Vladimir Medinskij
MITI E CONTROMITI. L’URSS NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
Traduzione di Alessandro Bongarzoni, postfazione di Paolo De Nardis
Sandro Teti Editore, 2020
https://www.sandrotetieditore.it/project/vladimir-medinskijla-storia-riscrittain-preparazione/


http://russiaintranslation.com/2020/11/09/recensione-di-miti-e-contromiti-lurss-nella-seconda-guerra-mondiale/
 
<http://russiaintranslation.com/2020/11/09/recensione-di-miti-e-contromiti-lurss-nella-seconda-guerra-mondiale/>

Recensione de "Miti e contromiti" di Vladimir Medinskij

Sandro Teti pubblica in questi giorni Miti e contromiti. L’Urss nella Seconda 
guerra mondiale, di Vladimir Medinskij, ministro della cultura del governo 
russo fino allo scorso Gennaio e consigliere di Vladimir Putin. Un libro 
destinato a far discutere, nell’eterna ricerca delle colpe storiche della 
Seconda guerra mondiale 
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Durante la seconda guerra mondiale, il ruolo dell’Unione Sovietica nella lotta 
contro la Germania nazista era ampiamente apprezzato in Europa e negli Stati 
Uniti. Roosevelt, Churchill, De Gasperi e De Gaulle elogiarono lo sforzo 
bellico dell’Urss e le capacità dei suoi dirigenti.. Riviste patinate come 
“Time” e “Life” dedicarono le copertine a Stalin e ai generali dell’Armata 
rossa. Con la guerra fredda, però, Mosca divenne un avversario e molti 
tentarono di ridimensionare il suo contributo alla sconfitta del Terzo Reich. 

Alcuni ipotizzarono che l’Urss avesse favorito l’ascesa di Hitler, altri 
sottolinearono che non avrebbe resistito all’avanzata tedesca senza il sostegno 
materiale di Washington. Esaltare lo sbarco in Normandia divenne un’alternativa 
politicamente corretta alla battaglia di Stalingrado. In questo contesto furono 
condotte varie iniziative finalizzate a cambiare l’immagine del paese dei 
Soviet, dalla denuncia della brutalità dell’Armata rossa, fino alle “mostre 
d’oltrecortina”, volte a presentare l’Urss all’opinione pubblica (e 
all’elettorato) occidentale con abbondante uso di toni foschi.


Come ricorda Medinskij, questo armamentario attingeva direttamente alla 
propaganda nazista. A Joseph Goebbels si deve l’invenzione della prima mostra 
d’oltrecortina (“Das Sowjet-Paradies”) e la denuncia della brutalità dei 
soldati sovietici (“la feccia della steppa”, “le orde asiatiche in marcia verso 
l’Europa”). Lo stesso ministro della propaganda, però, non credeva alle sue 
parole. Esse servivano più concretamente a motivare le truppe della Wehrmacht, 
a disincentivare la collaborazione dei civili tedeschi con l’Armata rossa. 

Tuttavia, quelle voci ebbero il loro impatto, come molte altre creazioni di 
Goebbels: a lui si deve anche la formula “cortina di ferro”. Durante la guerra, 
Churchill riceveva rapporti periodici sulle dichiarazioni dei gerarchi nazisti 
ed è facile concludere che si ispirò proprio al ministro del Reich quando, nel 
1946, ripeté questa espressione, rendendola celebre. 

Dopo il crollo dell’Urss, l’opera volta a sminuire il ruolo sovietico durante 
la seconda guerra mondiale si è esteso anche ai Paesi del defunto campo 
socialista. In molte repubbliche ex sovietiche si delegittimano i veterani 
dell’Armata rossa, riducendo la lunga storia comune a mera occupazione russa. 
Perfino molti russi dubitano che il loro Paese vada incluso nella lista dei 
vincitori. Le conseguenze politiche di tali tendenze interpretative sono 
evidenti: mentre si ridimensiona l’orgoglio russo, è sorto un fossato tra la 
Russia e i popoli vicini. 

È una narrativa ampiamente gradita in Usa e in Europa, come dimostra la recente 
risoluzione del Parlamento dell’Unione Europea, tesa a retrodatare l’inizio 
della guerra all’accordo Molotov-Ribbentrop, in modo da imputarne la 
corresponsabilità a Mosca. È per contrastare questa vulgata che Medinskij, 
consigliere di Putin per la memoria storica, ha scritto Miti e contromiti. 
L’Urss nella Seconda guerra mondiale, che compare ora in italiano per i tipi 
dell’editore Sandro Teti, accompagnato da un interessante scritto di Paolo De 
Nardis sulla particolarità dell’innesto del marxismo nella cultura politica 
russa. 

La riscoperta della storia è una delle priorità della Russia di oggi, decisa a 
risollevare l’orgoglio nazionale smarrito nelle autocommiserazioni della 
perestrojka e nelle incertezze degli anni ‘90. Mosca ha elevato l’anniversario 
della resa della Germania nazista a principale ricorrenza del calendario. 
Eppure a quella guerra parteciparono attivamente gli altri popoli dell’Urss. Se 
nelle teorie razziali naziste i russi venivano degradati a subumani, l’insieme 
dei cittadini sovietici veniva considerato “una commistione di razze e popoli, 
i cui nomi sono impronunciabili e la cui essenza fisica è tale che l’unica cosa 
che ci si può fare è sparargli senza nessuna pietà e misericordia”, per usare 
le parole di Himmler. 

La propaganda tedesca stimolò le fratture nazionali, per favorire il 
collaborazionismo, ma come dimostra il Generalplan Ost, in caso di vittoria 
Berlino non avrebbe riservato agli altri popoli una sorte migliore di quella 
destinata ai Russi. Pagine che meriterebbero di essere ricordate da chi, dai 
paesi baltici all’Ucraina, tende a considerare eroi nazionali coloro che 
collaborarono con il Reich.

Recensione a cura di Giordano Merlicco


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