L'altro giorno sono andato dal barbiere per la tonsura annuale. Un'immersione occasionale e piacevole in uno strano mondo, ritagliato tra gli avanzi di un quartiere popolare romano che ha subito trasformazioni profonde, fino a divenire quasi irriconoscibile.
Cosi' il barbiere m'ha reso edotto, tra le altre cose, circa il fatto che il sor Mario, un tipo geniale che si era andato a fare la barba da lui tutti i giorni per buoni due lustri e fino alla veneranda eta' di anni 88, soleva ripetirgli amaramente: "lotte, lotterie e religioni, sono pane e nutrimento per coglioni".


La mia risposta la potete immaginare. "Concordo pienamente con il sor Mario sulle lotterie, in gran parte sulle religioni, decisamente meno sulle lotte". E qui il barbiere s'e' scaldato, agitandomi l'indice sotto il naso a indicare che no: "Nun me devi racconta' cazzate".

La teoria del barbiere (e del povero sor Mario) in merito alle lotte si puo' riassumere in poche parole: la politica e' un mestiere e ci sono gli addetti alla politica, mestieranti che lucrano sull'idealismo dei giovani etc. etc.

Mi veniva difficile reagire all'impianto generale dell'argomentazione del barbiere contro i comunisti, che fondamentalmente era questo: "Se te dici che il mondo deve cambiare, non e' che poi per magia quello cambia. Allora anche il tuo bisogno di immaginare un altro mondo, che non vedrai mai, viene messo al lavoro, allo stesso modo in cui viene tesaurizzata la paura della morte della vecchietta che lascia tutti i suoi averi alla parrocchia". Sic et sempliciter.

"Altro che mitopoiesi" ho bofonchiato un po' frastornato. "De che?" ha esclamato lui di rimando.
Fortuna che uscendo mi sono attardato davanti a un capolavoro hip hop. Il graffitaro doveva essere una buona firma, un tag prestigioso. Peraltro era stato realizzato in un luogo davvero improbabile, difficile da raggiungere. Un'opera destinata a stare in piedi solo qualche giorno, per essere poi cancellata dai solerti imbianchini del comune.
Mi sono chiesto allora dove fosse dislocata l'intensita' di quel gesto. Da dove venisse. Quale fosse insomma l'energia che aveva spinto il ragazzo a restare appeso per ore con le sue bombolette.
M'e' tornata alla mente una pagina di Buzzati che lessi alcuni anni fa.
Qualcuno potra' forse ricavarvi una citazione dotta per introdurre un saggio sul lavoro immateriale. A me interessa soprattutto come risposta ai quesiti sul barbiere, sul sor Mario e sul graffitaro. E' tratta da una raccolta di scritti che mi pare si intitoli "Interventi sull'arte" o qualcosa del genere. Non ho piu' il libro ma avevo copiato in un file questo breve testo. Che sottopongo, senza ulteriori commenti, alla vostra attenzione.


un caro saluto
Rattus

*.*
Yves Klein mi disse ridendo: "Sa l'unica cosa che c'e' di sbagliato nel suo articolo? Lei parlava della mia epoca pneumatica come fosse quella dei quadri fatti con le modelle nude. Invece non era così".
"Anche in questa faccenda delle modelle" dissi "c'era, mi sembra, qualcosa di pneumatico, dopo tutto...."
"E' vero" e fece un'altra delle sue lievi risate. "Ma pneumatico, nel mio caso, era usato in senso filosofico. Pneumatico in senso di vuoto. Pneumatico nel senso di abolizione di ogni essenza materiale."
"Come sarebbe a dire?"
"Vede? Nel '58, alla Galleria Iris Clert, in Fabourg Saint Honoré, ho tenuto una mostra. La sala della mostra era completamente vuota, non c'era neppure una cornice, neanche un chiodo:"
"E allora che cosa era esposto?".
"C'era, in quella sala, la pura immaterialità della mia sensibilità pittorica. E naturalmente fu una specie di scandalo. E alla porta dovette venire la guardia repubblicana per garantire l'ordine pubblico."
"Ma" dissi "se per caso fosse venuto un collezionista a fare acquisti, lei cosa gli rispondeva?"
"Gli rispondevo che infatti la mia sensibilità pittorica immateriale, concentrata nella sala, era in vendita. E, se ne vendevo, in corrispettivo di un valore assolutamente immateriale, io volevo ricevere qualcosa che fosse materiale al cento per cento. Niente carta moneta a assegni dunque. Sarebbe stato un compromesso. In cambio della mia sensibilità pittorica immateriale dovevo ricevere della barrette d'oro, dei minuscoli lingotti. E avevo preparato una serie di moduli stampati, come quelli degli assegni. Ce n'erano per venti grammi d'oro, per quaranta, per ottanta, per centosessanta e così via, sempre moltiplicando per due. Un mi portava una barretta d'oro e io gli davo la corrispondente ricevuta."
"Beh" io dissi facendomi coraggio "ma la gente non poteva pensare che questo fosse una specie di...mi perdoni la franchezza...una specie di turlupinatura?".
"Nemmeno per idea. Perché il trasferimento, da me al cliente, di questa sensibilità immateriale, non avveniva che a una sola condizione. Che lui, il cliente, appena in possesso della ricevuta, la bruciasse. Altrimenti l'immaterialità dove andava a finire?"
"Intanto però lei si teneva l'oro, senza fare nessuna fatica".
"Nemmeno per idea. Come il cliente bruciava la ricevuta, io tagliavo un pezzettino d'oro dal lingotto e lo consegnavo al proprietario della Galleria, il quale deve pure vivere; e il resto, alla presenza dei testimoni, lo buttavo nella Senna, o nel mare, dove nessuno l'avrebbe mai potuto ripescare."
"E se uno non bruciava la ricevuta?"
"Peggio per lui. Finora, e sono passati quattro anni, ci sono stati sette acquirenti. E uno di questi, un collezionista di Milano, invece di bruciarla, ha messo la ricevuta in cornice. E così ha defraudato s stesso. La mia sensibilità pittorica immateriale non è stata infatti trasmessa, non ha mai fatto corpo con lui.


(Tratto da "Sortilegio a Notre-Dame" in Dino Buzzati, "Interventi sull'arte").

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