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UN CONVEGNO ORGANIZZATO DA QUINTO STATO

Il titolo Scenari del dopo crisi per un dibattito sulla Net Economy può suonare strano, visto che la recessione che da tre anni investe il mercato mondiale delle nuove tecnologie (software e hardware, infrastrutture di rete, e.commerce, news, streaming audio-video, e.book, ecc.) non accenna minimamente ad allentare la morsa. Ancor più in un paese come il nostro, il quale, benché entrato in ritardo nella spirale della crisi, sembra destinato ad esaltarne gli aspetti peggiori (licenziamenti selvaggi, concentrazione monopolistica, rinuncia agli esperimenti in tema di organizzazione produttiva e cooperazione sociale) a causa dei suoi cronici ritardi culturali, tecnologici e scientifici. E ancor più ove si tenga conto dell’incubo di una nuova guerra del Golfo, che da qui al 15 marzo potrebbe essere già scoppiata, provocando ulteriori contraccolpi economici, assieme a stragi insensate e catastrofi ecologiche. Tuttavia è proprio nel mezzo della crisi che ha senso interrogarne i meccanismi e studiare le vie per uscirne. Soprattutto perché gli ultimi decenni hanno reso trasparenti le forze sociali, culturali e politiche che governano le oscillazioni e gli effetti di potere del ciclo economico, aiutandoci a capire quanto poco esso sia il prodotto di “leggi naturali”.

Non a caso gli economisti conservatori parlano con sollievo di "economia tornata con i piedi sulla terra”, e ironizzano sulla “rivoluzione culturale” che aveva ipotizzato la fine dell’economia in quanto gioco a somma zero e come scienza della gestione razionale di risorse scarse. Ciò che si vuole liquidare è l’utopia di un modo di produrre in cui cooperazione sociale e condivisione delle conoscenze si rivelino più efficienti della competizione intesa come “selezione del più adatto”. I vecchi poteri vogliono schiacciare un movimento che li ha sfidati sul terreno sociale e culturale più che su quello economico: la Net Economy è “rivoluzionaria” solo nella misura in cui incarna un aspetto del processo che Manuel Castells e altri definiscono come l’avvento di una Network Society.

Sono stati i bisogni, i desideri, i sogni e la volontà di migliorare la qualità della propria vita di milioni di donne e uomini che, una volta “messi in rete”, hanno guidato i mutamenti tecnologici e sociali degli ultimi decenni del XX secolo. Sono stati scelte e comportamenti soggettivi a rimettere in discussione modelli organizzativi e gerarchie aziendali, mentre le nuove tecnologie venivano usate per socializzare, comunicare, scambiare e condividere idee e conoscenze invece che per generare profitti, e mentre milioni di donne e uomini cercavano di trasformare le proprie attività “improduttive” in fonte di reddito. Posto di fronte a queste poderose forze di trasformazione il capitale monopolistico ha trovato un solo sistema per estrarne profitti: si è lanciato in una colossale operazione speculativa che, dopo avere proiettato i titoli tecnologici verso valori stratosferici, li ha trascinati al collasso.

A tre anni dall’inizio d’una crisi generata – come dimostrano le vicende Enron e WorldCom – dall’avidità di centinaia di top manager in combutta con le grandi banche di investimento, più che da presunti meccanismi “oggettivi” di mercato, le corporation lanciano la fase finale del contrattacco. Tagli selvaggi della forza lavoro; liquidazione e/o appropriazione dell’intelligenza collettiva prodotta dalla prima fase di sviluppo della Net Economy, attraverso processi di concentrazione che falcidiano le startup che erano state la punta di diamante dell’innovazione tecnologica e culturale (e che avevano costretto i monopoli ad abbassare i prezzi e ad accelerare a loro volta lo sforzo innovativo); ridimensionamento dei rapporti di forza che gli utenti-consumatori erano riusciti a conquistare sfruttando le tecnologie di rete.

