previsto dall’Accordo di 
Prespa con il sostegno di 153 deputati su 300. I voti necessari alla ratifica 
sono arrivati dal partito di governo SYRIZA guidato dal premier Alexis Tsipras 
e da alcuni membri dell’opposizione appartenenti, o appena espulsi, al partito 
nazionalista ANEL e a quello centrista To Potami. In occasione del lungo 
dibattito parlamentare, durato ben tre giorni, non sono mancate le proteste, 
come quella che domenica 20 gennaio ha visto migliaia di manifestanti radunarsi 
a Piazza Syntagma, dove si sono verificati duri scontri 
<https://www.bbc.com/news/av/world-europe-46941217/macedonia-and-greece-clashes-flare-over-name-change?fbclid=IwAR3NicEl1wqnUVOMPvXKLeBSuKbQJHNK5COyvFKU5uj_--2EvjBeJu_6So4>
 con la polizia, seguita quattro giorni dopo da numerose manifestazioni 
<http://www.ekathimerini.com/236976/article/ekathimerini/news/thousands-protest-as-greek-lawmakers-debate-prespes-deal>
 in tutto il paese e al valico di Evzones al confine con la Macedonia, il cui 
passaggio è stato bloccato per diverse ore. Nonostante le proteste, con questo 
voto la Grecia si è impegnata a ritirare il veto che impediva alla Macedonia di 
dare avvio al processo di adesione all’Unione europea e alla NATO.

L’adesione alla NATO e all’UE

Superato lo scoglio relativo alla ratifica dell’Accordo di Prespa, la Macedonia 
del Nord può dare il via definitivo ai processi di adesione all’UE e alla NATO. 
Per l’accoglimento di nuovi membri nell’Alleanza atlantica è previsto l’accordo 
unanime di tutti gli Stati membri. Il primo passo è stato compiuto il 6 
febbraio a Bruxelles dal Segretario generale Jens Stoltenberg e dal ministro 
degli Esteri Nikola Dimitrov con la firma 
<https://www.nato.int/cps/en/natohq/news_163078.htm> del protocollo di adesione 
della Macedonia del Nord. Per il definitivo riconoscimento del paese come 
trentesimo membro della NATO è necessaria la ratifica del protocollo da parte 
di tutti gli altri paesi. A conferma dell’impegno preso, la prima ad approvarlo 
è stata la Grecia che venerdì 8 febbraio ha dato il proprio via libera 
<http://www.ekathimerini.com/237529/article/ekathimerini/news/greece-approves-protocol-for-north-macedonia-to-join-nato-with-153-votes>
 con 153 voti favorevoli. In attesa che anche gli altri membri compiano questo 
passo, Skopje può partecipare ai lavori dell’Alleanza come paese invitato. Per 
Stoltenberg la firma ha segnato 
<https://twitter.com/jensstoltenberg/status/1093093101793619968/photo/1?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1093093101793619968&ref_url=https%3A%2F%2Fwww.ilpost.it%2F2019%2F02%2F06%2Fmacedonia-nato-ingresso%2F>
 “una giornata storica che porterà stabilità e prosperità all’intera regione”.

Più lungo e complicato il percorso che dovrebbe portare all’adesione all’UE. Al 
prossimo summit dei ministri che si svolgerà a giugno dovrebbero essere avviate 
le trattative 
<https://www.rferl.org/a/eu-presidency-to-back-macedonia-accession-talks-bloc-s-enlargement/29736270.html>
 sui capitoli negoziali, i cosiddetti criteri di Copenaghen, necessari ad 
armonizzare la legislazione nazionale a quella europea. Questa rappresenta la 
fase più lunga e complicata di tutto il processo. La Croazia, ad esempio, ha 
impiegato ben otto anni prima di aderire ufficialmente mentre la Serbia, dopo 
cinque anni, si trova ancora a metà del percorso.

I prossimi passi

Per l’esordio del nuovo nome sullo scenario interno ed internazionale, al 
governo macedone spettano adesso solo alcuni adempimenti formali. Il primo e 
più importante è legato all’attuazione degli emendamenti costituzionali per 
rendere ufficiale il cambio di nome. Dopo il definitivo inserimento in 
Costituzione, il governo è tenuto a modificare le targhe delle auto 
governative, i nomi delle proprie istituzioni e ad utilizzare il nuovo nome in 
tutti i documenti ufficiali del paese, compresi quelli prodotti fino ad oggi. A 
livello internazionale, la nuova denominazione non richiede particolari 
procedure, spettando ai singoli Stati l’utilizzo o meno del nuovo nome. Dato il 
generale sostegno alla risoluzione della questione, appare scontato l’utilizzo 
del nuovo nome da parte della comunità internazionale.

Risolto definitivamente il problema del nome, per la Macedonia del Nord il 
successo del processo di adesione dipenderà ora dalla capacità di portare 
avanti le riforme in grado di adeguare il proprio sistema a quello europeo ma 
anche, e forse soprattutto, dallo stato di salute e dalle future evoluzioni 
dell’Unione stessa.



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