Gli strumenti politici e legali di questa controffensiva sono l’inasprimento ai limiti dell’assurdo delle norme che tutelano i diritti di proprietà intellettuale – con la criminalizzazione di comportamenti di massa come lo scambio gratuito di file musicali e il tentativo di sabotare i modelli di business fondati su nuove forme di cooperazione sociale, come quelli del software free e open source – e un drastico ridimensionamento dei diritti civili (in particolare diritto di espressione e diritto alla privacy). Punta di diamante di questo attacco è la politica dell’amministrazione Bush, che sfrutta gli attentati dell’11 settembre per creare un clima di mobilitazione bellica permanente e stroncare ogni opposizione democratica attraverso leggi liberticide come il Patriot Act.

In Italia, come è già più volte capitato nel corso della storia, questa drammatica situazione internazionale assume connotati farseschi. Così una Net Economy nata in ritardo e all’insegna dei peggiori difetti della Net Economy americana (speculazione finanziaria, modelli di business inconsistenti, management avido quanto privo di reale capacità innovativa), batte oggi disordinatamente in ritirata, tentando di scaricare il costo della crisi sulle uniche componenti dotate delle energie e delle competenze necessarie a progettare il rilancio: networkers, professionisti, ricercatori, management delle startup innovative, comunità virtuali, reti sociali di cooperazione, ecc. Gli interessi economici immediati di questi soggetti non sono necessariamente convergenti (spesso possono essere anzi in conflitto), ma essi appaiono sempre più consapevoli di appartenere a un blocco sociale fondato su una cultura comune, vale a dire dal sogno di realizzare una network society in grado di garantire la libera circolazione di idee e conoscenze, e una network economy in grado di sfruttare come carburante la cooperazione e il valore aggiunto delle reti comunitarie piuttosto che la competizione individuale.

Da questa consapevolezza nascono progetti come quelli di Quinto Stato, Bread & Roses, Tute arancione, Rekombinant, Lo Sciame e altri. Il seminario del 15 marzo, di cui pubblichiamo qui di seguito il programma, vuole essere un primo momento di confronto teorico-pratico fra queste realtà, con l’obiettivo di rinsaldare la nostra identità comune, approfondire la natura delle sfide che ci troviamo davanti e discutere gli strumenti per farvi fronte. Nel corso dei lavori verranno utilizzati, fra gli altri materiali di discussione, i risultati della ricerca sulla Net Economy lombarda realizzata dal consorzio Aaster.
Milano, Sabato 15 marzo, Casa della Cultura, Via Borgogna 3
NET ECONOMY: GLI SCENARI DEL DOPO CRISI
Incontro seminariale promosso e organizzato dal Quinto Stato, in associazione con Tute arancioni e Bread & Roses, il Consorzio AASTER e la Casa della Cultura
9. 30
Relazioni introduttive:
Carlo Formenti (Quinto Stato), La rivoluzione è appena iniziata…
Aldo Bonomi (AASTER), …oppure siamo già al Termidoro?
10. 30
Tavola Rotonda su Conflitti e forme di rappresentanza
Partecipano: Gabriele Battaglia (Tute Arancione), Franco Bifo Berardi (Rekombinant), Enrico Brambilla (Sindaco di Vimercate), Filippo Di Nardo (Bread & Roses), Hanay Raja (Shesquat) Riccardo Sarfatti (Imprenditori Liberal); interviene l’associazione Lo Sciame in teleconferenza da Roma; coordina Carlo Formenti
11.30 Dibattito
11.45 Break
12.00
Tavola Rotonda su Comunità e forme del lavoro
Partecipano: Anna Carola Freschi (Università di Firenze), Giovanni Lanzone (Domus Academy), Pierluigi Macola (Webb.it), Stefano Maffulli (Free Software Foundation), Pier Pierucci (eventologo, direttore Aquafan), Andrea Ranieri (responsabile DS per la scienza e la tecnologia), Marco Tosi (Icon Media Lab); coordina Aldo Bonomi
13.00 Dibattito
14. 30
Relazione introduttiva
Antonio Calabrò, La Milano delle comunicazioni
15.00
Tavola Rotonda su Modelli di business e prospettive
Partecipano: Piero Celli (ex direttore Rai), Fausto Lupetti (Editore), Massimiliano Magrini (Google Italia), Carlo Paris (Unicredito), Sergio Scalpelli (Fastweb); Fabio Terragni (Associazione Sviluppo Milano Nord) ; coordina Stefano Porro (Quinto Stato) .


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